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 La questione del rapporto tra Fratellanza Massonica e Risorgimento unitario italiano è stata affrontata da varie e contrastanti angolazioni, e tutte tendono a sottolineare, a nostro avviso giustamente, il ruolo essenziale dei Liberi Muratori nel processo unitario e nella formazione di una coscienza nazionale nelle classi dirigenti italiane. E non solo in esse: la Fratellanza massonica ha spesso intercettato, formato, gestito organizzazioni politiche e culturali che permeavano di sé società di mutuo soccorso popolari, cooperative, partiti politici “profani”, associazioni di volontariato.

 A poco vale, peraltro, in questo contesto, la valutazione che ebbe a proporre Antonio Gramsci, di una Massoneria come “partito della borghesia”, dato che le Logge preunitarie erano formate, in grande maggioranza, da elementi prima delle Forze Armate, soprattutto dei Paesi che occupavano parti del futuro territorio nazionale italiano, come in Liguria in Piemonte e in Lombardia ([1]), e poi anche da piccoli artigiani e commercianti, categorie che non rientrano, se non in via del tutto astratta, nel criterio marxiano di “borghesia”.

 La Massoneria italiana, quindi, nella fase preunitaria e risorgimentale, è stata più di una associazione interna alle classi dirigenti, e meno di un partito organizzato, influenzando fin dall’inizio, peraltro, la costituzione e l’operato di partiti e gruppi politici spesso divergenti tra di loro.

 Ma i Liberi Muratori costruiscono il progetto unitario del Regno d’Italia in fasi complesse e contraddittorie: si pensi alla Massoneria della Stretta Osservanza, di tradizioni e simbologie templari, che annovera tra i suoi Fratelli Joseph De Maistre, il maggior teorico di quello che di lì a poco, dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, nel giugno 1815, sarà denominato il pensiero “reazionario”; e a giusto titolo si potrebbe parlare di una Libera Muratoria di “destra”, che appoggia i processi di riforma interna dei regimi legittimisti o dei monarchi assoluti, senza polemizzare sulla giustificazione del loro potere, e di una Massoneria “di sinistra” che adotta, adattandoli alla propria simbologia tradizionale, le ideologie dei “diritti dell’Uomo” e le teorie naturalistiche dell’origine dei sistemi politici. É Massone Luigi XVI come lo è un Fratello il Duca di Orléans, “Filippo Egalité”, che lo condannerà a morte, dopo una breve fase di coabitazione tra il “cittadino Capeto” che si mostra con il cappello frigio e le aree della Rivoluzione Francese che, fin dall’inizio, hanno giocato la carta della Repubblica ([2]).

 

La Fratellanza che vede all’opera De Maistre si trova in collegamento con le origini templari e quindi universalistiche di questo filone massonico, che si scontrano progressivamente con le identità nazionali delle Massonerie non templaristiche e “scozzesi”. Si tratta di un processo non scontato e, anche sul piano simbolico, scarsamente prevedibile, ed è questa, fin dalle sue origini moderne, la complessa figura, simbolica e politica insieme, della Libera Muratoria. E si pensi inoltre alla progressiva affermazione, in tutta la Penisola, della Carboneria, una società segreta certo di carattere massonico ma comunque separata dalla Libera Muratoria.

 

La Carboneria avrà un ruolo parallelo ma non del tutto sovrapponibile, nella storia del nesso tra Massoneria e Unità italiana, con quello dei Liberi Muratori. L’origine dei “fratelli” carbonari, in Italia, è ancora discussa tra gli storici. Come per la stessa Libera Muratoria, si può immaginare, sul piano culturale e simbolico, una progressiva penetrazione di elementi “accettati”, non appartenenti alle corporazioni di mestiere originarie, nelle organizzazioni di Compagnonnage, o una tournure politica determinata da trasformazioni strutturali del sistema economico europeo.

 

  Si propone, da parte di alcuni studiosi ([3]), una origine in periodo borbonico e sotto influenza britannica dei Carbonari, in Sicilia, intorno al 1799, l’anno, peraltro, della Rivoluzione “giacobina” descritta da Vincenzo Cuoco, che tanta importanza avrà sia nella valutazione della storia del Risorgimento da parte di Benedetto Croce che, con il concetto nuovo di “rivoluzione passiva”, che nella elaborazione teorica del “caso italiano” da parte di Antonio Gramsci nei suoi “Quaderni dal Carcere” ([4]).

 É probabile una fusione tra due tradizioni: quella che va dai “Beati Paoli” palermitani e dalle confraternite di autodifesa contro il Re napoletano, per quanto riguarda la Sicilia, e quella derivante dalla lunga presenza di rituali, parole di passo, simbologie che caratterizza il compagnonnage della Arti e dei Mestieri dal Tardo Medioevo fino al XIX secolo. Così come i modi di rappresentanza politica delle città-stato rinascimentali sono durati ben oltre la crisi delle economie regionali, divenendo fra l’altro uno dei rèservoir del mito risorgimentale in Italia, così, per le corporazioni di arti e mestieri, la “lunga durata”, come la chiamano gli storici delle Annales, avrebbe consentito l’adattamento di antiche mitologie a contesti politici e economici affatto diversi da quelli originari.

 

 Questione sostanzialmente diversa da quella della Massoneria, almeno dalla fondazione della Gran Loggia di Londra del 1717 e del nesso, che è essenziale in questo contesto, tra simbolismo e politica, tra cultura dell’identità massonica e azione dei Liberi Muratori nel loro Paese e nel più vasto contesto internazionale.

 Chi ricordi il testo, pieno di riferimenti esoterici, di Anatole France, La Rôtisserie de la Reine Pédauque, del 1892 ([5]), avrà già ben chiara la situazione. La naturalità con la quale il personaggio principale del romanzo di Anatole France recupera i suoi “fratelli” o “compagni” ricorda la immediatezza della natura umana “rettificata” dalla sapienza originaria, che è una acquisizione destinata a pochi iniziati, non è un patrimonio disponibile facilmente a tutti gli uomini.

 La figura di Cristo è centrale, nel sistema simbolico carbonaro, ma soprattutto, con un riferimento che ricorda la tradizione del trattato anonimo Les Trois Imposteurs ([6]), Gesù Cristo e gli altri fondatori di religioni monoteiste sono visti come fondatori, attraverso un mito religioso, di un “regno perfetto” di pace e fratellanza tra tutti gli uomini. Gesù Cristo manifesta una verità presente agli uomini fin dalla notte dei tempi, che solo “l’impostura” per le Chiese e il “dispotismo” per i sistemi politici riescono, temporaneamente, a coprire con un velo di ignoranza. La “religione naturale” dell’Umanesimo e del Deismo inglese diviene progetto politico rivoluzionario: si tratta, e questo è l’elemento specificamente massonico delle rivoluzioni nazionali tra XVIII e XIX secolo, di ritornare alla radice dell’Uomo e quindi della Comunità “naturale”, e per questo occorre distruggere i “Tiranni” e le “Imposture” delle Religioni rivelate. Il mito delle Origini diviene progetto per il futuro, a partire da una societas perfecta, quella degli Iniziati. Il ritorno alla pre-istoria del contratto tra gli uomini che innesca il diritto naturale è la prefigurazione di un futuro inevitabile. La circolarità della Storia, caratteristica di tutto il pensiero iniziatico, diviene progetto politico tra azioni palesi e sapienza nascosta. Se si pensa a quanto la nostra democrazia globalizzata ed economicista ha poco a che fare, oggi, con questi miti delle origini, si ha la percezione di quanto sia difficile, nel nostro tempo, essere i figli dell’Illuminismo deista o di una qualsiasi “scena primitiva” del Politico, anche se ci si pone fuori dall’universo ideologico e sapienziale delle Officine dove si lavora alla Piena Luce dell’Oriente. Il “contratto” della società contemporanea vale qui e ora, e ogni filogenesi viene ridotta ad ontogenesi, il soggetto è la materia, e i suoi bisogni, non lo Spirito dell’Uomo Originario, dell’ “Urone” di Voltaire che meraviglia, in uno magnifico racconto, la società parigina, o l’Emilio di Rousseau, che diviene citoyen tramite la pedagogia “naturale” impostata dal Ginevrino.

 Ma, anche in questo caso di Iniziazioni italiane, la Carboneria non è solo la variante “popolare” della Fratellanza Massonica, quanto piuttosto una rete di impegno operativo, militante, diremmo oggi, per costituire prima le singole repubbliche nella Penisola, dopo aver scacciato i “tiranni”, poi per unificare tali Repubbliche nel sistema unitario nazionale.

 É un progetto affine a quello delle logge “importate” dalla Francia napoleonica in Italia e non a caso Filippo Buonarroti, il primo vero “rivoluzionario di professione” e legato al sistema informativo e politico di Napoleone, utilizzerà le reti carbonare, più che quelle propriamente massoniche, per le sue numerose società segrete giacobine operanti in Italia[7]

 

 La filiazione simbolica della Carboneria la vedremo ancora all’opera nella cultura popolare radicale e anticlericale del XIX e del XIX secolo: Gesù è un rivoluzionario, e si ricordi la tematica diffusa del Cristo come “Primo socialista”[8] nel proletariato italiano post-unitario, Dante come un Illuminato, ed in effetti era un Templare “fedele d’amore”[9], il platonismo meridionale e la “prisca sapientia” tra Platone e Pitagora nel Meridione d’Italia, cardine della ricerca esoterica che sarà poi, in tutt’altro contesto politico e esoterico quella di Arturo Reghini[10].

 Sarà proprio Reghini a collegare la tradizione specificamente “romana” e italica dell’esoterismo massonico con la tradizione e la simbologia, spesso fortemente ma talvolta inconsapevolmente esoterica, del Fascismo. La Carboneria, che negli anni successivi alla sua evidenza storica in Italia collegherà tra di loro anche vasti settori delle classi dirigenti, avrà, prima della Fratellanza Massonica propriamente detta, l’obiettivo esplicito, ereditato dalla tradizione della VIII Provincia della Stretta Osservanza e dal Grande Oriente napoleonico in Italia, di formare un “Patto di Ausonia” mirato all’unificazione repubblicana della Penisola italiana[11].

 Quindi, siamo a un punto di non ritorno sia geopolitico che iniziatico: la Carboneria si diffonde con un progetto unitario e repubblicano, in correlazione alla Massoneria francese (Lafayette di cui, come vedremo, Saint Simon sarà ufficiale negli USA) e sviluppa “Vendite” in tutto il Mediterraneo e l’Europa Orientale, e tale Carboneria si definisce, sia pure nelle nebbie della inevitabile codificazione iniziatica, come una “Vendita Suprema” legata a un comitato direttivo che enumera il Lafayette, il principe Paolo di Wuertemberg, il banchiere Laffitte, gestore del “tesoro” di Napoleone III, ed altri dirigenti europei della politica e della finanza.

 Si tratta di una rete che, a parte la Libera Muratoria della quale tutti questi elementi fanno parte, ha molte correlazioni con il sansimonismo: si ricordi il mito del “Nuovo Cristianesimo” di Saint Simon, militare volontario in America con il Fratello Lafayette, e il successivo positivismo comtiano, mitologia razionalista e esoterista legata alla Grande Madre che i sansimoniani comunitari del Pêre Enfantin andranno a cercare nel deserto occidentale del Sahara, sulle orme della figlia di Muhammad, l’unica che potrà lasciare al Profeta una discendenza. Oriente e Occidente, il Grande Oriente simbolico e esoterico che si materializza nella fusione mediterranea tra tutte le fedi monoteiste, auspice la Massoneria, superando le malefatte degli eredi dei “Tre Impostori”…una attenzione alle iniziazioni orientali che, poi, caratterizzerà il ruolo del Grande Oriente d’Italia, con la Maestranza di Ettore Ferrari, nella penetrazione dell’Impero Turco e nel sostegno esplicito della Massoneria italiana e delle sue Logge all’estero per i Giovani Turchi, membri della Bekhtashya sufi di Mevlevi, quella dei “dervisci rotanti”, come pure la protezione delle Logge italiane di Alessandria d’Egitto e del Cairo agli Ufficiali rivoluzionari locali, anch’essi uniti da una tradizione esoterica e iniziatica dell’Islam[12].

Si ricordi inoltre che il Partito Socialista Italiano, fondato a Genova nel 1895, fu dichiarato operante nella Sala Sivori, ma i testi del Regolamento del PSI furono elaborati nella Sala dei Carabinieri Genovesi, punto di ritrovo di una Loggia sansimoniana organizzata nel capoluogo ligure da imprenditori e finanzieri francesi[13].

 Si potrebbe quasi affermare che il sansimonismo, presentandosi come “Nuovo Cristianesimo”, possa acquisire quel sostegno di massa, anche in Italia, che la Massoneria tradizionale, nella quale Gesù Cristo è scarsamente presente come simbolo iniziatico, non può gestire presso i ceti popolari.

 Se possiamo fare una ipotesi, la Carboneria italiana, in quanto parte della “Vendita Suprema”, è una rete massonica a direzione francese che intende costituire un sistema geopolitico euro -mediterraneo che permetta alla Francia il suo rayonnement e si imponga, anche nel reclutamento delle classi dirigenti italiane e europee alla Massoneria britannica e alle sue logiche di supporto allo stato inglese: sostegno ai regni italiani meridionali, in funzione della protezione delle rotte da Londra verso il Medio Oriente e l’India, separazione dell’Italia del Nord e sostegno al Piemonte in funzione antiaustriaca e antitedesca, protezione del Maghreb da una ormai forte presenza francese che, dall’Egitto conquistato da Napoleone, si irradia verso il Marocco e i confini dell’impero portoghese atlantico.

 Già fin da questi anni, possiamo indovinare l’instaurazione di un “grande gioco” tra Gran Bretagna e Francia per la conquista de facto della penisola eurasiatica, e delle sue aree di correlazione mediterranee.

 Naturalmente, lo abbiamo già notato, il nesso tra Carboneria e Massoneria è la chiave per comprendere il ruolo geopolitico dei Liberi Muratori italiani e il loro ruolo, in relazione anche alle altre società segrete operanti in Europa e nella Penisola, tra moti risorgimentali del Nord, penetrazione delle élites “illuminate” al Sud e una propaganda che, se non tocca le masse dei contadini e del popolo minuto, determina però un nuovo protagonismo degli artigiani, dei commercianti, dei piccoli funzionari, e infine permette un equilibrio tra le mire, massoniche e geopolitiche, di Francia e Gran Bretagna nella Penisola. Un gioco tra geopolitica e fedeltà massonica che riuscirà, e non completamente, solo al Fratello Cavour.

