Il Cappio


Alcuni tra gli antichi catechismi massonici riportano una serie di domande relative al rito di iniziazione e precisamente al simbolismo della corda al collo portata dal candidato (1).

Ad esempio il catechismo Dumfries n° 4 alla domanda "Come siete stato introdotto?" Fa rispondere al recipiendario: "In un modo umiliante, con una corda intorno al collo." (2). Questa corda, lo ricordo, solitamente si presenta sotto forma di cappio il cui nodo scorsoio può sia stringersi sia allentarsi con evidente riferimento al simbolismo del "solve e coagula" (3).
Come ricorda in un suo articolo il F. René Guénon "il nodo rappresenta più propriamente ciò che fissa l'essere in un determinato stato; e la porzione di legame dalla quale esso è formato è, si potrebbe dire, tutto quello che può vederne quest'essere finché permane incapace di uscire dai limiti dello stato in cui si trova sfuggendogli allora necessariamente la connessione che il legame stesso stabilisce con gli altri stati …infatti se si prova attaccamento per qualcuno o per qualcosa, si considera naturalmente un male esserne separati, anche se questa separazione comporta una liberazione da certe limitazioni, nelle quali ci si trova così mantenuti da questo stesso attaccamento.

In modo più generale, l'attaccamento di un essere al suo stato, mentre gli impedisce di liberarsi dagli impedimenti che vi inferiscono, gli fa nel contempo considerare come una sventura l'abbandonarlo, o, in altri termini, gli fa attribuire un carattere 'malefico' alla morte a questo stato, morte risultante dalla rottura del 'nodo vitale' e dalla dissoluzione dell'aggregato che costituisce la sua individualità" (4).
In sanscrito pâsha, è un "nodo scorsoio", o un "lasso" che serve normalmente per la caccia; ma nel simbolismo tradizionale è uno degli emblemi appartenenti a differenti divinità tra cui Ganesha, Mrityu, Yama, Varuna: va da sé che gli "animali" che essi prendono per mezzo del pâsha sono in realtà tutti gli esseri viventi (pashu) (5).
Tale "attrazione" da parte della Principio può assumere anche il senso di Necessità, così come espresso dal F. René Guénon nel suo libro Gli stati molteplici dell'essere. Sappiamo che i Greci identificavano la Necessità alla dea Ananke la dea "senza altare e senza immagine davanti a cui pregare"; ovvero l'aspetto divino che che "fin dall’inizio determina la nostra vita" sotto il cui Trono passava l'anima senza più dare uno sguardo indietro. I Greci facevano derivare tale nome dal termine semitico chananke scritto sulla radice - hnk - con il significato di angusto, stretto, gola, stringere, stretto, nodo, cappio, ma anche giogo dei buoi e ceppi posti sul collo dei prigionieri.
Facciamo notare come la doppia azione cui si faceva riferimento più in alto, e cioè quella di stringere o allentarsi, si riferisce proprio a questa azione di "attrazione" del Principio. In effetti opporsi a questa "attrazione", agita simbolicamente nel rituale dal F. Esperto che guida il recipiendario, causa lo stringimento del nodo e la successiva "morte" mentre assecondare questa attrazione lascia il nodo morbido favorendo lo sviluppo spirituale dell'iniziando.
In una delle tante raffigurazioni di Ganesha (6) oltre ad un dolce il modaka - simbolo della dolcezza del suo insegnamento - tra i suoi attributi troviamo un ankusha (pungolo di elefante) ed un pâsha (cappio). Il pungolo è lo strumento con il quale Ganesha esorta l’uomo al perseguire rettitudine e verità e contemporaneamente colpisce e respinge gli ostacoli. Notiamo come alla porta del Tempio il candidato si presenti con il cappio al collo tenuto dal F. Esperto e come venga fermato dalla spada del F. Copritore, quella stessa spada che, gli si dirà in seguito, avrà la doppia valenza proprio come il pungolo di Ganesha di difendere l'iniziato o di colpire lo spergiuro.
