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© Franco Massimo


L'aggettivo ci dice che trattiamo della Giustizia nel dominio iniziatico, tradizionale, sacro; trattiamo cioè di quella Giustizia principale che dall'Uno discende, che la Tradizione ci ha tramandato e che l'iniziato si sforza di penetrare e di comprendere scrutando le modalità con le quali il Principio stesso si è manifestato.

Il riflesso, nell'ambito della manifestazione, dell'immutabilità del Principio ordinatore e regolatore, è costituito dall'equilibrio o armonia e per ciò il "Re del Mondo" - come scrive Guénon - "ha per attributi fondamentali la Giustizia e la Pace, che non sono che le forme più specialmente rivestite da questo equilibrio e da questa armonia nel mondo dell'uomo (mânava-loka)".

Nei testi biblici la Giustizia e la Pace sono strettamente avvicinate:

"Justitia et Pax osculatae sunt", come vedremo più avanti, e benché sia evidente che non appena si manifesti la Giustizia contemporaneamente sussista la Pace, tuttavia questa è opera della prima: "Pax opus Justitiae"; per cui fra i due attributi fondamentali del "motore-immobile" che Dante chiama "Sapienza" o "Amor che move il sole e l'altre stelle", Si stabilisce in certo senso una gerarchia con al vertice la Giustizia che, come scrive de Giorgio ne "La Tradizione Romana", "in senso assoluto, è l'attributo massimo di Dio e deve essere quindi la virtù suprema del Capo e del Padre".

Nella "colonna di mezzo" dell'albero sephirotico della Qabalah, che rappresenta l'insieme degli attributi divini, sta la Giustizia distributiva, equilibrante con al vertice Kether, la Corona, punto focale d'equilibrio.

La Giustizia - l'arcano VIII del Tarocco - è la legge primordiale di ogni attività che coordina e districa il Caos distribuendo tutto con ordine ed esattezza secondo la legge del numero e della misura.

L'autorità del Principio, quindi, si è manifestata per forza d'Amore secondo Giustizia.

Il concetto di Giustizia, tradizionalmente inteso, comprende e sintetizza tutti gli altri concetti quali quelli - a noi tanto cari e familiari - di Libertà, di Uguaglianza, di Fratellanza, di Solidarietà, di Tolleranza, di Verità, di Saggezza, ecc. i quali, se correttamente intesi, si può dire costituiscano gli ingredienti dell'Uomo con la U maiuscola e per ciò quest'Uomo è giusto e perfetto.

"Noè fu uomo giusto e perfetto nei suoi tempi, camminò con Dio" (Genesi VI, 9); "E il Signore gli disse: Entra nell'arca tu e tutta la tua famiglia; imperocché io ti ho riconosciuto giusto dinanzi a me in questa età" (Genesi VII, 1). Il Grande Architetto volle dare all'umanità della nuova era un capostipite che fosse giusto; giusto e perfetto. Volle mettere, come si usa dire con ragione, l'uomo giusto al posto giusto.

In Melchisedech - è noto – si identifica nella Tradizione; "... fatto simile al Figlio di Dio, questo Melchisedech rimane prete a perpetuità", dice Paolo nell'Epistola agli Ebrei (VII, 3). Su San Pietro, a Roma, è scritto: "Tu es Sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech",(tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech). Tsedek significa "giusto" e Melchisedech, Re di Giustizia; ed è pure Re di Salem, cioè di Pace. Ecco che troviamo nuovamente, nell'alveo tradizionale, lo stretto ravvicinamento della Giustizia e della Pace e qui la gerarchia dei due attributi divini è resa evidente perché Melchisedech nasce nel nome come Re di Giustizia per poter essere Re della città di Salem, cioè di Pace, perché è l'uomo giusto.

La liturgia cattolica si riferisce direttamente a Melchisedech allorché chiama il Cristo "Sol Justitiae" e i dodici raggi che questo Sole "invia" sono i dodici Apostoli ("apostolos" significa "inviato").

D'altro canto, Cristo stesso, a chi gli domandava la via verso il Regno dei Cieli, dichiarò: "Cercate innanzi tutto la Giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù". Lo stesso concetto troviamo nel Salmo LXXXIV, 14: "La Giustizia camminerà dinanzi a lui, e porrà nella retta strada i suoi passi", cioè: la Giustizia precederà Dio sulla retta via che condurrà gli uomini al Regno dei Cieli.

Il Rituale di Apertura dei Lavori di Loggia riportato da De Castro nel vol. IV de "Il Mondo Segreto", così termina: "IL VENERABILE - Poiché è tale l'ora, e tutto riconosco essere giusto e perfetto, dichiaro la Loggia aperta". Si può dare, cioè, inizio ai Lavori perché regnano la Giustizia e la Pace.