 

 Le storie della Massoneria italiana e del Risorgimento sono indissolubilmente collegate a questo gioco tra le due potenze primarie, che Cavour saprà ben gestire, contro Vittorio Emanuele II e lo “spontaneismo” di Garibaldi, e che Giuseppe Mazzini, massone ma comunque freddo nei confronti del simbolismo libero muratorio, tenterà di coniugare in un equilibrio complesso tra fedeltà “inglese” al suo progetto unitario e sostegno alla Giovane Italia da parte sia dei sansimoniani che di molte Logge della Fratellanza francofona.

 

 Comunque la Massoneria, come è ben noto, viene bandita da tutti gli Stati italiani dopo la Restaurazione del 1815. La “santa Alleanza” definita al Congresso di Vienna è un progetto geopolitico incentrato sull’Impero Russo e sul mito della Terza Roma, Mosca, che riporterà, da Est, le glorie e la sapienza perduta dalla “deformazione” liberale e socialista delle Logge repubblicane e rivoluzionarie.  

 

 La lotta tra Santa Alleanza e Libera Muratoria europea e nazionalista è la guerra tra due massonerie, tra due immagini esoteriche di un grande progetto geopolitico di unificazione della Penisola Eurasiatica ([14]). La tradizione templare della Stretta Osservanza, che pure sarà all’origine delle “Vendite Nazionali” europee, sarà, in collegamento con l’esoterismo magico orientale e caucasico e il tentativo di unire tutte le fedi monoteistiche nella Terza Roma universale, alle radici anche del misticismo zarista della Santa Alleanza. In linea di massima, per capire la geopolitica della Massoneria moderna bisogna immaginare una Obbedienza, o più Orienti, che gestiscono progetti strategici e politici diversificati e che, in casi particolari, possono raggiungere un temporaneo accordo.

 Ma torniamo alla Massoneria italiana. Nel Risorgimento, e questo sarà un elemento essenziale per definirne la sua fortuna postunitaria, la rete della Fratellanza risponde a Logge e Grandi Orienti regionali che hanno solidissime relazioni internazionali, secondo una tendenza che caratterizzerà lo sviluppo di gran parte della classe dirigente italiana, sia massonica che non “iniziata”.

 L’universo libero-muratorio avrà, in tutta la fase del Risorgimento, forti connessioni con le reti mazziniane e con le organizzazioni carbonare, all’interno di un sistema nel quale la Fratellanza opererà nel mondo politico per il tramite di intermediari palesemente massonici ma correlati spesso a una “società civile” che non anela alla “vera Luce”.

 Non è un paradosso: la scelta di gran parte delle Obbedienze muratorie di lavorare all’interno di una rete complessa e frastagliata di associazioni e gruppi politici è legata a due valutazioni fondamentali: l’Italia è un Paese cattolico, e quindi i Fratelli debbono operare in politica, e per l’Unità d’Italia, attraverso strutture non direttamente correlate alla Logge, e questo, peraltro, permette al Risorgimento massonico di non essere solamente, per ripetere e contrastare il vecchio giudizio di Antonio Gramsci, una “rivoluzione senza popolo”, e di avere come referente tutta quella parte della classe media e della borghesia che, per limiti culturali o per scelta ideologica, non ha alcun interesse per la “Vera Luce dell’Oriente”.

Non si tratta, qui, ancora, di ripetere il modello utilizzato da Alessandro Luzio nel suo ormai classico “La Massoneria e il Risorgimento Italiano” ([15]). Per lo storico e giornalista marchigiano la Fratellanza, in Italia, era una organizzazione sostanzialmente legata al giuseppismo, ai vari fenomeni di “dispotismo illuminato”, e alla vasta rete di intellettuali e scrittori che avevano diffuso ideali e progetti massonici durante tutta la lunga fase del risveglio nazionale italiano: Gian Domenico Romagnosi, Vincenzo Monti, il Goldoni, Francesco Domenico Guerrazzi, forse il Manzoni, certo legato alla Massoneria parigina dell’Abate Fauriel, Carducci e tanti altri minori.

 Ovvero, per il Luzio, che sarà criticato per questo da Nello Rosselli, storico di Mazzini ([16]), la Fratellanza avrebbe operato, durante il Risorgimento, come una sorta di “centrale” di tutte le azioni unitarie, attraverso strutture separate e, spesso, autonome. Una variante del “mito cospirativo” della Libera Muratoria che avrà larghe fortune fino ad oggi. Se, come è ormai molto probabile, Mazzini era un Fratello, anche se la sua vita di cospiratore non gli permetteva una frequenza alle Officine e le sue Giovane Italia e Giovane Europa erano organizzazioni troppo “militanti” per essere ufficialmente collegate con l’Oriente muratorio, ed è peraltro vero che, senza la Massoneria e le sue “favole”, come le chiama Rosselli, non solo non vi sarebbe stato il Risorgimento, ma non vi sarebbe stata alcuna omogeneità della classe dirigente italiana, durante e dopo il Risorgimento e il raggiungimento dell’unità nazionale.

 

  E pensare che Rosselli è discendente del Gran Maestro Ernesto Nathan. Questo per farci intuire come la temperie post-risorgimentale, nella sinistra democratica che pure deve molto alla Massoneria, sia ormai estranea ai valori dell’Oriente iniziatico. Ma, se facciamo attenzione ai simboli, l’icona di “Giustizia e Libertà”, una fiaccola accesa, nasce proprio nell’universo massonico delle Logge toscane che, per prime, costituirono un Oriente con esplicite mire di riunificazione nazionale.

  

Proprio la vasta rete delle organizzazioni culturali, anche locali e regionali, della Libera Muratoria, frequentate da Lorenzo Stecchetti fino a Giovanni Pascoli, da Andrea Costa fino a Costantino Nigra, da Edmondo De Amicis fino a Pellegrino Artusi, in tutte le fasi della costruzione dell’identità nazionale, rappresentano quel sistema che permette la formazione di un idem sentire italiano che sarà forte e diffuso, e per certi aspetti contrasterà la tematica, che già abbiamo richiamato, del “Risorgimento come rivoluzione incompiuta” che Antonio Gramsci, partendo dalle osservazioni di Piero Gobetti, diffonde nei suoi scritti dal carcere.

 Occorre parlare, nell’analisi del Risorgimento italiano, di una Massoneria che si immerge nelle particolarità dei luoghi e nelle storie locali delle classi dirigenti, più che studiare una organizzazione monolitica dell’Oriente nazionale che, spesso, sarà più debole degli altri Oriente europei e che spesso si troverà in contrasto con le Logge regionali e gli Orienti degli Stati pre-unitari.

 Se è vero, come afferma Luzio, che la Fratellanza si radicalizza fin dall’inizio verso il mazzinianesimo e il socialismo, abbandonando il ceto medio al ritorno dell’egemonia ideologica conservatrice e, spesso, cattolica e antiunitaria, è peraltro vero che, in nessuna fase del Risorgimento, le tante anime della Massoneria italiana romperanno i loro legami, appunto, fraterni.

La Chiesa Cattolica, è bene ricordarlo, contrasta la Fratellanza in rapporto a due ordini di motivi, squisitamente politici: a) la Libera Muratoria è legata al segreto fraterno, e quindi non permette un sindacato di validità e regolarità da parte della gerarchia ecclesiastica, che sola può conferire legittimità ad una organizzazione che, in qualche modo, abbia a che fare con il sacro, e che, almeno fino ad oltre la fase della Prima Guerra Mondiale, il Vaticano legge l’unità nazionale italiana come una fase transeunte, e fragile, e tale da essere destrutturata da una correlazione tra la Santa Sede e il sistema degli Imperi Centrali o del nesso, paradossale ma operativo, tra la Chiesa di Roma e una potenza esplicitamente massonica, la Francia. Il Papato non crede che l’Italia Unita durerà: ecco la base della sua polemica antimassonica e, poi, antimodernista.

 

 Il Vaticano colpisce la Massoneria per centrare e destrutturare la cultura politica che ha formato la classe dirigente italiana, nelle sue varie forme, ed è meno interessata agli aspetti esoterici e simbolici dell’Obbedienza liberomuratoria, che pure organizza ancora, tra le sue file, membri di alcuni ordini religiosi ( i Celestini e gli Olivetani) e che ha sempre proclamato, almeno negli anni preunitari, una esplicita fedeltà al Sovrano e al dominio spirituale della Chiesa di Roma.

 

 Quindi, in ordine sparso, e spesso attraverso organizzazioni solo in parte riconducibili al sistema massonico, la Fratellanza percorre, tra mazziniani repubblicani, cospirazioni nobiliari, organizzazioni giuseppiste e “illuminate”, logge simboliche “irregolari” o tradizioni spurie generate dalla rete di Cagliostro e dalla sua “massoneria egizia”, che il Fratello Goethe smaschererà in un suo testo[17]; oppure da reti massoniche britanniche e francesi, che saranno essenziali nel corrompere i militari del Regno delle Due Sicilie e permettere così il successo dell’impresa garibaldina, per non parlare delle reti sansimoniane o positiviste, tutto il meccanismo che porterà all’Unità italiana e alla costituzione, tra socialisti che cantano “su fratelli, su compagni” e anarchici bakuninani sostenuti, come il loro fondatore, dai tanti Fratelli sparsi per la Penisola, della classe dirigente italiana nella sua totalità.

 La naturale differenziazione dell’Oriente italiano porterà ad un rilevante frazionismo nella formazione e nella linea politica di tutta la classe dirigente post-unitaria.

  Il Cattolicesimo, ben conscio di questa caratteristica nazionale e risorgimentale, lotterà contro la Massoneria come se fosse il Risorgimento e contrasterà l’Unità Nazionale come se fosse la Massoneria ([18]).

 

 Per tornare ai fatti della storia liberomuratoria, che si solidifica solo dopo e nella temperie della Presa di Roma da parte delle Armate del Regno d’Italia, il XX Settembre, giorno importante, da allora, per i Lavori delle Officine Massoniche, che il Risorgimento si è realizzato, il Grande Oriente Italiano nasce a Torino, capitale unitaria, nell’ottobre 1859, a partire dalla Loggia Ausonia.

 

  La Massoneria sabauda, per avendo da sempre i monarchi piemontesi forti interessi esoterici, come testimoniato dalla biblioteca quasi unicamente occultistica di Carlo Alberto, pure cattolicissimo, è scarsamente presente in Piemonte ma, come abbiamo già notato, è radicata in Liguria, tra “riforme” libero-muratorie sansimoniane e positiviste, e vecchie reti “rivoluzionarie” lasciate da Filippo Buonarroti e dagli agenti di Napoleone. Nel 1856 era sorta la Loggia “Trionfo Ligure”, legata al Grande Oriente di Parigi, e a Chiavari, segno della tradizione commerciale dei liguri, la Loggia “Oriente Ligure” era addirittura posta all’obbedienza del Grande Oriente del Perù.

  Ma la tradizione massonica francese, che rimane stabile da Napoleone fino alla Restaurazione e alla fasi successive della politica parigina, e si radica nel sistema amministrativo indipendentemente dalle trasformazioni di regime, era poco adatta alla temperie della situazione italiana.

 La Massoneria italiana, dopo la costituzione del Grande Oriente torinese, è immediatamente politica, e si collega alla Società Nazionale di Cavour, della quale ospiterà molti membri, proprio dopo la fase “operativa” dei vari referendum regionali che sanciscono la fedeltà di alcune aree italiane alla Casa Savoia e quindi al progetto unitario, e gran parte della classe dirigente savoiarda e unitaria: La Farina, Michele Coppino, David Levi, Costantino Nigra, tutti elementi che passano, dopo la morte di Cavour, dalla “Società Nazionale” del Conte, strumento paramassonico per l’unità italiana, alla Fratellanza della Vera Luce ([19]). Il Grande Oriente di Torino si sviluppa soprattutto, almeno all’inizio, nel Nord: si costituisce la “Concordia Umanitaria” all’Oriente di Bologna nel 1860, ben quattro Logge sono fondate a Livorno, città per molti aspetti legata alla Muratoria britannica e olandese, si aggrega anche la “Azione e Fede” all’Oriente di Pisa, responsabile della presenza nella sede storica dell’Ateneo pisano, dove conta molti Fratelli, nonché di un’erma di Gian Domenico Romagnosi, della prima Loggia fiorentina legata al GOI, la “Concordia”, anch’essa popolata di molti cittadini britannici ormai naturalizzati nel capoluogo toscano, “anglo-beceri”, per usare la formula del popolo fiorentino, e altre dieci Logge che vanno da Ascoli, con una rilevante presenza ebraica che arriva alla Vera Luce dall’esperienza mazziniana, fino alla Loggia “coperta” di Roma, la Quinto Fabio Massimo, utilmente dedicata al Cunctator con evidente riferimento alla presenza del Papa Re da ridurre a figura puramente religiosa e spirituale, o magari da porre in un aereo per allontanarlo da Roma, come immaginerà diversi anno più tardi il Fratello Filippo Tommaso Marinetti ([20]).

 Vennero aggregate all’Oriente nazionale italiano anche Logge di Fratelli italiani all’estero, tra Alessandria d’Egitto (dove operava il padre di Marinetti), il Cairo e Tunisi.

 Primo segnale di una presenza italiana nel Mediterraneo che poi, anche con il concorso dei Liberi Muratori, diverrà progetto di colonizzazione dell’Estero Vicino, con la Associazione Nazionalista Italiana, poi fusasi con il Fascismo, che pure organizzava molti Fratelli operanti, sia sul piano culturale che imprenditoriale, con l’Africa e il Medio Oriente ([21]).

 Detto tra parentesi, è proprio del pensiero del generale Baratieri e di Enrico Corradini, tra i principali fondatori dell’ANI, il mito della “nazione proletaria” che tanto infiammò, durante la guerra di Libia, il Fratello Giovanni Pascoli.