Il F. René Guénon nel suo articolo già citato continua precisando che così come per l'animale quando è preso è stretto dal nodo scorsoio, "allo stesso modo, l'essere vivente è legato dalle condizioni limitative che lo trattengono nel suo stato particolare di esistenza manifestata. Per uscire da tale stato di pashu, bisogna che l'essere si liberi da queste condizioni, cioè in termini simbolici, che egli sfugga al pâsha, ovvero che passi attraverso il nodo scorsoio senza che questo si chiuda su di lui" il che corrisponde all'azione di liberarsi dal cappio nel corso del rituale di iniziazione come vedremo meglio in seguito. "È lo stesso - continua l'autore - che dire che questo essere passa per le mascelle della Morte senza che esse si chiudano su di lui. L'anello del pasha è quindi effettivamente... un altro aspetto della 'porta stretta' ... si può anche parlare di 'passare per la cruna dell'ago' (7), o di 'sfuggire al pâsha', per designare ogni passaggio da uno stato a un altro, poiché tale passaggio è sempre una 'morte' in rapporto allo stato antecedente, e nel contempo una 'nascita' in rapporto allo stato susseguente" (8).
Ma la corda al collo e il corrispondente nodo viene ad assumere quindi una doppia valenza; infatti vi è un altro aspetto importante nel simbolismo del pâsha che lo pone in relazione al quello del "nodo vitale" (9), il quale "rappresenta il legame che tiene uniti fra di loro i diversi elementi costitutivi dell'individualità" (10); nell'iniziazione compagnonica permane questo simbolismo nell'uso della cravatta annodata in modo speciale e nel quale la corrispondenza con il nodo scorsoio o l'anello di fibbia del pâsha è qui evidente. Sarebbe quindi opportuno mantenere l'uso della cravatta durante i lavori in Loggia; e seppur ignari del modo di legarla in maniera corretta, rimane tuttavia un "ricordo' di tale simbolismo (11).
Ancora il F. René Guénon in relazione al "nodo vitale" dice che "esso mantiene quindi l'essere nella sua condizione di pâshu, poiché quando questo legame si scioglie o si spezza ne consegue il disgregamento degli elementi, e questo disgregamento è propriamente la morte dell'individualità, che comporta il passaggio dell'essere a un altro stato. Trasponendo tutto cio sul piano della 'liberazione' finale, si può dire che quando l'essere riesce a passare attraverso la fibbia del pâsha senza che essa si chiuda e lo riprenda di nuovo, è come se questa fibbia si fosse sciolta per lui, e in modo definitivo; si tratta insomma solo di due maniere diverse di esprimere la stessa cosa. Non insisteremo ulteriormente sulla questione del 'nodo vitale', che potrebbe portarci a molti altri sviluppi; abbiamo indicato tempo fa come esso corrisponda nel simbolismo architettonico al 'punto sensibile' di un edificio, tenendo presente che quest'ultimo è l'immagine sia di un essere vivente sia di un mondo, a seconda che lo si consideri dal punto di vista 'microcosmico' o dal punto di vista 'macrocosmico'; ma ora quel che abbiamo appena detto basta a mostrare che lo 'scioglimento' di tale nodo, che è anche il 'nodo gordiano' della leggenda greca, equivale in fondo anche al passaggio dell'essere attraverso la 'porta solare'." (12).
Per inciso si è fatto notare l'aspetto "malefico" e "mortale" che questo cappio può comportare quando con il suo nodo diventa un legame indissolubile allo stato di ignoranza e limitativo per un cammino iniziatico: è quanto traspare ad esempio dall'uso che troviamo nel Corano (13) quando descrive lo stato di chi avversa la vita tradizionale:


Periscano le mani di Abû Lahab, e perisca anche lui.
(...) Sarà bruciato nel fuoco ardente,
(...) che avrà al collo una corda di fibre di palma.