"Tutto è giusto e perfetto", diciamo tuttora dopo che tra le Luci, per l'intermediazione dei Diaconi, è stata scambiata la Parola Sacra al termine dei Lavori, e intendiamo significare che l'Opera è compiuta secondo i canoni iniziatici dell'Arte Reale.

Osservando le leggi della manifestazione, si constata che l'equilibrio, l'armonia, l'ordine, si reggono sulla dualità per l'azione dei contrari che vicendevolmente si integrano, si reggono, si sorreggono, si correggono e se ne deduce che è "giusto" quanto, provenendo da detti contrari od opposti, serve a mantenere tale equilibrio e che è "ingiusto" tutto ciò che può determinare uno squilibrio, poiché - com'è detto nella Tavola Smeraldina - tutte le cose sono fatte per essere unite.

Per questa ragione essenziale, intuita sino dai primordi, in tutte le forme tradizionali nelle quali si è estrinsecata la Tradizione Unica, la bilancia è simbolo di Giustizia e per questo nello Zodiaco, ruota di vita, la Giustizia è Astrea, la vergine che regge la bilancia all'equinozio d'autunno allorché il periodo di luce e quello di tenebra si equivalgono.

Così, Michele, l'Angelo del Giudizio, tiene la bilancia con cui pesa le anime; così l'Angelo persiano Rashnu; così nel Corano; così nelle tradizioni dell'antico Egitto, del Tibet, ecc.; così nella bifrontalità di Giano, aspetto manifesto della sua reale quadrifrontalità.

Sul Calvario, tra il buon ladrone e il cattivo ladrone sta il Cristo, e il tutto configura la bilancia divina della legge primordiale ed eterna.

Per lodare l'equità di Augusto, Virgilio gli predice ch'egli, dopo la morte, occuperà il segno della Bilancia (Georg. I).

Bilancia, in sanscrito, si dice "tulâ" e non è casuale che la Terra Sacra primordiale iperborea, cioè polare, da dove si fa derivare la Tradizione Unica, fosse denominata Thule, sempre il concetto di equilibrio, di Giustizia che primeggia e domina nella manifestazione, anche quando crediamo di ravvisare in essa ingiustizie che, in effetti, sono soltanto apparenti.

Anche per questo la manifestazione è stata qualificata "ordine", cioè maniera di andare, di procedere e, propriamente, disposizione di ogni cosa a suo luogo. L'ordine è quindi la realtà, cioè la Verità insita nella manifestazione promanata dal Principio ed il simbolo della Verità è la spada quando viene accoppiata alla bilancia, poiché la Verità soltanto può dirci se sussiste l'equilibrio. Ciò che è Vero è Giusto.

Nell'VIII lama del Tarocco, Temi è raffigurata con una spada formidabile nella mano destra a significare, come spiega Wirth, che nessuna violazione dell'equilibrio rimane impunita poiché, presto o tardi, essa provoca la reazione ineluttabile della Giustizia immanente. "San Michele dalla spada fiammeggiante", è detto nella liturgia cattolica.

La Massoneria è un Ordine: rappresenta all'iniziato i misteri del microcosmo e del macrocosmo affinché egli li penetri, prenda coscienza della realtà, della Verità, vi si adegui e si rettifichi per divenire retta azione, retta volontà; per divenire, cioè, uomo giusto, bilanciato, perfetto e quindi saggio e virtuoso.

Questo intende dire il primo articolo degli Statuti dell'Ordine allorché indica nel "perfezionamento degli uomini", fondamentale per determinare il bene della Patria e dell'Umanità, il fine della Libera Muratoria. I Rituali ed i Catechismi dei vari Gradi dicono per quali vie e con quale gradualità si possa pervenire a tale perfezionamento dell'uomo o  "realizzazione", cioè adesione cosciente alla realtà, alla Verità. La conoscenza è una scienza esatta e rigorosa: essa è pesata sulla bilancia. In un testo dell'Ecclesiastico è detto: "Ascoltami, figlio mio, e apprendi la saggezza; e rendi il tuo cuore attento... Io ti svelerò una dottrina pesata sulla bilancia... e ti farò conoscere una scienza esatta".

Così si forma, realizzandosi, l'uomo giusto, umano, sincero, benefico, ecc. che nell'art. 11 degli Statuti dell'Ordine è rappresentato come modello. Non a caso viene messa al primo posta la parola "giusto" che, in effetti, comprende tutte le altre che seguono.

A condizione, quindi, che la Libera Muratoria possa disporre di uomini "giusti" si potrà realizzare la Giustizia massonica che consiste innanzi tutto e sopra tutto nel porre uomini giusti ai posti giusti sia nel contesto massonico che in quello profano, dato che solo utilizzando il mezzo umano si può pervenire al bene della Patria e dell'Umanità.