      

  Il poeta di Barga, lo ricordiamo perché è simbolicamente interessante, entrò nella Massoneria bolognese il giorno stesso della morte di Garibaldi, e quando il feretro di Pascoli fu riportato a Lucca, venne accolto dalla Fratellanza pisana, fiorentina e dalle associazioni socialiste e repubblicane, oltre all’anarchia dei lavoratori del marmo di Carrara, che lo ricordano ancora in una lapide apposta, tra le tante, nel paese di Colonnata, dove la statua del Fratello Mazzini si erge al centro della piazza principale mentre la chiesa parrocchiale è quasi invisibile ad un lato.

 Costantino Nigra, proprio in quanto erede politico di Cavour, la cui morte Giuseppe Verdi, in una lettera alla Strepponi, riterrà “una immensa sciagura per l’Italia” viene eletto come Gran Maestro dell’Oriente Italiano, e alla sua elezione contribuisce, in quanto diplomatico di vasta esperienza, la sua frequentazione con Napoleone III e, in particolare, la sua buona conoscenza dell’Oriente nazionale francese ([22]).

 Una Massoneria nazionale italiana filo-francese in contrasto con le reti liberomuratorie britanniche, attive ancora nel Meridione e poco inclini al nuovo nazionalismo di Torino, o che si pone già in contraddizione con l’Oriente germanico, protestante e anticattolico ma, proprio per questo, ferocemente avverso all’unità italiana che legge, correttamente, come una spina nel fianco del continuum strategico, e esoterico, tra il centroeuropa tedesco e il Medio Oriente e il Mediterraneo centrale? Si e no.

 Nigra è, certamente, l’ “uomo di Cavour”, colui che ha messo nel letto di Napoleone III la Contessa di Castiglione, ma è anche il rappresentante dell’egemonia sabauda sull’unità italiana e il referente del liberalismo moderato che caratterizzerà la cultura politica e economica, fino al Fascismo, delle classi dirigenti italiane ([23]).

 Non a caso, infatti, le Logge pisane e livornesi, radicali, repubblicane e socialiste, si opposero all’elezione di Nigra e chiesero una “assemblea democratica” per nominare il Gran Maestro dell’Oriente nazionale. Sul piano politico, la questione è semplice: per contrastare il ritorno di fiamma delle organizzazioni cattoliche, regionaliste, legittimiste, e per sostenere lo Stato Unitario di contro alle tensioni che caratterizzavano la politica europea e mediterranea in quella fase, dove nessuno era davvero “amico dell’Italia”, la classe dirigente che ha fatto il Risorgimento, e che è stata a vario titolo legata ai vari Orienti regionali e di obbedienza francese o britannica, o addirittura è stata affascinata, in gioventù, dal radicalismo mazziniano o dal “socialismo” di Saint Simon, accetta l’unione massonica con i socialisti, gli anarchici, i repubblicani o comunque i “rivoluzionari” sia per controllare le loro mosse che per fare “fronte unito” contro i nemici d’Italia, interni ed esteri.

 Una situazione paradossale che solo Mussolini, da dirigente del Partito Socialista Italiano, tenterà di rompere, escludendo i massoni (ovvero, in primis, i riformisti di Leonida Bissolati) dalla presenza e dalla militanza nel socialismo ([24]).

 In sostanza, quando la Fratellanza italiana si unisce in modo formale, dopo la temperie del Risorgimento, l’equilibrio della liberomuratoria si sposta, lentamente, su posizioni sempre più lontane dal progetto cavouriano. Potremmo dire che Cavour, con la sua capacità diplomatica, gestisce un equilibrio tra Massoneria francese e obbedienze britanniche che, lasciato ad altri, stenta ad essere favorevole ad un sistema libero-muratorio italiano e nazionale.

 Ma qui la questione si fa filosoficamente interessante, e ben più complessa di quella politica sic et simpliciter. Qual è il nesso tra filosofia massonica e illuminismo? E qual è il nesso tra la filosofia dei Lumi e la teorica che la Libera Muratoria diffonde tra le sue Colonne? La questione è sottile: l’esoterismo rappresenta una delle vere radici della rivoluzione scientifica che, dal seicento, modifica il panorama intellettuale europeo. Senza l’occultismo di tradizione biblica, non mutuato ma comunque non del tutto dissimile da quello cabalistico, non si capisce l’universo “della precisione” che Newton elabora con la sua fisica ([25]).

 Esoterismo cabalistico, cosmologia pitagorica, analisi sui testi di Ezechiele da parte del fisico britannico, poi governatore della Zecca di Londra, sono all’origine del mito illuministico dell’universo che, autonomo nelle sue regole eterne, non ha più bisogno di Dio ma, al massimo, di un “orologiaio”, il Grande Architetto dell’Universo massonico, appunto, che non si cura degli avvenimenti microscopici interni al mondo sublunare, che sono regolati da una legge dell’equilibrio intrinseco che ha molto a che fare con la teoria dell’equilibrio economico che, in quegli anni, elaborano gli economisti liberisti e lo stesso Adam Smith, filosofo della “mano invisibile” dei mercati e della naturalità dei “sentimenti morali” nel sistema degli scambi e della produzione ([26]).

 

 Senza John Toland e il suo occultismo panteistico non sarebbe possibile la teoria politica che opera nelle istanze della middle class produttiva britannica che lotta contro le “prerogative” di Roma[27] e, infine, nulla sapremmo dell’aspetto misterico e rosacrociano dell’illuminismo e del razionalismo moderni senza le ricerche di Frances Yates[28] o gli studi di Eugenio Garin ([29]).

  Insomma, sul piano filosofico e politico, la Fratellanza massonica mantiene vivo il legame tra i due volti, intimamente collegati, della rivoluzione scientifica: i suoi fondamenti magici ed occultistici e il suo aspetto “profano” di rivoluzione delle tecniche e del benessere diffuso, oltre che della “libertà di pensiero”. E questo accade anche nella propaganda e nella politca risorgimentale italiana. La Chiesa Cattolica, poi lo vedremo, non percepisce chiaramente questo nesso che unifica la rivoluzione scientifica post-galileiana e la politica liberale, nazionale e laicista, che il Vaticano legge semplicisticamente come una variante intellettualistica della possessione da parte del maligno, o la presenza del “Re di questo mondo” nel mondo della politica.

Se poi osserviamo meglio la questione, sarà John Maynard Keynes ad acquistare, e a studiare, i testi occultistici di Newton ([30]), che poi passeranno ad Abraham Yahuda.

 

  E, la cosa non passi inosservata, sarà il massone Hjalmar Schacht, ministro delle finanze nei primi anni del Terzo Reich, e poi membro della cospirazione che tenterà invano di assassinare Hitler il 20 Luglio con la bomba collocata nella Wolfschanze da Claus Schenk von Stauffenberg, e poi ancora, dopo la Seconda Guerra mondiale, banchiere nei “paesi in via di sviluppo” e infine consigliere dell’ENI di Enrico Mattei, a scrivere un testo di economia monetaria denominato “La magia del denaro” ([31]).

       

 La domanda è quindi: quanto nella Massoneria italiana, durante e dopo il Risorgimento, è caratterizzato dalla coscienza che l’illuminismo propagandato dalla Fratellanza non è solo una lotta contro il potere temporale dei Papi, ma una vera e propria Nuova Religione, un “Nuovo Cristianesimo”, per usare il titolo del testo più famoso del Fratello Claude Henri de Saint Simon?

 E quanto di questa coscienza rinnovatrice passa dalla Massoneria propriamente detta alle nuove organizzazioni, spesso innestatesi su un réseau massonico, come il sansimonismo, appunto, o il positivismo di Auguste Comte o le reti eterodosse che si incentrano sulla teosofia della Blavatsky?

 

  In questo senso, anche sul piano strettamente politico, occorrerebbe studiare l’analisi che della Massoneria fa René Guenon, già fratello all’Oriente di Parigi ma, in seguito, critico della Fratellanza che legge, insieme alla Chiesa Cattolica, come una organizzazione post-iniziatica che ha dimenticato la “parola perduta” che Guenon stesso, convertito all’islam sufi, con un nome che ricorda Gesù Cristo, Abdel Walid Yahya, andrà a cercare al Cairo, dove passerà ad altro stato di esistenza ([32]).

 

 La questione quindi è se la Massoneria italiana è capace, sul piano iniziatico, di capire il nesso tra mysterium sapienziale e politica moderna, e, in parallelo con la Chiesa Cattolica, se essa legge il mondo moderno come semplice assenza della metafisica, come “morte del sacro”. In effetti, nella temperie risorgimentale, la Fratellanza italiana si sposta, come direbbe il Fratello Principe De Curtis, “a sinistra”.

 Il 1 Marzo 1862 viene eletto, dopo l’opposizione soprattutto delle Logge toscane alla maestranza di Costantino Nigra, il deputato siciliano Filippo Cordova, contro Giuseppe Garibaldi, figura forse di convergenza tra la massoneria britannica, che pure lo ha grandemente aiutato, insieme a Cavour, nell’Impresa dei Mille, e il radicalismo repubblicano e anticlericale che ha caratterizzato la Fratellanza francese presente in Italia fin dai primi albori del progetto unitario, e che pure, in quella fase, aveva sostenuto Costantino Nigra, ma attraverso un interessato “amico” del Papato, Napoleone III.

 Da una parte, quindi, la caratterizzazione “a sinistra”, pur nei limiti del controllo della Maestranza di Cordova, permette l’espansione della Massoneria nazionale verso quei ceti che, se pure hanno partecipato ai moti risorgimentali, ne sono stati oggetto passivo, quasi come le “masse popolari” che Antonio Gramsci vede, nei suoi “Quaderni”, del tutto estranee o ostili al sottile nesso tra rivoluzione capitalistica, liberalismo e unità nazionale che caratterizza la “Rivoluzione dall’alto” del Risorgimento nazionale italiano.

 Sempre per fare una parentesi, se è vero che il Risorgimento “esclude” gran parte delle masse popolari, e ricordiamo che, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, sarà verificato un tasso di analfabetismo tra la popolazione italiana di circa il 70%, è però ugualmente vero che le campagne e le plebi marginali delle città sono meno reazionarie di quanto si creda: l’anarchismo, le “rivolte del pane”, le azioni contro i possidenti sono diffusissime e permettono un quadro meno semplificatorio dell’opposizione, che pure esisteva, tra ceto medio liberale e aperto al processo unitario e “masse pericolose” delle periferie o delle campagne profonde, sia del Nord che del Meridione ([33]).

 Lo stesso brigantaggio, tra Crocco e Chiavone, è sia strumento della Chiesa temporale e dei Sovrani spodestati del Sud (il “generale” Chiavone si nascondeva nello Stato Pontificio, quando le maglie dei Regi Carabinieri si stringevano su di lui) contro i “piemontesi”, che rivolta sociale contro le antiche usure a danno dei contadini ([34]). Quindi, sul piano squisitamente politico, la Fratellanza nazionale italiana opera una sutura tra destra liberale e moderata e sinistra garibaldina in funzione di una egemonia dello Stato liberale su una società ancora frazionata per regioni ed aree e spesso controllata da forze o apertamente antirisorgimentali o sostanzialmente estranee, in quanto localistiche, al processo unitario.

 I riferimenti possibili al periodo che stiamo vivendo sono, in questo caso, evidenti. La radice delle massonerie pre-unitarie è ancora fortemente presente, e caratterizzerà, più ancora dell’asse destra-sinistra, la vita del Grande Oriente dell’Italia Unita. Quindi, potremmo dire che l’asse centro-periferia, uno degli snodi primari dell’identità politica moderna ([35]), caratterizza la storia italiana, e quella del Grande Oriente d’Italia, come e più della polarizzazione downsiana destra-sinistra.

 Le Logge piemontesi, liguri, toscane, nella temperie del Risorgimento, aderiscono in gran parte al Grande Oriente di Parigi. Prima del GOI unitario, la Massoneria del Nord Italia si unifica nel Supremo Consiglio dei Sovrani Grandi Ispettori Generali del 33° Grado, di cui sarà Sovrano Gran Commendatore il figlio adottivo di Napoleone I, Eugenio di Beauharnais, viceré d’Italia.

   Tutto accade nel 1805, a Milano. Nello stesso anno, come accadrà nella scissione detta di “Piazza del Gesù” molti anni dopo, dal Rito nasce l’Ordine e la conseguente organizzazione sul territorio delle Logge “azzurre” dal Primo al Terzo Grado, che si attribuisce, ben prima del GOI nazionale di Cordova e Garibaldi, la denominazione di Grande Oriente d’Italia.

 L’intero sistema è legato al Rito Scozzese Antico e Accettato, anche se sono permessi Riti diversi a seconda della scelta delle singole Logge, spesso originate da cittadini stranieri residenti in Italia (Firenze, Genova e Livorno in primis) e che, sempre nel 1805, si unifica con l’Oriente di Napoli, la cui sede è presso la Divisione dell’Armata del Regno d’Italia, con Gran Maestro il generale Lechi.

 L’unione dura poco, e l’Oriente di Napoli si separa da quello milanese prima con Giuseppe Bonaparte e poi con Gioacchino Murat, che usa la Fratellanza meridionale sia come collante della sua classe dirigente che come ipotesi di un suo “lancio” come Re di un’Italia unificata sotto il controllo napoleonico, progetto che, per un breve periodo, accarezzerà anche l’Imperatore di origini toscane, a Parigi. “Ricordati che, prima che francese, sono italiano e toscano”, amava ripetere Napoleone I a Murat, per fargli intendere la sua radice, più che toscana, machiavellica ([36]).

 Anche il GOI unitario, sotto la spinta di Cavour, nasce a Torino, come abbiamo già visto, con la denominazione, a causa della sua Loggia di origine, di Grande Oriente d’Ausonia di Rito Francese ([37]) e si ricostruisce a Firenze, nella sua fase di Capitale del Regno, e città dove la presenza britannica è sempre consistente, come Grande Oriente d’Italia.

 Se è bene, quindi, osservare la geopolitica massonica del Risorgimento come equilibrio tra due potenziali egemonie, quella francese e quella inglese, è però ugualmente utile osservare che la dimensione della Fratellanza in queste situazioni è essenziale: in un contesto di scarso radicamento delle Logge su tutto il territorio della Penisola, la presenza a Firenze e in Toscana, a parte l’influsso di Londra, è causa sufficiente per la costituzione di un Grande Oriente.