*     *     *
 

Un testo appartenente al sufismo medio orientale è di particolare interesse per il nostro tema. L'autore di tale testo scrive che "Il tig bend è una cintura che ha il senso di nascosto (gizli), segreto (sir) (…) Quando Abramo, sull'ordine di Dio, si apprestò a sacrificare suo figlio Ismaele, egli lo legò, con l'aiuto di una corda, le mani e i piedi di questo. Questa corda è chiamata tig bend. Quando un uomo è ricevuto nell'ordine (bektachi), quando si lega alla tarikat, si sacrifica un animale e si separa la carne dalla pelle alfine di separare lo spirituale (enfusi) o l'interiore, dal materiale (âfaki), l'esteriore, e per rigettare questo. La lana è trasformata in fili che servono a confezionare una cintura di un dito di larghezza e di due arsin (1,36 m) di lunghezza che è chiamata "cintura del segreto" (sir kusagi). La si suppone identica a quella che lego i piedi e le mani d'Ismaele. La "cintura del segreto" del recipiendario che è ricevuto e sacrificato (nel Baktascismo) è quindi attaccata al suo collo ed egli è così esibito nella sala del raduno (meydan). Si leggono delle poesie, delle preghiere e delle elegie, poi è condotto in presenza del baba (shaykh) e gli si mette a suo servizio. Il baba gli toglie il tig bend dal collo e gli cinge i reni" (14).
La pratica del cinturamento, shadd, del neofita non è per altro sconosciuta al resto del mondo arabo dove le confraternite artigianali adottano proprio questo rituale per conferire l'iniziazione ai neofiti (15). Ancora nel XIX e XX secolo troviamo sopravvivere forme di iniziazione artigianale nell'impero ottomano e in Iran: "...Una cerimonia molto più solenne marca il suo passaggio al grado di kalfa dopo tre anni di servizio presso un artigiano. Tutta la corporazione è presente; a questa occasione il recipiendario riceve, per la prima volta, l'abito del suo mestiere. Dopo la lettura di sure del Corano e qualche preghiera, il presidente della corporazione lo cinge con una corda (pestemal sed) e gli trasmette dei consigli caratteristici del mestiere..." (16).
Nei rituali anglosassoni e soprattutto americani si conserva l'uso della corda anche al 2° e 3° grado. Ad esempio per il passaggio dal 1° al 2° grado la corda si arrotola due volte al braccio destro, mentre per il passaggio al successivo grado la corda cinge tre volte come cintura i fianchi del neo-Maestro (17).
Per ciò che concerne l'uso della corda i rituali e i catechismi ci offrono considerazioni differenti. Un punto sembra essere comune e cioè che la corda non dev'essere lasciata solamente pendere dal collo del recipiendario bensì serve all'Esperto per "tirare dolcemente" (18) lo stesso durante le fasi del rituale. Diverse sono le opinioni riguardo i tempi in cui deve essere tolto al candidato. Il R.S.A.A. francese indica il momento dopo il giuramento compiuto sulla coppa delle libagione e quindi prima dei viaggi simbolici, il Rito Emulation dopo l'obbligazione solenne e dopo aver ricevuto la Luce, quindi dopo i viaggi. L'Esperto dovrebbe, in effetti, utilizzare la corda per portare il candidato con diverse modalità: inclinato durante il suo ingresso "soggiogato" dalla porta del Tempio, tirato con "decisione" durante il 2° viaggio, con "dolcezza" durante il 3° viaggio e libero durante il 4° e ultimo viaggio. Durante quest'ultimo viaggio sarebbe opportuno toglierlo nel momento in cui si sostituisce questo legame "fisico" con quello "spirituale", quindi al momento del giuramento, della consacrazione o dell'illuminazione che lega definitivamente il neofita con la Loggia.
Interessante mi pare il dato secondo il quale questo "cinturamento" (che nella nostra iniziazione ritroviamo anche nel conferimento del grembiule) sia in realtà l'assunzione della corda da parte del Maestro, corda che, da strumento di "schiavitù", diventa strumento di "misura" essendo identificata alla corda a 13 nodi attributo proprio della maestria. Ancor più interessante però è la corrispondenza che alcuni Catechismi sottintendono e cioè la relazione della corda con la lingua il che implica considerazioni assai estese che qui si vuole solo proporre e cioè l'uso della parola come strumento operativo da parte dell'iniziato nei diversi gradi del proprio cammino iniziatico.