Appare ora evidente che l'uomo "giusto", colui il quale ha preso coscienza del Vero e conosce quindi le leggi dell'equilibrio interiore e cosmico, cioè universale, non potrà esprimere che giudizi basati sulla Verità, sull'Equità, sul Giusto Mezzo, vagliando le cause determinanti lo squilibrio interiore ed esteriore e non tanto valutandone gli effetti la cui importanza è sempre secondaria.

La Libera Muratoria, ben sapendo che pur tendendo ad un tale stato di grazia è umanamente impossibile pervenire alla perfezione - ce lo dice lasciando incompleta la quarta parete del Tempio - bandisce il principio che l'uomo, anche colui il quale sia pervenuto ad un elevato stato di realizzazione, possa da solo fare giustizia, cioè ristabilire un equilibrio che più non sussista. Perciò affida sempre l'amministrazione della Giustizia ad una pluralità (giurì, commissioni di disciplina, Tribunali, Suprema Corte, ecc.) presupponendo che essa, meglio di un singolo, sappia trovare il Giusto Mezzo, che è l'equilibrio, e pronunciare la giusta sentenza.

La freccia o la spada in funzione di ago della bilancia quando i piatti sono in equilibrio (all'equinozio) divengono il simbolo dell'Invariabile Mezzo (la "Città dei salici", soggiorno d'immortalità, del simbolismo estremo-orientale taoista, perché là - è detto - "noi pesiamo tutto esattamente"); divengono la "chiave di volta" nell'arte muratoria, la "Camera di Mezzo" dei Maestri Liberi Muratori, ecc.

I piatti della bilancia massonica si chiamano SEVERITA' e CLEMENZA. Severità: determinata dall'imperio delle leggi che reggono l'ordine, l'equilibrio; valutazione fredda, oggettiva. Clemenza (da non confondersi con tolleranza): ricerca della causa insita nel microcosmo dell'individuo come anomalia, come squilibrio interiore che ha determinato lo squilibrio esteriore; valutazione soggettiva ispirata a mitezza perché consapevole dell'umana imperfezione. Severità e Clemenza: è dall'opposizione dei contrari che nasce l'equilibrio, cioè la Giustizia massonica che è Bellezza e Armonia. Al punto che "senza fermezza di spirito e tenerezza di cuore non può esservi Libera Muratoria", affermano gli Statuti dell'Ordine concludendo l'art. 448; non può esservi, cioè, alcunché di veramente giusto. Giobbe invoca questi stessi principi allorché dice: "Che Dio mi pesi sulla giusta bilancia e conoscerà la mia integrità" (Giobbe 31, 6). "La Misericordia e la Verità si sono incontrate insieme: si sono date il bacio la Giustizia e la Pace (Justitia et Pax osculatae sunt") (Salmo LXXXIV, 11).

"Imperocché il Signore ama la Misericordia e la Verità: il Signore darà la Grazia e la Gloria" (Salmo LXXXIII, 12). È sempre lo stesso concetto che viene espresso.

Il concetto sacro e quello profano di Giustizia non sono in alcun modo raffrontabili poiché appartengono a domini differenti. Perciò accade che la Giustizia massonica condanni laddove quella profana assolva e viceversa. Nel dominio iniziatico tutto ciò che turba l'equilibrio non è giusto e pertanto il concetto di Giustizia è sottile ed infinitamente ampio. Il bene significa ciò che è equilibrato all'esteriore e all'interiore ed è per ciò che nel pensiero ebraico i démoni appaiono sempre privi di potere riguardo a tutto ciò che è equilibrato.

Al cospetto dei dodici Grandi Dei dell'antico Egitto, Maât, che era nel medesimo tempo la Verità e la Giustizia, deponeva su un piatto della bilancia la penna di struzzo e sull'altro veniva posto in un vaso il cuore del defunto, simbolo della sua coscienza. Si compiva il rito della psicostasia; l'arresto, la pesata dell'anima per il giudizio. Il cuore del morto confessava quelle colpe che non aveva commesso (dichiarazione negativa) e la penna scriveva. Alla fine, se il piatto dove la penna aveva scritto era più pesante, l'anima era salva e poteva godere dell'immortalità; se invece il suo lordume faceva pendere il piatto dov'era posto il cuore, era irrimediabilmente condannata.

Nessun atto umano è a Dio indifferente; la psicostasia simboleggia il giudizio, ma, più profondamente, simboleggia la responsabilità della quale ogni uomo deve sentirsi investito.

È un vero peccato che soltanto in qualche lingua la parola Giustizia cominci con la lettera "G", perché mi sarebbe piaciuto vedere nella "G" che campeggia al centro della Stella Fiammeggiante, al centro dell'Uomo a braccia e gambe aperte, anche e soprattutto questo supremo attributo!

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