 E nemmeno la Massoneria nella sua fase risorgimentale riesce a superare il frazionismo che sarà caratteristico, fino ad oggi, della storia italiana: a Milano viene costituita, nel 1860, una Gran Loggia di Rito Simbolico, mentre in Sicilia permane un forte autonomismo del Rito Scozzese Antico e Accettato, che costituirà un Supremo Consiglio che offrirà la carica di Gran Maestro, dopo un velocissimo transito dell’Eroe dei Due Mondi dal Secondo al trentatreesimo grado, a Giuseppe Garibaldi, che rimarrà comunque Sovrano Gran Commendatore dell’Oriente scozzese palermitano.

 

 Sarà solo con la Gran Maestranza Lemmi, che Torino, Napoli e Palermo, oltre a Firenze, si riuniranno in un solo e unico Grande Oriente Italiano, che da un lato si caratterizzerà come “partito della Nazione”, più che, come abbiamo ricordato con Gramsci, “partito della borghesia”, e dall’altro condurrà un equilibrio, molto labile e comunque inevitabile, tra “sinistra” radicale, garibaldina e mazziniana della Libera Muratoria e “destra” liberale cavouriana.

 Inevitabile sommatoria interna in funzione di un ambiente politico e culturale che, nelle fasi finali del Risorgimento e nei primi anni del Regno unitario, sarà sempre meno filo-massonico e sempre più avverso, anche senza l’opposizione della Chiesa Cattolica, alla unificazione amministrativa, politica e economica dell’Italia. Rimarrà marginale la Stretta Osservanza, di tradizione templare, che vedrà il conte Asinari di Bernezzo Gran Priore d’Italia, con sede in Piemonte.

 Non è qui un caso notare che sarà il generale Asinari di Bernezzo, poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, in un discorso a Brescia nel 1909, sostenne l’irredentismo del Veneto e del Trentino, fra l’altro caratterizzato da forti presenze massoniche, mettendo in crisi la fedeltà “austriaca” del governo Giolitti, erede in questo della linea politica filo-germanica del Fratello Francesco Crispi, sostenitore e collaboratore del Gran Maestro Lemmi.

La contraddizione tra democrazia radicale e egemonia cavouriana e moderata sul progetto nazionale italiano è quindi profonda, e supera sia la dicotomia Carboneria-Massoneria che la tensione, all’interno della stessa Fratellanza, tra progetti laicisti radicali e accettazione delle mediazioni, interne e internazionali, che potrebbero portare all’Unità nazionale. La Massoneria deve rimanere riunita, e quindi accettare la sua deriva radicale-repubblicana e anticlericale, ma la sua unità è subordinata alla stretta collaborazione con quelle élites che condurranno la Monarchia sabauda all’unità e, quindi, ad un rapporto attento e non necessariamente polemico con lo Stato Pontificio, che ancora spera di usare l’Austria-Ungheria e, per qualche aspetto, gli stessi francesi, come asset anti-piemontese.

 É una tensione che sarà risolta, e non del tutto, solo dai Patti Lateranensi che il regime fascista, dopo una sua forte contaminazione con la Fratellanza di Palazzo Giustiniani e il rallièment con il Rito Scozzese Antico e Accettato di Fera e Palermi, autonomo dal GOI fin dal 1908 ([38]). Si dice che Palermi abbia fatto firmare il Catechismo dell’Apprendista Massone scozzese al futuro duce del Fascismo, sul treno che portava Mussolini da Milano a Roma, per portare al Re “l’Italia di Vittorio Veneto” mentre ferveva la Marcia su Roma, gestita da un gruppo di dirigenti dei Fasci, in gran parte massoni (vi era Italo Balbo) da una stanza dell’Hotel Brufani di Perugia.

 Lo stesso Palermi vivrà, durante il ventennio, come agente dell’OVRA e come burocrate del Fascismo, mentre il Gran Maestro giustinianeo Domizio Torrigiani muore nella sua villa toscana, dopo anni di duro confino, nel 1932. La questione della tipologia organizzativa, e quindi teologica e iniziatica della Libera Muratoria italiana è quindi centrale per comprenderne la sua funzione politica e di “pedagogia delle élites”, per usare la formula di uno studioso italiano del fenomeno massonico ([39]). Quindi, nel Risorgimento, il nesso da studiare è quello tra Liberi Muratori, Giovine Italia mazziniana e Carboneria, e l’intersecarsi di queste forme di militanza politica e iniziatica nelle varie fasi, militari e politiche, che caratterizzarono il Risorgimento.

 La Giovane Italia, fondata nel 1831 da Mazzini, si inserisce facilmente nel rèseau che coincide, soprattutto nel Centro Italia e nel Meridione, con varie Logge massoniche, che pure operano o all’Oriente di Paesi esteri o collegate con il GOI napoletano o quello milanese, che pure hanno regolamenti e patenti mutuate dalla Fratellanza francofona o dalle reti iniziatiche poste nel Sud dalla Gran Bretagna, in concorrenza con le sopravvivenze degli Orienti murattiani e con sparse organizzazioni della “Stretta Osservanza”.

  Quindi, si potrebbe affermare che, sulla base del modello gramsciano, la Giovine Italia è una Fratellanza dei “ceti medi” mentre le Logge ufficiali sono la rete delle classi dirigenti che in qualche caso “coprono” ed in altri mediano e unificano il radicalismo, spesso a sfondo localistico, di Carboneria e reti mazziniane. Nello Stato Pontificio, per esempio, non vi è traccia di Logge tra il 1830 e il 1870 ([40]),

 La rete dei moti che porteranno alla Repubblica Romana di Mazzini, Armellini e Saffi è incentrata su Logge che uniranno, temporaneamente, repubblicani mazziniani, Fratelli liberali e moderati, carbonari già esperti di lotta e politica clandestine.

 Il comitato di Cesare Mazzoni, massone e carbonaro, collaboratore di Mazzini, nato nel 1849, organizza la rete delle Vendite della Carboneria dei repubblicani mentre, dopo la fine della Repubblica Romana, molti dei carbonari e dei dirigenti della Giovane Italia entrano nella Fratellanza massonica, in parte come risultante di un progetto politico di “fronte ampio” con le altre forze unitarie, in parte come tentativo di egemonia da parte dei “rivoluzionari” di una rete che ancora è interessata al progetto “Italia e Vittorio Emanuele”, la linea “moderata” che risulterà vincente nella fase finale del Risorgimento.

 Ma senza i rivoluzionari non vi sarebbero né i progressisti né i moderati, in questo caso. E sarà l’anticlericalismo, come accadrà nella scissione del 1908, a caratterizzare il dibattito politico della Libera Muratoria italiana, tentata da un rapporto istituzionale con le classi moderate che hanno vinto la partita risorgimentale, e quindi da una rivisitazione del laicismo esoterico e politico della Massoneria, o da una penetrazione laicista in un ceto medio che molti leggono, allora, come elemento rivoluzionario in mancanza delle masse e nella carenza di un movimento di riforma interna nella Chiesa Cattolica.

 Due ipotesi che oggi vediamo facilmente essere analiticamente molto più complesse di quanto allora non apparisse ([41]). Il caso della Loggia Fabio Massimo, all’Oriente di Roma, della quale abbiamo già fatto cenno, è un esempio di questo complesso sistema politico che governa le mire della Libera Muratoria italiana nella fase “calda” del Risorgimento nazionale.

 La Loggia nasce come gemmazione della Amicizia di Livorno, con l’iniziativa di David Levi, mazziniano, che è convinto che la Massoneria possa contrastare efficacemente la Chiesa Cattolica unificando tutte quelle aree della società che sono ormai estranee alla Chiesa di Roma come elemento cardine dell’ “Antico Regime” legittimista e antinazionale. Modernizzazione e nazionalismo, nel pensiero massonico, vanno di pari passo: per i Liberi Muratori, come affermerà molti anni dopo il poeta portoghese (e iniziato) Fernando Pessoa, esistono “solo tre livelli nella società: l’individuo, la Nazione, l’Umanità” ([42]).

 

Abbiamo qui il caso di una associazione, come la Libera Muratoria, che presuppone il superamento delle “entità intermedie” delle società per ricollegarle, attraverso il cammino iniziatico, ai due poli opposti del cammino umano e sociale: l’ “uomo naturale”, visto, secondo la tradizione filosofica liberale e illuminista, come base inevitabile di un perfezionamento illimitato, e l’Umanità, ente del quale si raggiunge l’esatta comprensione, politica e iniziatica, solo passando attraverso la grande comunità di tradizioni e di culture che è la Nazione.

 Senza Libera Muratoria non vi è nazionalismo, né moderato né rivoluzionario, e senza la tradizione della Fratellanza non sarebbe possibile immaginare alcuna delle tipologie culturali e, per molti aspetti, giuridiche della Nazione moderna in quanto Stato di diritto.

 Ed è l’Umanità, appunto, quell’Ente umano, “Dio della Ragione e non della Superstizione” che David Levi, fondatore della Fabio Massimo all’Oriente di Roma, vuole opporre alla universitas cattolica.

 Ma qui abbiamo a che fare, e ne parleremo in seguito, del nesso tra Ebraismo italiano, mazzinianesimo, Massoneria, un fenomeno complesso, anche dal punto di vista politico, che impone valutazioni sia di carattere iniziatico e culturale che di storia delle idee politiche. La Fabio Massimo, però, è la Loggia romana più strettamente in contatto con la Società Nazionale Italiana, la rete di Cavour che organizza sia la rivolta negli Stati Italiani (e per questo utilizza, senza andare troppo per il sottile, elementi proto-socialisti, massonerie irregolari, mazziniani e repubblicani radicali) che le fasi dei referendum annessionisti al Regno del Piemonte.

 Due obiettivi e due prassi contraddittorie? Solo in parte. Per Cavour e la sua SNI, che certamente è l’asse del futuro Grande Oriente Italiano post-unitario, la Massoneria non è solo uno strumento operativo e politico: è, insieme, collante con le reti internazionali interessate all’Unità italiana, e che il Conte piemontese sa benissimo essere decisive per la conclusione positiva del Risorgimento nazionale, poi elemento di fusione delle tante e rissose Obbedienze massoniche degli Stati della Penisola, ed è infine un elemento di compensazione tra le influenze esterne che operano sul processo unitario a favore di una o dell’altra Nazione europea interessata all’Italia.

 Lasciare questa mediazione alle singole Logge, o ai vari Orienti regionali, sarebbe esiziale per la direzione unitaria del Risorgimento e quindi per la sua stessa realizzazione politica. La SNI dei Fratelli La Farina e Manin non è una “Super Loggia”, ma una rete che, sul modello dei Grandi Orienti britannico e francese, mette in relazione il rèseau massonico e paramassonico con le élites del Regno d’Italia, anche non massoniche, e permette il raggiungimento di una “massa critica” identitaria e operativa che i singoli Orienti non sarebbero certamente riusciti a costituire da soli ([43]).

 Ma, anche la SNI nasce, o meglio si manifesta, nella fase finale del progetto risorgimentale, a significare come la sua esperienza e il suo “credo politico” siano il frutto di una ri-meditazione, in senso cavouriano, delle fallite rivolte regionali che caratterizzano la Liguria, il Lombardo-Veneto asburgico e la variegata emigrazione politica dal Meridione d’Italia.

 La Fabio Massimo però si scioglierà dopo il XX settembre, in una fase in cui alla massoneria dei liberal-moderati e unitari si sostituirà la linea “illuminata” del radicalismo democratico, e spesso repubblicano, di tanta Libera Muratoria post-unitaria. La torsione, peraltro, tra Logge Azzurre e Rito, soprattutto quello Scozzese, che sfocerà nella scissione del Rito nel 1908, non è semplicemente riconducibile a una semplice rottura dell’equilibrio unitario che ha visto “lavorare” nelle varie Officine muratorie moderati cavouriani e radicali mazziniani e filo-socialisti. La questione è più complessa, e riguarda anche la Libera Muratoria risorgimentale.

 In effetti, fermenti di riforma radicale del sistema politico e sociale italiano albergano anche in vari filoni del liberalismo cavouriano, si pensi a Francesco Crispi e al D’Azeglio ([44]).

 Ma la “questione cattolica” irrompe nella Fratellanza, dopo l’Unità nazionale e il XX Settembre, con la radicalità delle problematiche che non si possono mettere più da parte. La lettura, come abbiamo visto, che parte dell’Obbedienza italiana dà della Chiesa Cattolica è quella di una istituzione ormai politicamente e culturalmente morta, e proprio per questo la questione della liberazione della popolazione italiana dalle “superstizioni” viene ritenuta un obiettivo relativamente facile.

 Se poi si aggiunge a questo dato che la Massoneria italiana, dopo il 1860 e il 1870, diviene l’asse portante di gran parte dell’élite politica e culturale italiana, abbiamo un ulteriore elemento della possibile razionalità strategica di una lotta frontale tra l’Obbedienza liberomuratoria e la Chiesa Cattolica.

 Ma il Papato ha, da un lato, la capacità di tenere le masse che sono state rese estranee al processo unitario, come giustamente osserva ripetutamente Antonio Gramsci nei suoi “Quaderni dal Carcere”, e qui parliamo della plebe contadina, non della piccola borghesia, dall’altro opera come una struttura internazionale ben più ramificata e potente, anche allora, della Massoneria ([45]).

 Se quindi il moderatismo, anche massonico, si poneva il problema di mediare in qualche modo con l’ “antirisorgimento”, proprio in funzione di unificazione nazionale, e inoltre di produrre una nuova sintesi post-unitaria che evitasse di far coalizzare contro l’ “Idea nazionale” tutti i vecchi nemici del Risorgimento e della Dinastia Sabauda, la tradizione massonica e carbonara, che tanta parte aveva avuto nel radicamento dell’Obbedienza proprio nei territori più riottosi all’Unità, era pronta a “chiedere il conto” alla classe liberal-moderata che aveva diretto il Risorgimento e ora si apprestava a mettersi d’accordo, probabilmente, con i vecchi nemici.

 Né si dimentichi che le potenze estere che avevano favorito l’Unificazione, dopo che essa era avvenuta non avevano alcuna intenzione di far giocare all’Italia un gioco autonomo sia nel Mediterraneo che nel concerto degli Stati europei. Una torsione geopolitica e dottrinale che caratterizzerà tutta la Massoneria italiana, anche all’interno delle Obbedienze generate dalla scissione del 1908, e che permetterà un progressivo rientro dell’antimassonismo nel sistema politico e nella propaganda di massa contro la “setta verde”.

