Il Melograno

Valenze e significati medicinali ed esoterici del frutto che ornava

le colonne del Tempio di Salomone

 

© Pasquale Tigani Sava

Hiram n°5 Maggio 1988

 

 

Il melograno è un arbusto della famiglia delle Mirtacee, i fiori sono di un bel rosso scarlatto, o bianchi o gialli e di particolare bellezza. Il frutto (melagrana o melagranata, conosciuto botanicamente sotto il nome di balaústio o balausto) è formato da una grossa bacca sferica con scorza rigida e coriacea giallo-rossastra.
Sezionandolo a metà si scoprono numerose logge asimmetriche. separate da tramezzi membranosi giallo-chiari. Queste cavità sono ripiene di granelli rosso-vinosi, dall'aspetto vitreo. provvisti di una polpa commestibile, succosa ed agrodolce, che contengono semi piccolissimi.
La melagrana era nota ed apprezzata presso tutti i popoli antichi. gli Ebrei, gli Egizi, i Persiani, i Fenici e naturalmente i Greci e i Romani, per le sue qualità medicinali oltre che gastronomiche.
Apicio (buongustaio del I secolo ed autore del trattato "De re coquinaria") consigliava per la sua conservazione d'immergerla per pochi attimi nell'acqua bollente e poi di appenderla.
Nella Bibbia si parla esplicitamente di "mosto di melagrana", il che ci porta a pensare che forse gli Ebrei. in qualche modo utilizzassero il succo dei granelli facendolo fermentare.
La scorza dei frutti, ricca di tannino, era usata per la tintura delle pelli e per colorare il vino ed in medicina era conosciuto il suo potere astringente utilizzato per combattere la dissenteria.
Gli Arabi, con la scorza interna, conciavano il cuoio.
La corteccia, soprattutto nella radice, contiene un alcaloide (pelletierina o punicina) che veniva usato nella medicina come tenifugo: esso aveva la proprietà di paralizzare il parassita intestinale.
Gli uomini del Medio Evo continuarono con questi rimedi associando ad essi usi prettamente gastronomici.
Poi, improvvisamente ed inspiegabilmente, il melograno cadde in un oblio che coincise con gli albori dell'Età Moderna (XV secolo), oblio che non interessò l'aspetto gastronomico forse, ma sicuramente quello medico-farmaceutico, censurando la ritualità e l'antica tradizione che la medicina popolare aveva sempre associato a questo frutto e a questa pianta, (l'unica presenza del melograno nella Chiesa è nell'emblema dell'Ordine monastico-ospitaliero dei Fatebenefratelli, fondato in Spagna cinquanta secoli fa da S. Giovanni di Dio).


Simbologia massonica

Per quanto ci riguarda, la simbologia della melagrana non potrebbe essere più ovvia e chiara; ciò almeno in apparenza e ad una indagine superficiale ed immediata. Ma procediamo con ordine.
L'elemento certamente più significativo del frutto è il suo interno: celata da una scorza coriacea e non commestibile, non granulosa, non porosa ma nemmeno perfettamente lucida e liscia, si trova una notevole quantità di granuli separatamente individuabili e separabili, ma uniti fra di loro in un corpo unico.
Balza agli occhi evidentemente l'alto valore simbolico di questo frutto che potrebbe rappresentare, con suggestiva immaginazione, la coesione dei fratelli che, pur facilmente individuabili nelle singole soggettività (come i singoli granelli), sono uniti da un vincolo saldo e comune non solo di obbiettiva destinazione (la compattezza del frutto e la sua forma interna), ma di funzione superindividuale (l'identica composizione interna del liquido dei granuli fa sì che l'eventuale spremitura doni un omogeneo succo dolce-amaro, continuando a rispettare l'unione di finalità e l'omogeneità dunque anche a distruzione dell'ordine interno del frutto).
Simboli, in altre parole, di fratellanza e solidarietà che informano ed ispirano il comportamento dei Fratelli non solo all'interno della Loggia, ma anche all'esterno nei quotidiani contatti col mondo profano.
Perché proprio il melograno (per meglio dire la melagrana) appartiene alla nostra simbologia, come possiamo osservare noi stessi dalle colonne all'entrata del Tempio, quando forse qualsiasi frutto con semenza interna (cedro, arancia, ecc.) assolverebbe alla medesima funzione e al medesimo scopo?


Nella descrizione scientifica del frutto abbiamo visto che la botanica descrive la presenza naturale, all'interno della melagrana, di logge asimmetriche contenenti granuli dalla forma prismatica, al cui interno si rinvengono semi piccolissimi.
Ecco dunque che la natura ci offre semplicemente una spiegazione aggiuntiva e concorrente con la precedente: non già, o non solo i granelli che rappresentano la moltitudine solidale dei Fratelli, ma rappresentanti le Logge stesse ospitate in locali precostituiti e predisposti da una Coscienza ed Intelligenza superiori.
E solo all'interno dei granuli che si ritrovano i Fratelli uniti dal lavori di Loggia: ecco, perciò, il superamento della prima interpretazione.