1. Cable Tow nei rituali e nei catechismi inglesi.

2. Ancora lo stesso Catechismo propone un'altra questione relativa al cappio: D. Perché avevate una corda intorno al collo? R. Per impiccarmi nel caso io tradissi la fiducia posta in me.
Il Catechismo intitolato Guida dei Mssoni Scozzesi propone la seguente questione: D. Qual’era dunque questa preparazione? R. Non ero né nudo né vestito; privato di tutti i metalli, con una corda al collo, fui in tal modo condotto alla porta del Tempio, tenuto per mano da un amico, che avrei più tardi riconosciuto per mio Fratello.
Il Catechismo intitolato I tre colpi distinti invece : D. In che modo foste preparato, Fratello mio? R. Non ero né nudo né vestito, né con i piedi nudi né calzati, privato di tutti i metalli, gli occhi bendati, con una corda al collo, venni condotto alla porta della Loggia con movimenti incerti per mano di un amico che più tardi scoprii essere un Fratello. D. Perché eravate né nudo, né vestito; né a piedi nudi né calzato, con una corda al collo? R. Perché se mi fossi ritirato e fossi uscito per strada correndo, la gente [vedendomi] avrebbe detto che ero folle; mentre se un Fratello mi avesse visto, mi avrebbe riportato facendo giustizia in tal modo.
L'uso della corda al collo del candidato è tutto sommato eccezionale nei rituali del XVIII secolo. In una divulgazione del 1747 intitolata "I Liberi Muratori E" si spiega che la corda serve a guidare i candidati nei suoi viaggi.
L'aspetto "umiliante" del simbolismo può essere rintracciato in I Re, XX, 31 dove viene descritta la sconfitta dei Siriani e Ben-hadad : "mettiamoci dunque ai fianchi dei sacchi, e delle funi ai colli nostri, e andiamo incontro al Re d'Israele…". Anche un rituale inglese del '800 fa descrivere al neofita il Cable Tow come "questo umiliante potere".

3. Una "corda ruvida" in alcuni rituali o una "corda blu" secondo altri la sua misura viene identificata in Maçonnerie disséquée in nove pollici: cfr. Philippe Langlet, Des Rites maçonniques, pag. 80

4. René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, cap. Legami e nodi.

5. René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, cap. La "cruna dell'ago". Nel caso specifico del Kundalini Yoga, la divinità che presiede il secondo Chakra a livello dei genitali è Vishnu, rappresentato nel fiore della giovinezza, vestito di giallo e con un cappio in mano: tale relazione è degna di nota in quanto il secondo Chakra corrisponde alla sefirot Yesod, anch'essa in relazione con i genitali dell'uomo e con la posizione del F. Copritore interno il quale è lui che riceve alla porta del Tempio il candidato che gli si presenta con la corda al collo.