 Il Grande Oriente d’Italia, agli albori della unificazione, nel 1872, arriverà a contare ben 171 Logge attive, con ben 15 operanti all’estero ([46]).

 Alla fine del secolo XIX, le Logge aperte alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo divennero ben duecento. Un radicamento massonico che rappresentava, anch’esso, le due spinte della Libera Muratoria italiana: da un lato, la sua egemonia nella rete radical-democratica e di militanza anticlericale, su quel livello di cui Benedetto Croce, erede di una tradizione massonica familiare che va dai fratelli Spaventa alla eredità dei Principi Gironda di Canneto, parlerà con ironia di “associazioni in cui si ritrovano il farmacista e il maestro elementare, a parlare di diritti universali nell’osteria del paese” ([47]); dall’altro lato l’identificazione, necessaria per il liberalismo moderato che rappresentava la classe dirigente unitaria, tra Libera Muratoria, Stato e Nazione.

 É su questa torsione che si concentrerà l’azione della Chiesa Cattolica, tesa sia a recuperare parte delle masse popolari sedotte dal radicalismo socialisteggiante con nuove iniziative di apostolato sia a sedurre, anche con il timore della “sedizione universale”, parte delle classi dirigenti che pure avevano visto con favore la colta sociabilitè massonica.

 La questione, a questo punto, riguarda la forma e la struttura interna delle classi dirigenti italiane nella fase che va dalla fine del Risorgimento a quella del secolo XIX.

 Se è vero che la Massoneria e l’élite politica liberale non riescono a comprendere il mondo nuovo, fatto di partiti di massa e non di partiti-comitati elettorali, la crisi strutturale della Libera Muratoria si concentra nel Decennio Giolittiano, fase in cui lo statista di Dronero riesce a manovrare la Massoneria ma anche la Chiesa Cattolica, accettando la evoluzione della rappresentanza politica dei cattolici nel “Patto Gentiloni” ([48]) ed evitando ogni sovrapposizione tra la sua immagine e quella dell’Obbedienza ([49]). Molto dell’astio del Fratello Gabriele d’Annunzio contro il “boia labbrone”, Giolitti, durante la Questione di Fiume, verrà anche dalla nuova freddezza con la quale il “burocrate piemontese”, il “ministro della malavita”, come lo bollerà Salvemini, guarda alla Fratellanza e a tutto il mondo degli idealismi risorgimentali e rivoluzionari.

 Né è estranea a questa nuova impostazione della Massoneria la tendenza, da parte di Giuseppe Garibaldi e dei suoi più stretti collaboratori a mettere in campo una sorta di special relantionship con la Casa Savoia, sia in funzione anticavouriana che in termini di autonomia della sua politica da quella mazziniana, in un progetto di “sinistra militare” che forzerà la mano del Conte di Cavour durante il Risorgimento e che favorirà una relazione asimmetrica tra la Casa Regnante sabauda, le reti sansimoniane piemontesi e liguri, la Massoneria meridionale ancora fredda sul progetto unitario ([50]). Anche questo è un progetto, come quello cavouriano, di egemonia “di parte” sull’Obbedienza che ha costituito, in una complessa unità, la trama del Risorgimento.

 I ceti deboli hanno bisogno di protezione, e sono alla ricerca di una rappresentanza che, all’ombra della relazione elettorale, divenga tale da costringere informalmente i parlamentari eletti a passare da una concezione liberale della loro funzione come legislatori, implicata nell’abolizione moderna del “vincolo di mandato”, ad un sistema di patronage degli eletti di carattere parasindacale e stabile.

 É la storia del sistema elettorale al Sud, fin dall’inizio dell’Unificazione nazionale, ma anche del moderatismo toscano e del modo in cui il sistema della proprietà agricola emiliana si trasforma in una macchina da voti, favorita dal suffragio ristretto che escluderà gran parte delle masse da una qualsiasi rappresentanza politica ([51]).

 Il suffragio universale maschile arriverà, come si ricorda, nel 1912, in Italia, con delle norme che escluderanno parzialmente gli analfabeti, che possono esercitare l’elettorato attivo dai 30 anni, ma con l’estensione del diritto a tutti i cittadini che abbiano comunque svolto il servizio militare. É una legge che viene dopo la Campagna di Libia, quella in cui “la Grande Proletaria si è mossa”, per usare la famosa frase iniziale del discorso a favore della missione militare del Fratello Giovanni Pascoli.

 In rapida successione, vediamo il 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, il 1921, anno della fondazione del Partito Comunista d’Italia al Teatro Goldoni di Livorno, il 1922, con la Marcia su Roma.

 

  Pochissimi anni prima del Suffragio Universale italiano si consuma la scissione massonica del 1908. Insomma, tutta la classe dirigente italiana, Massoneria compresa, non regge alla massificazione della politica, e il sistema degli equilibri definito dal Risorgimento, di cui spesso la Fratellanza si fa garante, crolla rapidamente sotto i colpi di quella che è stata chiamata “la traduzione italiana del colpo di Stato di Lenin” ([52]).

 Il sistema di protezione delle élites è rappresentato ancora, e soprattutto, dalla Massoneria, proprio in funzione del suo stretto collegamento con la classe dirigente che ha fatto l’Unità d’Italia.

 Ma, sul piano politologico, la questione è più sottile e interessante. Ovvero: la Libera Muratoria italiana, in un sistema di relazioni politiche che, proprio grazie al suffragio ristretto, vanifica gli effetti di una militanza ideologica delle masse, e quindi anche di quei ceti che hanno sostenuto, nella via carbonara o in quella strettamente massonica, il Risorgimento, si trova a costituire una rete di protezione sia contro le parti della classe politica che già guardano alla Chiesa come nuova “guardiana dell’ordine sociale” che contro il socialismo che, pur nato da un gruppo nel quale i massoni erano fortemente rappresentati, si mostra subito incapace, anche nelle sue fazioni riformiste, di unire democraticamente “nazione e popolo”, progetto che peraltro non riuscirà nemmeno al fascismo, costretto a venire a patti con il Papato tramite i Patti Lateranensi e quindi del tutto disposto a abbandonare a se stessa quella Massoneria che pure lo ha covato attentamente nel suo grembo.

 Detto tra parentesi, il 23 Marzo 1919, a Piazza Sansepolcro di Milano, data e luogo di nascita del Fascismo, la sala per Mussolini e i suoi neonati Fasci di Combattimento è messa a disposizione dal Fratello Cesare Goldmann, alla presenza del vecchio garibaldino Luzzatto, massone, e da altri 18 Fratelli, tutti dell’Obbedienza di Palazzo Giustiniani ([53]).

 

  La questione della presenza della Fratellanza liberomuratoria nel sistema del potere politico e economico italiano quindi si pone, al di là di ogni questione moralistica o giuridica, come essenziale per capire la correlazione storica tra l’Oriente italiano e il Risorgimento e la sua evoluzione-trasformazione nella temperie della politica di massa, che subito assale il sistema di relazioni messo in campo dall’èlite che ha compiuto l’unificazione nazionale.

 La costituzione della Loggia “Propaganda 2”, proprio nella fase della conclusione del progetto unitario con il XX Settembre romano, è un segno di questa trasformazione di tutta la classe dirigente italiana. Adriano Lemmi, radicale mazziniano livornese, ne prende le redini e la conduce sulla base di due linee strategiche che abbiamo già visto all’opera nella polarizzazione sia della classe politica che dell’intero Oriente italiano alla fine del Risorgimento.

 Ovvero: allontanamento della “destra” e della “sinistra” interne all’Obbedienza, evoluzione e attenuazione del tradizionale anticlericalismo massonico, riuscita identità tra Stato e Obbedienza che, però, regge solo fino a quando nello Stato unitario italiano non arrivano, dalla guerra di Libia in poi, le masse, che ne determineranno la completa destrutturazione con il Fascismo e, pure sconfitto, il comunismo.

 Tutti fenomeni che nascono, in Massoneria, da lontano: da un vagheggiamento da parte di Cavour di una “democrazia cristiana” venata di sansimonismo e erede del cattolicesimo liberale del probabile Fratello Alessandro Manzoni, con il quale il Conte Benso amava farsi vedere a braccetto per Torino ([54]), al già citato progetto di “sinistra militare” in una alleanza tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II contro la “cricca” cavouriana, alla presenza, pur breve, dello stesso Garibaldi come Gran Maestro dell’Oriente palermitano e meridionale, venato ancora di murattismo e ancorato ad una idea regionalistica della costituzione muratoria nazionale italiana.

 La crisi liberomuratoria italiana è presente, anche nel pieno del fulgore risorgimentale, all’interno di tutte le mouvances massoniche italiane.

 

  La Gran Maestranza di Lemmi (1885-1896) e quella successiva di Ernesto Nathan (1896-1904) furono caratterizzate sia da un radicamento forte ed ulteriore dell’Obbedienza su tutto il territorio nazionale, sia da una difficile relazione della Massoneria nazionale con il mondo politico e, per certi aspetti, con la costellazione internazionale liberomuratoria che aveva grandemente favorito l’Unità nazionale. É la fase della Humanum Genus di Leone XIII, durissima contro la “sinagoga di satana”, ovvero la Massoneria, e delle operazioni che oggi chiameremmo di defamation strategica dell’Obbedienza, con l’affaire di Leo Taxil (Gabriel-Antoine Jogand-Pagés) e della lunga questione del ruolo delle donne nella Massoneria.

 Una tematica che la Chiesa Cattolica utilizza su due piani: quello strettamente popolare, con la denuncia, mutuata dai libelli di Taxil, di una “immoralità profonda delle Logge” e su quello propriamente iniziatico, nel contesto di una serie di tensioni culturali che attraversano, nell’eredità del culto sansimoniano della “Grande Madre” (e della conseguente sinergia tra Oriente e Occidente nella figura di Fatima, la figlia prediletta del Profeta) e della teosofia della Blavatsky, le Logge francesi e britanniche, che pure vedranno lo sviluppo dell’esoterismo “nero” della Golden Dawn fondata da Alistair Crowley in cui siederà la moglie di Oscar Wilde.

 

  É tutto un fermento esoterico, con forti venature “profane”, che innescherà sia la defamation di parte della Massoneria internazionale che la sovrapposizione tra esoterismi irregolari e rituali interni di organizzazioni apertamente antimassoniche e antiliberali, come quelle in futuro attive nel Terzo Reich (la Ahnenerbe alla quale parteciperà anche il barone Julius Evola) o sincretistiche, come tutti quei culti “terrestri” che poi sfoceranno nella pop culture degli anni ’60 ([55]).

  In altri termini, la Massoneria tradizionale viene da un lato attaccata sul piano delle sue radici illuministe, teiste e razionaliste, che peraltro sono caratteristiche di regimi non partecipativi (si veda la polemica crociana contro l’ “astrattismo” dell’Illuminismo napoletano e la fine della Rivoluzione napoletana del 1799, criterio di lettura della realtà italiana sia per Croce che per la “rivoluzione passiva” di Gramsci) sia per le sue radici esoteriche, che vengono sovrapposte o a un satanismo piuttosto pop già allora o a vere e proprie truffe internazionali, come quella di Taxil e delle tradizioni teosofiche, L’Erreur Spirite, come lo definirà duramente il già Fratello Renè Guenon..

 Un attacco concentrico che vedrà l’Obbedienza rispondere su due livelli: quello del rapporto con il potere politico ed economico, in USA e in Europa ([56]) e quello della revisione iniziatica della Tradizione, con una rilettura del nesso tra Chiesa Cattolica e Obbedienza e tra esoterismo “bianco” e cultura massonica e con la ripresa di un sincretismo culturale tra l’Islam che oggi definiremmo “moderato”, soprattutto nell’universo sufi, Ebraismo, Cattolicesimo, Chiese Riformate.

 Ma qui siamo ben oltre l’equilibrio, che si stabilisce nel Risorgimento, tra Massoneria, Razionalismo, idea di Nazione. Un equilibrio tra esoterismo e politica che sottolinea il Deismo razionalista, si pensi alle battaglie di Garibaldi per la legalizzazione della cremazione dei cadaveri ([57]) e la tematica della “superstizione” riferita ai dogmi e alla liturgia della Chiesa Cattolica, una logica che unifica il vecchio Deismo settecentesco, che però ateo non è e non si dichiara tale, e le ben più feroci polemiche anticattoliche di settori del positivismo e del materialismo rivoluzionario che, da Gracco Babeuf fino a Buonarroti, invece fanno del mito materialista l’asse della rivolta contro il “Vecchio Regime”.

 Una perdita del ruolo unificante dell’esoterismo, anche rispetto alle Religioni rivelate, che pure era stato praticato nelle Logge sia della Stretta Osservanza che di molti Riti Scozzesi Antichi e Accettati, e che impedirà a gran parte della Fratellanza italiana di comprendere il ruolo non solo politico, ma anche culturale della Chiesa Cattolica, ruolo che invece sarà perfettamente compreso dal nuovo idealismo di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, che recupereranno il progetto “moderato” del Risorgimento in chiave extra o talvolta antimassonica ([58]).

 In termini gramsciani, potremmo dire che il “Manifesto dell’Idealismo Italiano” compie quella Rivoluzione passiva che la Massoneria non riesce a concludere, pur iniziandola, nella sua fase risorgimentale nella Penisola.

 E, non a caso, si tratta della ricostruzione di uno spiritualismo “laico” che permette, pur nella durissima condanna ai due filosofi da parte della Chiesa Cattolica, un raccordo tra i ceti che sono stati in gran parte emarginati dal processo di unificazione della Nazione, e che la Massoneria non riesce a penetrare o a rappresentare del tutto, anche nella vasta piccola borghesia italiana che si affaccia, nella fase post-unitaria, alla Vera Luce dell’Oriente.

 Quando, anni dopo, il Gran Maestro Giordano Gamberini si porrà, con raffinata preparazione culturale e teologica, la questione di un rapporto diverso tra l’Obbedienza e la Chiesa di Roma, ormai la lotta sarà terminata, con la sostanziale vittoria del Papato nella battaglia per l’egemonia della formazione della classe dirigente italiana e con la verifica di un rapporto forte, anche se ben più complesso di quanto non sia apparso agli storici contemporanei, tra il Vaticano e la maggiore potenza massonica moderna, gli Stati Uniti d’America ([59]). Myron Taylor, massone evangelico, verifica la fine della ideologia risorgimentale nella classe dirigente residua dopo la fine del Fascismo in Italia, e accetta una special relationship con quella rete che il Vaticano, anche durante gli “anni del consenso” al regime mussoliniano, non ha mai cessato di tèssere la sua tela per gestire il dopo-fascismo.