I granuli contenenti più semi piccolissimi, simboleggiano la molteplicità non solo delle singole individualità dei Fratelli, ma della filosofia massonica stessa, unendo ed affratellando la laboriosità di più Logge diverse in onore di un principio universale e comune anche al più piccolo dei semi.


E proprio alla luce di questa interpretazione che, alle regole di fratellanza e solidarietà già citate, si viene ad aggiungere un'altra importantissima e fondamentale regola; regola che, sebbene trovasse ospitalità anche in precedenza, ora in essa viene esaltata l'essenzialità e l'imprescindibilità da un termine di carattere universale: la Tolleranza.
É la tolleranza a permettere la coesione di più Logge, e la fratellanza è figlia di essa, poiché sarebbe assurdo pensare il rapporto di solidarietà fraterna esclusivamente e limitatamente ad uno scambio di esperienze endo-associative.
La via del miglioramento ha un orizzonte ben più vasto, ha il respiro dell'universalità e passa attraverso la tolleranza.
Il principio che porta il frutto a maturazione è l'unicità di intenti che soffoca le spinte egoiche individuali. La coesione di più molteplicità, contenenti molteplicità a loro volta, è evidenziata da una unica comune scorza coriacea.

 

Altre simbologie

Come abbiamo visto, sotto l'aspetto botanico-scientifico, la melagrana era conosciuta da moltissimi popoli dell'antichità.
E logico dunque aspettarsi che il frutto venisse contemporaneamente utilizzato, oltre che nella medicina popolare, anche in tutti quei riti di carattere magico-religioso che sono punto comune di molte antiche civiltà.
Si trattava di culti e riti in cui il formalismo e simbolismo erano talmente pregnanti e compenetrati nell'essenza dell'idea religioso-filosofica, da assurgere talvolta ad elemento fondamentale e predominante.
La forma (gestualità ripetitività - tono della voce reiterazioni verbali forme magiche e/o religiose) diventava così l'aspetto evidente dell'idea che si voleva trasmettere, e con la forma anche il mezzo (l'animale da sacrificare, le essenze, i profumi, le pietre, le sculture, le architetture dei templi e dei luoghi sacri, le piante, i frutti, ecc.). attraverso il quale essa doveva venire "esibita" al popolo iniziato; diventava importantissimo.


Ecco perché, ricercando i simboli della scienza sacra, dobbiamo scavare sino al cuore di quelle remote civiltà, che riuscivano a "caricare" la materia (il seme, il fiore, il frutto) di una rete fitta di simboli e significati non sempre chiari e di univoca comprensione.
Molti antichi popoli, dicevamo, conoscevano la melagrana e attribuivano ad essa molteplici simbologie, utilizzandola per riti, misteri ed occulte iniziazioni.
Il significato principale e comune a quasi tutti era quello della fertilità, fecondità, discendenza numerosa.
Ancora oggi in Africa il frutto è simbolo della fecondità materna e in India le donne sterili bevono il suo succo.
Nell'antica Roma, invece, le spose utilizzavano rami di melograno per le loro acconciature nuziali.
In Persia (terra d'origine della pianta) nella poesia amorosa ricorreva spesso l'immagine simbolica della melagrana, che veniva associata alla descrizione lirica della propria amata (guance come il fiore di melograno. labbra dolci come il succo di melagrana); ma anche la Bibbia nel Cantico dei Cantici, presenta questo significato estetico-poetico della melagrana.
 

É scritto infatti:
"...Come spicchio di melagrana sono le tue guance.
Senza quello che di dentro si nasconde".
(IV,3)
 

Nello stesso Cantico dei Cantici il melograno ritorna ancora una volta a simbolo di fertilità, speranza di fecondità:

"Ero discesa nel giardino delle noci, Per osservare i frutti delle valli, Per vedere se la vigna fosse fiorita, Se avessero germogliato i melagrani"
(VI, IO)

"Io ti prenderò, ti condurrò nella casa di mia madre,
Là mi istruirai;
Io ti darò a bere vino drogato
E il mosto delle mie melagrane"
(VIII, 2)

Lo stesso significato di fertilità viene dato in altra sede, sempre nella Bibbia, alla melagrana.
Si parla cioè della Terra Promessa, una terra ricolma di acque, alberi, animali. Una terra ideale, sinonimo per antonomasia di fertilità ed abbondanza:

"... Perché il Signore Dio tuo t'introdurrà in un'ottima terra... terra da grano, da orzo e da viti, dove prosperano i fichi, i melagrani e gli uliveti..."
(Deuteronomio, VIII, 7)

Potrebbero essere questi i motivi che indussero Hiram, l'architetto del Tempio di Salomone, a riportare l'immagine scolpita della melagrana intorno ai capitelli delle colonne:

"Compì le colonne con due ordini di melagrane attorno al reticolato, da coprirne il capitello che sormontava la colonna. Lo stesso fece al capitello dell'altra... V'erano inoltre in cima alle colonne, sopra i reticolati, altri capitelli proporzionati alla colonna, e intorno a questo secondo capitello. disposte in ordine, duecento melagrane".
(Re III VII.18)


Anche nel mondo orientale questo frutto rappresentava abbondanza, fertilità e fecondità.
Così in Cina, dove era considerato simbolo di posterità, cioè di progenie numerosa e virtuosa, e in Vietnam dove un'antica leggenda narra di una melograna che, aprendosi, lascia "venire" cento bambini, alludendo con molta probabilità alla molteplicità dei granuli contenuti in essa.

Dunque per tutti si parla del medesimo concetto, anche se in modi e forme diverse, e non si può certo contestare che la fertilità e discendenza numerosa siano l'immagine più convincente della melagrana.
 

Ma, ad un'indagine più attenta, non si possono nascondere dubbi, domande, e coincidenze perlomeno misteriose.
Anzitutto sembra che i più antichi riti degli Egizi utilizzassero il frutto o i semi del melograno e quindi conferissero ad essi un elevato e misterioso valore simbolico.
Forse per le cerimonie funebri?
Oppure per riti solari, di fertilità e prosperità?
Anche se di primo acchito, vista la comune simbologia del frutto, si porrebbe rispondere scegliendo la seconda ipotesi, è molto più probabile che servisse nelle cerimonie funebri o per qualche rito, non escluso di magia o evocazione, ad esse collegato.
Sono stati rinvenuti simboli di melagrana in molte tombe egizie di 2.500 anni prima di Cristo, ed anche nella tomba di Ramses IV.
Ovviamente per avere la certezza di queste ipotesi bisognerebbe avere l'opportunità di consultare il "Libro dei Morti" o qualsiasi altro papiro o inscrizione illuminanti in proposito.


Una cosa è certa senza ombra di dubbio: il melograno e il suo frutto avevano un valore molto più nascosto di quanto si possa essere tentati a credere limitandosi al significato della fertilità e molteplicità.
 

Nell'antica Grecia la melagrana simboleggiava, come ovunque, fertilità e fecondità.
Era l'emblema di Era (dea della fertilità nella donna, dei matrimoni e dei parti) e di Demetra (dea dell'agricoltura e della fertilità della terra), ma anche, ed ecco l'aspetto singolare, di Persefone (dea degli Inferi).
Di solito ad un simbolo si associa un significato univoco o, caso mai, più significati diversi ma assolutamente non contrastanti. Com'è possibile dunque che al melograno si contrapponessero due significati così antitetici? La fertilità è vita, non certo morte.

Ma ecco che il mito, tramandatoci da Apollodoro di Atene (grammatico e filologo, oltre che storico, del II secolo a.C.), Pausania (scrittore greco del II secolo) e naturalmente Omero, collega ancora il melagrano con il Regno dei Morti.


Si narra infatti che Ade (re degli Inferi e alter ego di Zeus), invaghitosi follemente di Core. avesse rapito la Dea trascinandola nel suo regno oscuro.
Dopo varie vicende, Zeus ordinò che la Dea fosse liberata a patto però che il cibo dei morti non fosse stato da lei assaggiato. Ma purtroppo Core mangiò sette chicchi di melagrana nel giardino degli Inferi, e le cose quindi si complicarono.
Zeus allora creò un compromesso: la Dea avrebbe trascorso ogni anno tre mesi negli Inferi assieme ad Ade, come regina del Tartaro e col titolo di Persefone (portatrice di distruzione), e gli altri nove mesi in compagnia della madre Demetra.


Così si potrebbe spiegare dunque il collegamento della melagrana con la simbologia della morte. Il melograno è considerato addirittura il Cibo dei Morti! Sono proprio i sette chicchi di melagrana infatti a condannare Core negli inferi con il titolo di Persefone.
Sono forse questi dunque i motivi per cui il melograno e i suoi frutti hanno avuto larghissima utilizzazione nei riti religiosi degli antichi (sia di fertilità che di morte), e hanno subito un'insolita duplicità di significati apparentemente contraddittori.

 
 

Questa pagina è stata letta

Contatore visite

Volte