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Stato e Sapienza Occulta in Mazarino


É ormai ben noto che, senza il Cardinale Richelieu, il sistema assolutistico in Francia e, successivamente, nel resto d'Europa sarebbe stato impossibile.
La Riforma, e la correlata e successiva “Notte di San Bartolomeo” (23-24 Agosto 1572), azione dei cattolici contro gli ugonotti di Parigi (1) sono un ridisegno geopolitico dell'Europa con l'asse che va verso la Spagna (infatti la “Notte” avviene poco dopo la vittoria di Lepanto) e la ristrutturazione interna dell'area tedesca, che trova lentamente nella predicazione di Martin Lutero un modello di unità politica e statuale (2).
Per la Francia, il nuovo modello assolutistico deve comprendere sia l'autonomia dal cattolicesimo romano della monarchia spagnola, in “nemico ad Ovest”, sia la differenziazione dalla Germania luterana e, possibilmente, il suo smembramento. “Il nemico ad Est”.
Sembra di leggere, secoli prima, la pianificazione strategica della Francia gollista dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, cessazione temporanea di quella “guerra civile europea” (3) che si delinea nei modelli culturali, storici, geopolitici proprio nel contesto della Guerra dei Trent'Anni.
L'Esoterismo assolutista serve a giustificare, fondare, unificare questo grande progetto geopolitico e strategico della Francia di Richelieu e, poi, di Mazarino.
Quindi Caterina DÉ Medici, appassionata di astrologia e magia come tutti i membri dell'élite fiorentina del Rinascimento, sposa di Enrico II, teme soprattutto il passaggio, che infatti poi avverrà, dalla dinastia di Navarra a quella dei Borbone (4) con Luigi XIV e dopo Enrico IV di Navarra, erede del trono dopo la fine dei Valois-Angoulème che persero il trono dopo che, sulla base della legge salica, “la legge di un popolo che non è mai esistito” (5) a favore della oinea che da Roberto di Clermont, figlio cadetto di Luigi IX il Santo, arriva ad Enrico III di Navarra, primo Re capetingio della dinastia dei Borboni.
Quando il Gran Maestro dei Templari, Jacques de Molay, muore bruciato sull'”Isola della Città” parigina, nel 1314, un luogo di tortura e maledizione per gli ebrei, lancia la maledizione al Re Filippo il Bello secondo la quale “un giorno un mio discendente ucciderà il tuo discendente”. E fu così. La ghigliottina per Luigi XVI era decorata, nella parte superiore, con segni e simboli che non potevano essere casuali.
Due “corpi del Re” che si sostituiscono e che forse, proprio per questo, vanno incontro ad un tragico destino (6)


Ma torniamo a Richelieu e a Mazzarino. Nostradamus è consultato spesso dalla Regina di Firenze, ed è un Ebreo convertito (7).
E, malgrado le profezie negative di Michele “della Nostra Dama” (la Madonna) Caterina dÉ Medici organizza le nozze tra sua figlia, la principessa Margot, e Enrico di Navarra.
Ma la nuova moglie di Enrico fu ancora una Medici, Maria, e il trono dovette essere attribuito al figlio della nuova unione, Luigi XIII.
É in questo contesto di scambio dei “corpi del re”, che rende del resto modernamente astratto l'assolutismo di Richelieu e Mazarino, che occorre definire il ruolo, alla corte francese, di Eleonora Galigai, sorella di latte di Maria de' Medici, maga e occultista di notevole rilievo nell'ambiente europeo (8), legata alla magia “operativa” delle tradizioni orientali che arrivavano a Firenze dal Medio Oriente e dai mercati dell'Asia, e moglie di Concino Concini (9), Maresciallo d'Ancre e uomo forte della corte francese.
É tramite Concino Concini e la Galigai che Richelieu inizia la sua carriera politica a corte, Concini viene ucciso da una congiura, il 24 Aprile 1617, ed è proprio Luigi XIII ad assumere, in un contesto di assolutismo non ancora moderno, il potere appunto assoluto.
La Galigai viene processata e arsa viva come strega, nello stesso anno in cui il consorte viene assassinato da questa congiura probabilmente gestita sia dal Re che dalla madre, Maria de' Medici, che continua ad influenzare il Sovrano anche dal suo ritiro nel castello di Blois (10).
La magia, bianca o “nera”, viene letta come essenza del potere, poiché tramite essa si opera a distanza sulle persone e le cose, e si inducono stati di coscienza più o meno realistici, ed è proprio questo il fine e il meccanismo del potere politico.
Il Potere, il “mana” delle tribù primitive, è appunto una azione non-fisica a distanza che modifica il comportamento dei subjecti (11). Il Sovrano, soprattutto se è Assoluto, è il custode dei poteri pre-logici, pre-temporali, pre-razionali che muovono le folle, sia nella “mentalità primitiva” di Lévy-Bruhl che nelle civiltà moderne, o della “tecnica”, la quale, di per sé, non modifica in nulla il sistema psichico delle masse e dei singoli (12).
E lo psichismo primitivo, come ci ha spiegato un altro grande antropologo francese, Lèvy-Strauss, permane intatto nell'uomo moderno, è il suo nesso con il “cervello rettiliano” e con quello dei mammiferi, prima del passaggio alla dimensione e alla struttura cerebrale dell'homo sapiens sapiens (13).
 