 Una scelta che invece, in tutt’altro contesto storico, la Chiesa spagnola non farà, sulla base degli input del Fondatore dell’Opus Dei, San Josemarìa Escrivà de Balaguer, che impedirà all’Episcopato spagnolo di ubbidire all’ordine di Paolo VI che impone la costituzione di una “Democrazia Cristiana” nella fase di evidente ma lento crollo del regime franchista ([60]).

 É questo l’asse interpretativo che, a nostro avviso, occorre utilizzare per valutare, anche nella fase risorgimentale, il rapporto tra gli Orienti italiani e il mondo ebraico.

 Le comunità israelitiche utilizzano la Massoneria come strumento, talvolta il principale, per entrare nella società italiana dell’epoca sulla base di criteri di eguaglianza e di mutuo rispetto.

 Rav Asculai, a Tunisi, non condanna nel 1774 ([61]) gli Ebrei che intendono far parte dell’Oriente, in una comunità, quella ebraico-tunisina, che darà molti dirigenti alla Massoneria italiana e all’Ebraismo, soprattutto livornese, dai Gallico ai Bensasson ai Liscia, tutti ebrei “grana” (la parola che in gergo indica Livorno) i quali faranno da ponte alle prime comunità israelitiche che, in Livorno o Firenze, avranno rapporti o entreranno nella Fratellanza.

 La Rivoluzione del Trinomio, a Parigi, renderà liberi dai tradizionali gioghi gli Ebrei francesi, e Freud, da bambino, avrà come mito il generale napoleonico Massena (Manasseh, in ebraico) come il semita Annibale contro ai “gentili” Romani ([62]).

 Durante il Fascismo, la connessione tra Ebrei, Massoneria e bolscevismo verrà tematizzata da tutta la propaganda antisemita che vedrà in questo chiasmo tra ebraismo, fratellanza e Rivoluzione l’asse della “cospirazione” contro le rivoluzioni conservatrici che domineranno, temporaneamente, la penisola eurasiatica.

 Se, come indica la domanda maliziosa di Henry Kissinger a Zhou Enlai su cosa pensassero i comunisti cinesi della Rivoluzione Francese (“è troppo presto per dirlo”, rispose il ministro degli Esteri di Pechino) il modo corretto di interpretare le rivoluzioni socialiste e comuniste è quello di misurare il loro rapporto con la “rivoluzione borghese” per eccellenza, quella, certo molto legata all’Oriente, del 1789, allora il criterio per valutare i fascismi europei è quello di analizzare il loro rifiuto della “rivoluzione illuminista”, cosmopolita e laicista, in relazione alla loro restaurazione rivoluzionaria del “Volk”, della razza e dei valori castali e antiegualitari[63].

 In tutta la pubblicistica reazionaria, nazionalista e fascista, nelle varie fisionomie che assumerà nel ventennio italiano, Massoneria e Ebraismo sono collegate tra loro in funzione di quello che, per molti polemisti del Fascismo imperante, sarà definita la questione del “controrisorgimento” ([64]).

 Il processo di riunificazione nazionale è, per gli ideologi di certo fascismo, una controrivoluzione nella direzione del naturale particolarismo pre-moderno, la sostituzione del mito dell’Imperium europeo e fascista con quello delle nazioni laiche, il ricongiungimento della rottura del nesso tra Trono e Altare ( e comunque la fine della sacralità mistica e autonoma della politica) e, soprattutto, in termini uguali e contrari alla vecchia storiografia marxista, l’arrivo della borghesia al potere.

 Poco importa che la storiografia della sinistra marxista non sia più giustificabile nella sua definizione della Rivoluzione Francese come semplice “presa del potere da parte della borghesia”, visto che oggi, dopo le ricerche di Furet, sappiamo che il moto del 1979 conteneva varie sensibilità politiche e una pluralità di progetti sociali ([65]).

 Ma la controrivoluzione fascista è un contropelo del marxismo bolscevico, e la sua polemica antimassonica ripete, in direzione inversa, la lotta della Terza Internazionale e dei partiti che la formano contro il “cosmopolitismo”, termine inequivoco di massonismo rivoluzionario.

 Se il comunismo sovietico è il tentativo di una egemonia della nuova Russia all’interno del mondo europeo, ed è finalizzata a sostituire l’egemonia della penisola eurasiatica con il dominio della Russia e del suo corridoio asiatico, allora il fascismo e il nazismo sono antirisorgimentali, e quindi antiebraici, nella misura in cui identificano il Risorgimento, o il lungo processo nazionale dell’Illuminismo, come progetti di egemonie nazionali dentro un perimetro borghese e in un’ottica di equilibrio, di concerto pacifico tra le Nazioni.

 Ma torniamo alla correlazione tra Ebraismo e massoneria nel Risorgimento italiano. Sono i fratelli Benarrida che importano nell’Oriente italiano, e questo non è affatto un elemento secondario, il Rito di Mizraim.

 Una simbologia massonica che parte dalla Loggia della Perfetta Unione, fondata a Napoli nel 1728. Si tratta di una struttura che accolse il principe di Sangro, occultista e studioso di alchimia, il principe Cantelmo, il cavaliere d’Aquino di Caramanico, e che definisce un proprio Ordine “egiziano” nell’ambito del suddetto Rito di Mizraim.

 Il mito di fondazione è significativo per capire la correlazione tra Ebraismo risorgimentale e il rito “egiziano”. Mizraim è il termine che la Bibbia usa per definire l’unione di Alto e Basso Egitto, e nell’universo massonico viene storicamente collegata ad una Loggia di sociniani unitariani costituita a Venezia alla fine del ‘600. Il nesso è quindi chiaro: unitarismo religioso, riferimento esoterico e rituale alle origini bibliche, riferimento quindi alle origini specificamente ebraiche dell’iniziazione e della Fratellanza.

 É il Venerabile della Loggia veneziana Polacco che, come è molto probabile, definisce nell’ordine di Mizraim i gradi dal 69° al 76°, che hanno una spiccatissima simbologia ebraica (e quindi non templare, come nei gradi “amministrativi” dal 30° al 33° del Rito Scozzese Antico e Accettato) e non hanno particolari riferimenti con gli aspetti di “cristianesimo rinnovato” che invece sono implicati nella Stretta Osservanza, e non hanno nemmeno riferimenti espliciti alla Riforma, sia pure mediati dal testo biblico, come accade nei gradi, anche “azzurri” (dal 1° al 3°, “maestro”) delle Logge inglesi del Rito di York, di quello dell’Arco Reale o comunque di tutta la tradizione che potremmo definire “cromwelliana” della Massoneria britannica, sempre più cristiana e biblica di quella francese, che è invece più orientaleggiante e, almeno in apparenza, maggiormente alchemica e occultistica.

 É bene, a questo punto, ricordare come fu proprio Giuseppe Garibaldi ad essere investito del titolo supremo di “Gran Ierofante” del Rito di Memphis e Mizraim nel 1881, nella fase in cui, dall’altra parte del mondo massonico, prevaleva nel GOI il Rito Scozzese Antico e Accettato e quello Simbolico, di minore impronta ebraica nel simbolismo, che pure riprende in gran parte l’universo semantico e concettuale del testo biblico.

 É ovvio, quindi, che gli Ebrei entrano nella Massoneria risorgimentale per sostenere, simultaneamente, la loro identità di popolo e la loro piena e uguale presenza nella compagine nazionale. Un processo che, peraltro, anche fuori dalle Obbedienze massoniche italiane, caratterizza la forte presenza del mazzinianesimo tra le Comunità Ebraiche italiane nella fase di inizio e rafforzamento del processo unitario nazionale.

 Mazzini, è bene qui ricordarlo, muore a Pisa nella casa di Pellegrino Rosselli, membro di una famiglia che avrà un ruolo non certo irrilevante nella storia del Risorgimento, della Massoneria e dell’Antifascismo democratico e liberale. Ma gli Ebrei italiani, che solo l’arrivo di Napoleone, con l’unica eccezione della multiculturale “città-porto” di Livorno, ha liberato da antiche soggezioni e limitazioni, leggono la Fratellanza Massonica sia come un elemento di integrazione nella società liberale e nel ceto medio, al quale spesso appartengono per censo; ma vivono la presenza in Loggia come una forma di integrazione della loro cultura, anche esoterica e sapienziale, nell’insieme dell’esoterismo sia cristiano che “egizio” o comunque alchemico che caratterizza parte della Libera Muratoria sia italiana che europea.

 Abbiamo già citato la creazione di gradi del Rito di Memphis-Mizraim fino al 90° che hanno, diversamente da molti di quelli del Rito Scozzese Antico e Accettato o da quelli del Rito Simbolico, elementi diretti di riferimento all’Ebraismo e, in particolare, alla tradizione cabalistica presente ancora in molte Comunità israelitiche italiane.

 Si pensi alla già citata Venezia, e si pensi soprattutto a Livorno, dove il rabbi Elia Benamozegh riesce a coniugare emanatismo cabalistico, simbologia dell’Ebraismo italiano e, se non la Massoneria, alla quale non risulta iscritto, le tensioni verso l’unità politica nazionale e l’unificazione delle religioni monoteiste, attitudine che porterà Benamozegh ad uno stretto rapporto epistolare sia con il cattolico Gioberti che con Giuseppe Mazzini.

 Nella Comunità degli Ebrei livornesi i discorsi del Rabbi di origine maghrebina, come molti degli imprenditori ebrei della città labronica, pongono la Nazione italiana unita appena un gradino al di sotto della tematica, sia politica che esoterica, del ritorno delle Tribù Israelitiche verso la Terra Promessa[66]. Cabbala “luriana” emanatista, collegamento con la lunga tradizione dell’alchimia che permane nelle classi dirigenti italiane dal “Circolo di Via degli Orti Oricellari” fiorentino, frequentato da Marsilio Ficino, Niccolò Machiavelli e, in anni successivi, da Amerigo Vespucci, apertura alla filosofia “profana”, e Benamozegh sarà il primo di una lunga serie di studiosi che leggerà con chiarezza la presenza del cabalismo nella filosofia di Spinoza, e quindi dell’esoterismo ebraico nel movimento sociniano, un’area dalla quale, come abbiamo visto, avranno origine le Logge “egizie” veneziane, e peraltro anche la tradizione esoterica, sempre sociniana, alla Corte di Praga di Rodolfo II, con la predicazione unitariana di Francesco Pucci, e la presenza di elementi unitariani nel mondo slavo, polacco fino alla Corte degli Zar moscoviti ([67]).

 Un filone di pensiero che sarà riferibile anche alla tradizione cromwelliana e alle tematiche, sempre in ambito della Stretta Osservanza Templare, riguardanti la ricostruzione di un Imperium europeo di radice cristiana esoterica e, inevitabilmente, legato ad una riconsiderazione del ruolo del Papato sia come Soglio di Pietro che come figura terrena del Messia Risorto.

 La questione del Messia, essenziale per capire, sia nell’universo ebraico che in quello cristiano il nesso tra Religione e Politica, è oggi al centro di una questione interessante che riguarda lo Sciismo Duodecimano in Iran, dopo la Rivoluzione Islamica del 1979.

 Rabbi Ezra di Gerona (XII-XIII secolo) afferma che “gli Ebrei ingenui affermano che il Messia non è venuto ma verrà. I cristiani ingenui dal canto loro dicono che il Messia non verrà, ma è venuto, entrambi si sbagliano. Il Messia non è venuto e non verrà, ma sta venendo ora” ([68]). Se il Messia che definisce la “fine dei tempi” è sempre in fase di arrivo, allora si definisce un modello della comunità politica nel quale le scelte del popolo non sono in funzione di un singolo sistema dottrinario, ma invece si presume che la prisca philosophia, quella all’origine della tematica neoplatonica tanto cara al Machiavelli, sia sempre e comunque all’opera nell’universitas dei cittadini. Tutto accade ora, e quindi non occorre aspettare chi è già venuto, sia pure in una dimensione invisibile agli occhi ma materialmente presente nella storia di tutti gli uomini.

 Un fondamento insieme universalistico e nazionale dell’ “autonomia del politico”, vera e propria religione dei moderni ([69]) e fondamento della identità delle élites politiche, prima massoniche, ebraiche o riformate e poi, con la costituzione, in funzione antimodernista, del “partito dei Cattolici”, elemento tipizzante anche della presenza della Chiesa di Roma nella politica contemporanea.

 Nel caso dell’Islam iraniano politico, al quale prima facevamo riferimento, la “Fine dei Tempi” portata dal Mahdi. Il Dodicesimo e Ultimo Imam, è caratteristica di una tematica antiuniversalistica dello sciismo, che acquisisce, per così dire in proprio, il ruolo di Salvator Mundi che la “religione dei moderni” dell’Occidente attribuisce alla sintesi, sempre temporanea e sempre in fieri, delle tradizioni religiose e laiche della cultura europea ([70]).

 L’esoterismo politico occidentale, massonico, ebraico e persino cristiano è una teologia occulta dell’origine, la teologia della “fine dei tempi” sciita e duodecimana è una ideologia del dopo, di una universitas umana pacificata e unita solo attraverso l’apparizione di una nuova dottrina che integra, imprevista, le sapienze parziali che hanno caratterizzato sia l’Oriente che l’Occidente del monoteismo. Ma tutto deve accedere sotto l’egemonia della Comunità visibile della Shi’a, non vi è sincretismo possibile nel pensiero politico degli Imam di Teheran.

 L’Ebraismo risorgimentale e massonico, così fortemente legato all’identità politica unitaria italiana, è quindi un tentativo di sintesi, per molti aspetti ben riuscita, tra la tradizione delle Comunità di Ebrei nella Penisola e i nuovi sistemi politici che il Risorgimento “dal basso” tende ad assumere.

 Per gli Ebrei italiani, il processo risorgimentale manifesta tutte le caratteristiche che da sempre animano il pensiero ebraico, sia nazionale che della Diaspora europea: la libertà “dei moderni” è da sempre presente, secondo il Rabbino piemontese Giuseppe Levi, nella tradizione originaria di Israele ([71]).