6. Ricordiamo che nella tradizione indù Ganesha presiede alla Conoscenza, ed è notevole osservare come in numerose raffigurazioni illustranti i suoi numerosi aspetti, la divinità sia identificata proprio dal cappio: ad esempio il cappio ne è attributo come Dvimukha Ganapati (Ganapati dai due volti). E' di colore bluastro, vestito di seta rossa. Tiene il cappio, il pungolo, la sua zanna rotta ed un cofanetto di gioielli. Come Durga Ganapati (Il Salvatore) tiene in mano l'arco e la freccia, il cappio, il pungolo, il rosario, la sua zanna rotta, una melarosa ed il vessillo della vittoria sull'"oscurità". Come Heramba Ganapati (protettore dei deboli). è di colore bianco e cavalca un leone, una mano assume abhaya mudra (che allontana la paura) e l'altra varada mudra (che concede benedizione), tiene il cappio, il rosario, l'ascia, il martello, la zanna, una ghirlanda, frutta e mudhak. Come Lakshmi Ganapati è di colore bianco, ai suoi fianchi tiene Saggezza e Conquista: una mano in varada mudra tiene un pappagallo verde, un melograno, la spada, il pungolo, il cappio, il recipiente per l'acqua ed un ramoscello di kalpavriksha (albero sacro, ritenuto crescere nel paradiso di Indra, che concede tesori e buona fortuna). Come Maha Ganapati (il Grande). è di colore rosso ed è accompagnato da una delle sue shakti: nelle mani tiene la sua zanna, un melograno, un lilla, la canna da zucchero, l'arco, il disco, il cappio, il loto, un ramoscello di riso, la mazza ed un cofanetto di gemme. Come Nritya Ganapati (Il felice danzatore) è i color d'oro, con anelli alle dita, tiene la zanna, il pungolo, il cappio, e i dolci di mudhak, danza sotto l'albero di kalpavriksha, simbolizzando il livello di attività e di gioia. Come Shakti Ganapati viene rappresentato con una delle sue skakti seduta sul ginocchio, il Potente è di color arancio e protegge il capo-famiglia, tiene una ghirlanda, il cappio e il pungolo e con la sua mano destra assume abhaya mudra. Come Trimukha Ganapati (dai tre volti) è di color rosso, è seduto su un fiore di loto dorato, tiene il suo rosario (i cui semi sono di legno di sandalo) cappio e pungolo ed un recipiente contenente amrit (nettare, ambrosia, bevanda d'immortalità), con una mano mostra Abhaya mudra e con l'altra Varada mudra. Come Tryakshara Ganapati (dalle tre lettere -akshara: A U M) è di colore dorato, tiene la zanna rotta, il cappio , il pungolo ed un fiore di mango. Come Varada Ganapati (l'Auspizioso) viene raffigurato on un prominenete terzo occhio della conoscenza, tiene del miele, cappio e pungolo, e cinge la vita della shakti seduta sulle sue ginocchia, un crescente di luna adorna il suo capo. Come Vighna Ganapati (Signore degli ostacoli) è dorato ed ornato di gioielli, le sue otto mani tengono cappio e pungolo, zanna, mudhak, la conchiglia e il disco (attributi di Vishnu) un bouquet di fiori, canna da zucchero. Come Vijaya Ganapati (Il Vittorioso) è di color rosso, cavalca Mushaka, tiene la zanna, il pungolo degli elefanti, il cappio ed il suo frutto favorito: il mango. Infine come Yoga Ganapati è assorto nel Mantra japa, le gambe in posizione meditativa. Tiene uno stelo di canna da zucchero, il cappio, il rosario e la stampella degli yogi (uno strumento che serve a comprimere l'ascella destra o sinistra, per sbloccare i rispettivi flussi respiratori). Il suo colore è quello del sole all'alba ed è adornato di abiti blu. Notiamo come tra gli altri emblemi di Ganesha vi sia ripetutamente anche il "pungolo d'elefante" ankusha con il quale la divinità esorta l'uomo ad incamminarsi sulla via della rettitudine e verità.

7. Cfr. Dante, Purgatorio. x, 16. Il simbolismo della porta stretta nei nostri rituali viene messo in opera con il passaggio del recipiendario attraverso la porta del Tempio in posizione abbassata come se dovesse passare sotto ad un giogo.

8. Cfr. Ie raffigurazioni simboliche di Shinje, la forma tibetana cli Yama.

9. Cfr. René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, cap. La "cruna dell'ago".

10. Cfr. René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, cap. La "cruna dell'ago".

11. Rimane quindi corretto l'uso di togliere la cravatta al candidato e non solamente allentarla al momento della preparazione alle prove.

12. René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, cap. La "cruna dell'ago".

13. Corano, Sur a 111 Al-Masad, "Le fibre di palma".

14. Yahya Agâh Efendi, citato da Nurhan Atasoy, Dervis Ceyizi. Türkiye'de Tarikat Giyim-Kursam Tarihi, in Thierry Zarcone, Secret et sociétés secrètes en Islam.

15. Fondatore storico di queste confraternite è, nel mondo arabo, Salman compagno del Profeta Muhammad il cui nome da un certo momento si tramuta in Salsal. Questo nome si forma sulla parola silsila ovvero "catena" ed il cui valore S+L+S+L = 180 è identico al suo nome originario S+L+M+N.

16. Thierry Zarcone, Secret et sociétés secrètes en Islam, pag. 111

17. Anche negli Alti Gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato troviamo la presenza della corda al collo, così al 4° grado (Maestro Segreto) il recipiendario dovrebbe essere ricevuto nella Camera "con una corda e una catena al collo", mentre solo la corda al collo è presente al 5° grado (Maestro Perfetto) al 25° grado mentre il 29° grado (Grande Scozzese) è simbolo d'Umiltà.

18. Così si esprime il Rituale Emulation.
 


 

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