Da quando Erodoto scrisse la storia del Faraone Cheope e della sua famiglia, cioè di Chephren e Micerino e delle tre tombe a forma di piramidi da loro costruite, le piramidi sono state considerate il prodotto eccentrico di potenti della terra per conservare nel tempo i loro nomi e le loro spoglie. Erodoto vide quei monumenti nel quinto secolo a.C. sotto la dominazione persiana, circa duemila anni dopo la loro presunta costruzione, e riferì notizie trasmessegli dai sacerdoti, i custodi del sapere egizio, ma di questo si discuterà successivamente.
Nel nono secolo il Califfo governatore del Cairo decise di impossessarsi dei tesori nascosti nella Grande Piramide e pertanto assunse una squadra di cavapietre con l’ordine di praticare una galleria nella facciata settentrionale della piramide, con la speranza di trovare le camere sepolcrali e tutti i tesori annessi. L’ingresso della piramide era stato occultato, ma ai tempi del geografo greco-romano Strabone, durante l’occupazione romana, la porta di pietra provvista di cardini sul lato nord era visibile, e la parte sotterranea della Grande Piramide era visitata, tanto che nella camera sotterranea furono trovati graffiti romanici, proprio come alcuni continuano a fare oggigiorno, visitano un posto e lasciano scritto il proprio nome o delle frasi idiote!

Al tempo del Califfo mussulmano non c’era più traccia dell’ingresso che era perfettamente occultato. La fortuna baciò il Califfo perché il tunnel scavato dai suoi operai confluì nel corridoio discendente che partiva dall’ingresso nascosto nella facciata settentrionale.