 Anche Hermann Cohen, il filosofo neokantiano di Marburgo, riterrà come dono supremo dell’Ebraismo al mondo l’idea dell’Unicità Assoluta di Dio ([72]) e sarà l’eterodosso filosofo Henri Bergson, pochi giorni prima della sua morte, ad apporsi sul petto con orgoglio la stella gialla di Ebreo che il regime di Vichy aveva imposto a tutti i membri della Comunità Israelitica francese.

 Se Dio è Unico, è unica anche l’Umanità, e se essa è Unica, ed è tale fin dall’Inizio dei Tempi, non vi è Fine del Tempo ma realizzazione progressiva, qui e ora, della natura profonda degli esseri umani, che va dis-velata dalle scorie delle “superstizioni”, che non sono le religioni rivelate, ma l’uso finalistico e essoterico che di queste viene fatto dalle varie gerarchie.

 Si pensi, a questo punto, quanto la tematica del dis-velamento, divenuta volutamente ambigua, giochi un ruolo essenziale nella filosofia di Martin Heidegger. Ecco come, in effetti, l’esoterismo ebraico italiano, trasformandosi in progetto politico unitario, incontra naturalmente sulla sua strada la Fratellanza Massonica, che pure permette agli Ebrei italiani la possibilità di una rapida e spesso indolore integrazione nelle élites nazionali, processo che altrimenti avrebbe preso tempi ben più lunghi.

 Hiram, il Maestro del Tempio di Salomone, Re di Tiro ( e qui ritorna l’aspetto occulto e simbolico del Libano, tra Cantico dei Cantici e Pentateuco) viene ucciso per carpirgli la “parola”, la reintegrazione simbolica nel tempo tra realizzazione del “Dio nell’Uomo” e l’Entità Unica esterna al Mondo, ed egli è, come afferma Benamozegh, “di madre ebrea” (quindi Ebreo) e di padre di Tiro, in un rapporto tra elemento femminile e potere politico che si realizza, nella tradizione israelitica, anche nella fase della Cattività Babilonese, e il Rabbi livornese fa notare come nell’opera di Hiram si fondono, per la costruzione del Tempio, simbolo e fine dell’Umanità, Israele e il mondo dei Gentili, e soprattutto è la tradizione ebraica a permettere, prima testimonianza del Dio Unico, la separazione del vero e del falso nelle varie culture religiose e esoteriche dell’umanità ([73]).

 Un Maestro Venerabile non avrebbe detto di meglio, nella Piena Luce dell’Oriente. E qui si nota la capacità dei membri più attenti alla politica delle Comunità Israelitiche italiane dell’Ottocento di muoversi in parallelo tra Giovane Italia, Logge sansimoniane che, come abbiamo visto, giocheranno un ruolo non secondario nella fondazione del Socialismo Italiano, Massoneria, organizzazioni benefiche e umanitarie sia di matrice ebraica che laica.

 La questione del sansimonismo, in correlazione a quella del ruolo politico e risorgimentale della Massoneria italiana, è, come già abbiamo visto, tutt’altro che marginale. Il “Nuovo Cristianesimo” del Fratello Saint-Simon, legato ad una teologia del lavoro e a una analisi attenta dell’Ordine sociale che dovrà scaturire dalla nuova società fondata sul Trinomio del 1789, è il tentativo più organico, con la successiva elaborazione del Positivismo dei temi sansimoniani, di costruire una religione unitaria nuova che sia omogenea alla società dei liberi e degli uguali che è sorta dalla Rivoluzione Francese, il “miracolo” (ma in senso negativo, negromantico, come la chiamò De Maistre) e che comprenda l’economia e la finanza nel nuovo sistema “ordinato” della Società razionale.

 Non a caso lo stesso Gioberti avrà iniziali simpatie sansimoniane, e molti Ebrei passeranno senza soluzione di continuità, spesso all’interno dell’Ateneo pisano, dal repubblicanesimo al sansimonismo e da questo alla Massoneria, come fer de lance del progetto unitario italiano.

 Si pensi, da questo punto di vista, al ruolo dei sansimoniani del Pére Enfantin, egli stesso di origine ebraica, nella definizione delle “banche mobiliari” e degli investimenti nelle ferrovie, che porteranno gli adepti del sansimonismo, tramite canali massonici, a finanziare e costruire gran parte delle vie ferrate in Europa e, addirittura, nella Russia zarista.

 É il nesso tra esoterismo della Grande Madre e di Fatima, che il Père andrà a cercare nel Maghreb, tra sétte sufi (che hanno un rituale di entrata simile a quello massonico) e cristianesimo monacale, tra Islam “nascosto”, ebraismo maghrebino e i nuovi stiliti del Sahara, una tradizione che dura ancor oggi ma che è caratteristica di una figura, per molti versi straordinaria anche sul piano esoterico e dottrinale, quella di Padre Charles de Foucauld ([74]) .

 Fu, e non è un caso, un Rabbino itinerante, Mardocheo Aby Serour ad “insegnare il deserto” al giovane eremita francese, già ufficiale e membro del Deuxiéme Bureau.

 In termini più generali, la Massoneria riesce, anche grazie alla partecipazione esoterica e politica degli Ebrei italiani del Risorgimento, ad essere quello che dovrebbe manifestarsi davvero in una cerchia iniziatica: la differenza tra “esterno” ed “interno” di una dottrina, tra il “profondo” e il “superficiale”, secondo la tradizione dell’Islam nascosto che Guenon andrà a esperire al Cairo, alla fine della sua vita, e questo, beninteso, ha un grande rilievo politico.

 Il nucleo iniziatico di una dottrina rappresenta, per certi versi, la sua “strategia globale” e il suo criterio di adattamento non subalterno alle trasformazioni del sistema politico e culturale, e questo, detto tra parentesi, è proprio il limite di molte delle dottrine religiose contemporanee.

 La Chiesa cattolica ha recuperato, proprio a partire dal Suo Papa più apertamente antimassonico, Leone XIII, gli aspetti occulti della dottrina di Roma, si pensi a questo riguardo alle apparizioni di Fatima ([75]), proprio quella immagine, che nel loro caso non è riferibile direttamente alla Santa Vergine, che andavano a cercare i sansimoniani nel Maghreb, forse sulle orme di Dom Sebastiano, Re del Portogallo, Sovrano invisibile che segnerà la pienezza dei tempi portoghesi secondo il mito sebastianista riportato, come già abbiamo notato, dal Fratello Fernando Pessoa nel suo poema iniziatico Mensagem ([76]). Se quindi la Libera Muratoria si trasforma, come è avvenuto, spesso, nel Risorgimento italiano, in semplice strumento di lotta politica, allora essa tende a perdere la sua capacità di unire tutte le tensioni che albergano al suo interno, e non riesce a fondere, come spesso abbiamo osservato, la sua “destra” e la sua “sinistra”, entrambe peraltro pervase da riferimenti dottrinali, esoterici e occultistici tali da permettere l’elaborazione di una propria “Grand Strategy”, di una specifica “aria di famiglia” concettuale, per usare l’espressione di Ludwig Wittgenstein.

 Quindi, sulla base di queste ultime considerazioni, l’Ebraismo che penetra la Massoneria italiana nella fase preunitaria del XIX secolo si rivolge al sansimonismo, magari attraverso, come capiterà a David Levi, la mediazione dei repubblicani toscani, perché il mito del “Nuovo Cristianesimo” di Saint Simon e il culto della Donna dei successivi positivisti comtiani rappresenta una concreta possibilità, per la Libera Muratoria, di divenire il riferimento, attraverso una sorta di cristianesimo riformato e “mistico”, dove il Messia si realizza in ogni tempo attraverso il perfezionamento dell’Umanità, dei ceti popolari che ancora non hanno abbandonato l’universo politico e organizzativo della Chiesa di Roma.

 Riforma interna del Papato o trasformazione eterodiretta da parte del Cristianesimo occulto che arriva dalla Massoneria francofona, unità d’Italia presieduta dal Papa, secondo il progetto del “Primato” del Gioberti o riforma della tradizione cristiana, per renderla adatta ai tempi nuovi, che venga gestita dai circoli aderenti alla Massoneria: tutte tematiche che trapassano dal Risorgimento italiano per arrivare alla crisi modernista e al Concilio Vaticano II.

 La questione del laicismo religioso e della Libera Muratoria, e dei numerosi Ebrei che lavorano nelle Officine massoniche durante il Risorgimento si ripete, alla conclusione del processo unitario italiano, nella figura di Ernesto Nathan. Figlio di Sarina Levi, legata a Mazzini, nella famiglia di Nathan si ripetono tutti gli stilemi dell’Ebraismo massonico risorgimentale.

 Sovrapposizione di fatto tra universalismo liberomuratorio e primato della Rivelazione del Dio Unico al popolo Ebraico, sentimenti sansimoniani (che non saranno estranei allo stesso Mazzini) e forte laicismo rispetto alla Chiesa di Roma.

 In altri termini, e proprio attraverso la specifica sensibilità degli Ebrei massoni italiani del XIX secolo, la Muratoria nazionale vuole proporre un sistema organico alla evoluzione della società moderna, e la “nuova religione”, oltre la “superstizione” di tutte le organizzazioni passate, che la Massoneria propone è appunto un tentativo di sostituire, con un universo strutturato di simboli e di riferimenti concettuali e comportamentali, il vecchio universalismo religioso che non regge, e non reggerà, alla pressione dell’atomismo sociale che nasce dal 1789 e dal liberalismo economico diffuso.

 La Massoneria italiana, legandosi strettamente alla classe politica post-unitaria, morirà con essa e non reggerà né al Fascismo, che pure, con Giovanni Gentile, recupera credibilmente il mito mazziniano ([77]), né alle masse socialiste e cattoliche, con le prime ormai mosse dal mito del Risorgimento come “rivoluzione incompiuta” e borghese, estranea al nuovo universalismo degli “sfruttati” e dei proletari, le seconde legate al modello della Rerum Novarum, l’enciclica di Leone XIII che legge il capitalismo e la società liberale non solo come “errori” ma come fasi transeunti dell’organizzazione economica dell’Umanità.

 Karl Marx, nel suo “Manifesto del Partito Comunista”, avrebbe chiamato, prima che esso apparisse all’orizzonte della storia, l’anticapitalismo cattolico come “socialismo feudale”.

 Il mazzinianesimo di Nathan, in un contesto sociale nel quale le classi subalterne sono ancora dominate da organizzazioni antimoderne, non riesce a raggiungere la gran parte della pubblica opinione e, in una società sia pur parzialmente democratica e pluralista, vincerà progressivamente l’Antimassoneria, con il paradosso di una unità nazionale italiana, raggiunta spesso attraverso miti e organizzazioni liberomuratorie, che diviene appannaggio proprio di quelle forze che intendono applicare, come se niente fosse successo, l’organicismo delle società precapitalistiche al nuovo sistema liberale, parlamentare e atomizzante che è sorto in Italia con l’unità nazionale.

 Un unicum nei sistemi politici europei: la Francia recupererà i cattolici all’interno della classe dirigente paramassonica attraverso una lenta evoluzione neogallicana della cultura cattolica locale ([78]), ma in posizione sostanzialmente secondaria (si veda, a questo proposito, la fine ingloriosa della “Democrazia Cristiana” francese durante il gollismo); la Spagna vedrà una sovrapposizione quasi completa tra Libera Muratoria, spesso di tradizione anglofona, e Repubblica, mentre settori del Carlismo e della Falange non saranno insensibili alla costruzione di una Massoneria “nazionale”, sulla linea di quello che aveva meditato, durante il ventennio fascista, il Fratello (e mazziniano) Italo Balbo.

 In tutti questi casi, la Libera Muratoria verrà letta, dalle forze “reazionarie”, in modo del tutto riduttivo, come una organizzazione che convoglia le influenze britanniche o francesi all’interno delle nuove classi dirigenti nazionaliste e fasciste, la cui ragion d’essere è quella di costruire un regime e una mitologia politica che permettano il massimo isolamento nazionale rispetto alle influenze esterne.

 Per la mitopoiesi fascista, la Massoneria sarà una “emanazione” dell’Alta Banca “ebraica”, e quindi uno strumento di sfruttamento geopolitico delle risorse “nazionali”, e la simbologia liberomuratoria diverrà una sorta di “velatura” dell’Ebraismo internazionale ([79]).

 Sia detto tra parentesi, anche Marx credeva al “complotto universale” della Banca “ebraica”, e questo spiegherebbe anche perché sia stato così rapido il passaggio dal marxismo filosovietico al jihadismo antisionista e antisemita di tanta parte delle organizzazioni palestinesi o operanti nell’universo nazionalista arabo.

 Per il Fascismo, così come per i suoi cloni in tutta Europa, antimassoneria è sinonimo di antirisorgimento e di antisemitismo, e quindi sarà il Fascismo, rivoluzione dall’alto e eresia nazionalistica del bolscevismo, a compiere quella “rivoluzione passiva” dell’unità nazionale giocando contro il processo risorgimentale tutti quegli elementi che, nella realtà, lo hanno messo in opera: massoneria, società segrete, rapporti con la Gran Bretagna e la Francia, Ebrei, liberali moderati, élites cosmopolitiche. Un paradosso italiano all’origine, forse, di tutti gli altri paradossi che ancora vediamo nel nostro Paese.

 Ma la Libera Muratoria è lo strumento di socializzazione e di integrazione nelle classi dirigenti anche di un’altra minoranza religiosa presente in Italia: le Chiese Riformate. Certo, lo stesso Anderson al quale si riferiscono le “Costituzioni” massoniche del 1717, nella prima Gran Loggia britannica, è un pastore presbiteriano scozzese, mentre l’altro organizzatore massonico della Loggia del 1717 a Londra, Desaguliers, è figlio di ugonotti rifugiatisi in Gran Bretagna ed è un pastore episcopaliano.

 I presbiteriani accettano la riforma di Calvino, insieme ad alcuni principi del loro fondatore John Knox, e sono stati uno dei punti di passaggio del mito dei Cavalieri Templari rifugiatisi, dopo la distruzione dell’Ordine voluta da Filippo il Bello, in Scozia, un mito evidentemente “repubblicano”.

 I presbiteriani sono una branca della Chiesa di Inghilterra. In entrambi i casi, la questione politica è chiara: le due Chiese non hanno una gerarchia autopoietica, e rifiutano la sovrapposizione tra Sovrano e comunità dei credenti.

 Due elementi essenziali per comprendere la funzione della Massoneria tra i fedeli della Riforma, in Italia come all’estero. L’obiettivo libero-muratorio e quello dei Riformati italiani è unico: la limitazione del potere del Papato nella Penisola, magari senza arrivare al “monoplane du Pape” di marinettiana e futurista memoria.

 E qui, in effetti, occorrerebbe studiare la presenza, nel movimento futurista, di influssi esoterici complessi: da quello dei “costruttori di Dio” bolscevichi, con Lunacharsky, che importeranno nel marxismo, senza successo, la rivoluzione soggettivista e probabilista della fisica di Ernst Mach, alle tensioni occultistiche del cubismo, testimoniate da un vecchio saggio di Alberto Savinio ([80]).

 Sarà, detto tra parentesi, il filone dei “costruttori di Dio” bolscevichi a ispirare gran parte della mitologia legata, in URSS, alle conquiste spaziali.

 All’interno della Libera Muratoria, peraltro, i pastori protestanti delle varie chiese riformate presenti in Italia opereranno in funzione duramente antiateistica: saranno i massoni riformati a protestare contro la proposta, proveniente dal Grande Oriente del Belgio e da quello francese, di eliminare ogni riferimento, in Loggia, al Grande Architetto dell’Universo, una pericolosa deriva laicista che avrebbe reso ancor più bruciante la progressiva espulsione, dal 1920 in poi, della Fratellanza dalla élite e dalle aree di ceto medio nazionale che aveva visto nella Fratellanza, del tutto giustamente, la spina dorsale del processo risorgimentale italiano.

 Nuclei protestanti si trovano nella Massoneria italiana fin dalla sua presenza evidente nella politica nazionale, ma la questione dei Fratelli riformati riguarda uno degli assi di sviluppo e crisi della Libera Muratoria nazionale, quello del rapporto con gli altri Orienti europei e nordamericani e con le altre Obbedienze massoniche.

 I protestanti italiani, in Massoneria, si trovano spesso a lavorare alla Gloria del G.A.D.U. in Logge del Rito di York, che fonde al suo interno il Rito dell’Arco Reale, e che mantiene simbologie insieme bibliche e cavalleresche ([81]).

 Ed è riformato l’ex barnabita, e massone, Alessandro Gavazzi, cappellano della Spedizione dei Mille e delle altre avventure di Garibaldi, segno che, insieme alla tematica fortemente unitariana della Massoneria, è presente nella temperie risorgimentale una aspirazione ad un cristianesimo “delle origini”, senza il peso del temporalismo della Chiesa di Roma e, soprattutto, senza le gerarchie che caratterizzano il Cattolicesimo.

 Una religione civile, fatta di identità nazionale e populismo, e saranno molte le presenze massoniche nei tanti comitati per i monumenti ai grandi del Risorgimento, e la pedagogia del Grande Oriente sovrapporrà spesso, anche in termini protestantici oltre che legati alla tradizione ebraica, la nuova identità nazionale italiana ai valori del cristianesimo primitivo, si pensi in questo senso al “Cuore” del Fratello ( e socialista-positivista) De Amicis.

 Per molti Protestanti italiani, il movimento risorgimentale aveva reso possibile, fuori dalle aree tradizionali della Riforma Valdese nelle valli piemontesi, la libera attività delle loro Chiese, e il movimento unitario aveva fornito, anche a livello di massa, la possibilità di un nuovo reclutamento di pastori riformati anche all’interno del piccolo clero cattolico, molto più sensibile della gerarchia di Roma alle istanze risorgimentali e, peraltro, attento anche alle nuove tematiche della giustizia sociale che pure sono presenti, fin dall’inizio, nel movimento massonico e nella sua attività durante il processo di unificazione italiana.

 Non è quindi del tutto vero che l’Unità nazionale abbia posto ai margini la questione sociale, come hanno affermato, in varie fasi e con tonalità diverse, i critici del Risorgimento “da sinistra”, come Piero Gobetti o Antonio Gramsci. Peraltro, anche le frange anarchiche della Prima Internazionale, presenti in vaste zone della Penisola, avranno un forte sostegno dalla Fratellanza, sia in quanto costituite da Fratelli, come è il caso di Bakunin, sia nella collaborazione costante tra il movimento anarchico e l’associazionismo massonico e mazziniano delle Società di Mutuo Soccorso o delle Cooperative, che solo nella fase repubblicana dell’Italia vedranno materializzarsi al proprio interno una indiscussa egemonia dei comunisti e dei socialisti “frontisti” ([82]).

 La tensione che, al contrario di quello che avviene nella relazione tra Massoneria e Ebraismo italiano, si manifesta nell’universo riformato che approda all’Oriente risorgimentale è quella tra politicizzazione della religione riformata e pura ricerca spirituale e biblica.

 Nella tradizione della Riforma italiana, attraversata come e più di altre chiese nazionali da afflati mistici, revivalisti, di esperienza diretta ed entusiasta della presenza di Dio tra gli uomini, la correlazione che il Grande Oriente italiano compie tra Massoneria e idea nazionale rende talvolta difficili i rapporti tra Pastori massonizzati e dirigenti della Riforma interessati unicamente al lavoro religioso e mistico tipico di tutte le Chiese senza gerarchia rigida ([83]).

 La questione si ripropone, dopo il Risorgimento, con la presentazione della proposta di legge, a firma del Fratello Leonida Bissolati, poi leader dell’interventismo socialista e riformista durante la Prima Guerra Mondiale, che riguardava l’esclusione della religione nel programma di insegnamento delle Scuole elementari del Regno d’Italia.

 La tensione tra i tanti fratelli che non avevano sostenuto la proposta Bissolati e il Grande Oriente, retto da Ettore Ferrari, autore fra l’altro della statua di Giordano Bruno in Campo de’Fiori a Roma, con lo sguardo corrusco diretto al Cupolone di san Pietro, scoppiò in uno scontro aperto al quale parteciparono, e in prima fila, i riformati massoni ([84]).

 Saverio Fera, pastore protestante e, a quel momento facente funzione di Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato nel G.O.I, mise in opera la scissione tra Rito (tutti i gradi dal 4° al 33°) e Ordine (i gradi “azzurri” dal 1°, quello di Apprendista, al 3°, il Maestro) che portò alla costituzione della Massoneria detta “di Piazza del Gesù”.

 La rete dei massoni protestanti, che peraltro aveva forti agganci negli USA, nuova potenza massonica globale oltre a Francia e Inghilterra, fu essenziale nel dipingere il Grande Oriente di Ettore Ferrari come “eccessivamente politicizzato” e, questo certamente appariva grave agli occhi delle potenze massoniche internazionali, o magari troppo “nazionalista” rispetto alla tradizione universalistica della Massoneria britannica e, per molti versi, tedesca e svedese.

 Anche il GOI, però, utilizzò i suoi pastori protestanti per contrastare la propaganda di Fera e degli scissionisti, e per proporre una nuova Massoneria “unitaria” dopo la costituzione dell’Obbedienza di Piazza del Gesù.

 Certamente, anche la politica, oltre che la religione, avevano un ruolo in questa tensione tra le Obbedienze massoniche italiane: si dice che Fera, anni dopo, salirà sul treno che portava Mussolini da Milano a Roma, durante la Marcia dei fascisti verso la Capitale, per fargli siglare un “Manuale dell’Apprendista massone” ([85]) ma questo è un tratto, tutto sommato, secondario.

 La Fratellanza, in effetti, scontava la fine della tensione risorgimentale che aveva tenuto uniti, nella Vera Luce dell’Oriente, radicali repubblicani e liberalmonarchici, socialisti e liberisti, atei dichiarati, anche se l’ateismo è proibito dalle Costituzioni di Anderson, e cristiani sia riformati che ancora appartenenti, sia pure sotto la minaccia della scomunica, alla Chiesa di Roma.

 É la scissione massonica a decretare la “fine del Risorgimento”: da questo momento, la Fratellanza avrà meno peso nel sistema politico italiano, che peraltro, nel periodo giolittiano, amplia molto la sua base elettorale fino al suffragio universale maschile, e avranno meno peso anche le Massonerie straniere che, pure, avevano sostenuto i Fratelli italiani e i loro rispettivi governi, nella fase sia diplomatica che guerreggiata del processo unitario.

 Sarà l’antimassoneria cattolica e, per molti aspetti, socialista, tutta mirata alla distruzione della corrente bissolatiana e del riformismo socialdemocratico, a divenire progressivamente egemone, e, malgrado le apparenze, sarà proprio l’antimassoneria laica a aprire il varco alla lotta antimassonica dei cattolici che, dal loro punto di vista giustamente, ritengono la Fratellanza il vero ostacolo da rimuovere per recuperare una egemonia del Papato nella classe dirigente e nella sua selezione e formazione.

 Il Fascismo gioca la carta della Massoneria per andare al potere, ma poi giocherà, sulla base di una sua nuova egemonia sulla “riconciliazione nazionale” tra cattolici e laici, la carta, ben più rilevante sul piano della politica di massa, del Concordato e dei Patti Lateranensi.


 

 

 

[1] V.P. Y. Beaurepaire, L’Europe des lL’Europa des Francs-Maçons, XVIII-XIX siecles, Belin, Paris 2002

[2] V. François Furet, Critica della Rivoluzione Francese, Bari, Laterza, 1992

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[6] V. il testo del Trattato al link http://www.infidels.org/library/historical/unknown/three_impostors.html

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[13] V. http://www.montesion.it/_Documenti/_goi/_Multimedia_Comunicazione/_Hiram/_Hiram_PdF/_Hiram_2010/03-2010_Hiram.pdf

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[30] V. il catalogo del Newt al l al link http://www.newtonproject.sussex.ac.uk/prism.php?id=82&cat=Alchemy

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[51] V. le osservazioni ironiche di Giovanni Ansaldo  in VS, il Vero Signore, Milano, Longanesi,  1983

[52] V. Roberto Pertici, Mazzinianesimo, Comunismo, Fascismo, l’Itinerario politico di Delio Cantimori, in “Storia della Storiografia”, n. 31, 1997, Jaca Book, Milano.

[53] Gerado Padulo, Dall’Interventismo al Fascismo, in “Annali della Storia d’Italia”, vol. 21, La Massoneria, op. cit.

[54] V. Arrigo cajumi, I Pensieri di un Libertino,  op. cit.

[55] Sulla Blavatsky, v.  v. Paola Giovetti, Helena Petrovna Blavatsky e la Società Teosofica, Roma, Edizioni Mediterranee,1991  e su Taxil, v.  Edward Arthue White, DEvil Worship in France or the Questiono f lucifer, Sioux Falls, Sioux Falls, USA, NuVision Editions,  2007 . Per l’esoterismo tra Crowley e la pop music, v.  v. John Moore, Alesterir Crowley a Modern Master, Oxford, Mandrake, 2009

[56] V. a questo proposito Marco Giaconi,  Presidenti USA e Massoneria,  al link http://www.alleo.it/content/presidenti-usa-massoneria

[57] Fulvio Conti, Augusto Comba, La Morte Laica: Storia della Cremazione in Italia1880-1920,  Scriptorium,  Milano  1998

[58] Guido Oldrini, L’Idealismo Italiano tra Napoli e l’Europa, Roma, Guerini, 1998

[59] Per una analisi dei primi rapporti tra Fratellanza USA e Vaticano, v. Ennio di Nolfo, Vaticano e Stati Uniti, dalle carte di Myron Taylor, 1939-1952, Milano, Franco Angeli, 1978

[60] Andres Vazques De Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei, Milano, Leonardo Editore, 1999

[61] Vv. B. Blumental e A. Souboul, (eds.) Les Juifs et la Révolution Francaise: problèmes et aspirations, Toulouse, Privat, 1976

[62] Sigmund Freud, L’Interpretazione dei Sogni,Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2010.

[63] Luigi Parente et alii, Giovanni Preziosi e la Questione della Razza in Italia, Atti del Convegno  Soveria Manelli,Rubbettino Editore, 2005 I

[64] Il nesso tra fascismo e contro risorgimento è proposto da E. Nolte, La Guerra Civile Mondiale e Altri saggi, oma, Settimo Sigillo,  2001

[65] Francois Furet,  Critica della Rivoluzione Francese, Bari, Laterza, 2004

[66] Alessandro Guetta, Philosophie et Cabbale Essai sur la Pensée d’Elie Benamozegh, Paris, L’Harmattan,  1998

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[68] V. A. Guetta, Filosofia e Qabbalah op. cit.

[69] V. Gian Mario Cazzaniga, La Religione dei Moderni, Pisa, ETS 2001

[70] V. Hamid Dabashi, Theology of Discontent: the ideological foundations of the Islamic revolution in Iran, New Brunsiwck, Transaction Books,  2006

[71] “Annali della Storia d’Italia” Einaudi, n. 21, op. cit., La Massoneria, pp. 250-251.

[72] Hermann Cohen, Quellen des Judentums, Wiesbaden, Marix-Verlag, 2008

[73] Elia Benamozegh, Israele e l’Umanità. Studio sul problema della religione universale, Genova, Marietti, 1990

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[75] V. Emma Fattorini, Il culto Mariano, tra Ottocento ne Novecento, Milano, Franco Angeli, 1999

[76][76] Fernando Pessoa,  al link http://faroldasletras.no.sapo.pt/mensagem_pessoa.htm    er il testo in lingua originale

[77] V. Giovanni Gentile, Giuseppe Mazzini, Caserta, 1919

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[79] V. Giovanni Preziosi e la questione della Razza in Italia, Atti del Convegno  2005,Università di Salerno, Bubbettino, Soveria Mannelli, 2005

[80] V. Simona Cigliana, Futurismo Esoterico, Roma. Bari, Liguori, 2002, per Savinio e il cubismo “mistico” v. A. Savinio, Dico a Te Clio, Milano, Adelphi,  1992

[81] V. Massimo Graziani, Il Rito di York, Bastogi Editore Italiana, Roma 2007

[82] V. Ermanno Gruber, Giuseppe Mazzini: Massoneria e Rivoluzione, Torino, Desclée, 1901

[83] V. G. Spini, Risorgimento e Protestanti, Torino, Claudiana, 1998

[84] V. Ferdinando Cordova, Massoneria e Politica in Italia 1892-1908, Bari, Laterza, 1985

[85] Fabio Venzi, Massoneria  e Fascismo, dall’intesa cordiale alla distruzione delle Logge, Roma, Castelvecchi, 2008


 


 

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