Ma torniamo a Richelieu, che ha letto bene il Machiavelli, e riesce quindi a sopravvivere alla morte dei suoi maghi protettori, e mantiene un legame con Maria e, in particolare, con un'altra “strega”, che sostituirà la Galigai nel cuore della Regina-madre, Catherine Hammon (14), calzolaia di Loudun e figura all'origine del celebre processo per stregoneria reso ancor più noto da un libro di Aldous Huxley che, all'inizio della “società dei consumi”, legge con attenzione le origini “nere”, negromantiche, dello Stato Assoluto e il nesso tra black magic e cultura pop contemporanea (15). Magia sessuale, potere, comando tramite gli istinti sui cittadini: il quadro psico-politico è modernissimo e insieme antico.
Se la religione pubblica, cattolica o evangelica riformata, è la credenza del popolo, il mana dell'uomo comune e l'essoterismo del Vangelo, che viene ridotto inevitabilmente, nelle Chiese ufficiali, a sistema normativo e paralegale, per le élites le “religioni occulte”, siano esse “bianche” o altro, sono le sapienze esoteriche, il mana delle classi colte, e gran parte del problema politico-culturale, nell'età dell'Assolutismo ma anche ai giorni nostri, consiste nel rendere coerente l'essoterismo della religione popolare, l'accettazione, secondo le regole tradizionali della Massoneria, della “religione del luogo”, con l'esoterismo delle classi dirigenti (16). I due “mana”, per funzionare entrambi, devono incontrarsi.
É proprio la calzolaia a lanciare un attacco anonimo contro Richelieu, nel 1827, che il cardinale rintuzza mediando tra la Regina Madre e Luigi XIII e, soprattutto, spingendo la monarchia verso una lotta senza quartiere (la guerra dei Trent'Anni è iniziata nel 1618) contro gli Asburgo d'Austria e di Spagna.
L'apertura, tramite l'esoterismo del potere assoluto, dello spazio per la Francia egemone in Europa, contro due potenze cattoliche e “meridionali”.
É lo stesso anno, il 1618, in cui si diffonde in tutto il continente il “manifesto” rosacrociano, altro punto di snodo della cultura politica e, diremmo, strategica dell'Europa moderna.
É questo il momento in cui il Cardinale rompe con tutta la tradizione esoterica di cui a quel momento si è nutrito.

 

Per i Gesuiti, soprattutto per quel Pére Garasse che avrà una lunga consuetudine intellettuale con Cartesio, anch'egli accusato di essere un “Rosa+Croce” (17) la setta occulta è una emanazione di quell'”ateo” di Lutero, ed è quindi questo il nesso politico tra nuovo assolutismo, così come Richelieu lo ridisegna dopo la crisi dei “diavoli” di Loudun, e le reti sapienziali che, all'inizio della Guerra dei Trent'anni, ripropongono in forma nuova e “coperta” quella connessione tra magia operativa e politica che era stata caratteristica del Rinascimento.
Cambia così la geografia dell'occulto in Europa: se prima il potere centrale era collegato a pratiche note di magia operativa, oggi queste stesse attività vengono diffuse in reti invisibili (è proprio uno dei termini con i quali i Rosa+Croce si definiscono, l'”Accademia degli Invisibili”) che genereranno, di lì a poco, le tradizioni massoniche, con l'inserimento dei massoni “speculativi” nelle Logge “operative” e di mestiere (18).
É interessante vedere come la propaganda della Chiesa di Roma legga il Rosa+Croce come longa manus della Riforma, mentre nei Paesi del Nord che accettano la nuova religiosità di Martin Lutero la rete dei “sapienti incogniti” opera nello stesso modo in cui agisce nei Paesi che rimangono cattolici (19).
Il Cardinale, qui, proprio nelle more del caso delle Orsoline invasate di Loudun, se non ha alcuna difficoltà a reprimere senza pietà il fenomeno, si pone il problema-chiave dell'Assolutismo nuovo che, insieme al suo erede Mazzarino, stabilisce il concetto “cartesiano” che è la Ragione la fiaccola che rischiara il Principe nel governo di sé stesso e del suo Stato (20)
Ma rimane un nesso, ben evidenziato da Cartesio nel suo saggio sul Buon Senso (21): i Rosa+Croce erano forse dei “filosofi” di vasto rilievo, che il teorico solipsista del “Discorso sul Metodo” non condanna a priori. É finita, è proprio il caso di dirlo, la “caccia alle streghe” dei Rosa+Croce.
La “ragione” rischiarata di Cartesio, però, arriva dopo un processo al fondo dell'Io, dopo una analisi della realtà come probabile finzione, che ha molto a che fare con una pratica esoterica o con una tecnica, come direbbero oggi gli psicanalisti, di “costruzione del sé” (22).
É il quadro in cui si trova ad operare il Cardinale Mazzarino: da un lato, il prelato utilizza, come il suo predecessore, i protestanti (e sarà un pastore riformato, Desaguliers, a fondare insieme a Newton la Royal Society e la Massoneria “speculativa” del 1717, mentre il mito occultista della “forza di gravità” newtoniana si diffonde nel Primo Illuminismo) (23).
Il tema del cardinale Mazzarino sarà quello della correlazione tra Visibile e Invisibile, con un punto di sutura che è quello del Grande Monarca (24), che media tra il Re invisibile (che è Dio, ma si tratta del “Dio dei filosofi”) e il Re visibile, che usa la Ragione cartesiana per “tenere lo Stato”, secondo la formula machiavelliana.


Il Mago Politico non è più, nella visione del cardinale italiano, un mago “nero” (anche se può utilizzare, a fin di bene, pratiche negromantiche) ma un sapiente che unisce il bon sens cartesiano con la sapienza occulta di quelle reti che, a partire dalla sconfitta dei Rosa+Croce e dal loro inabissamento, sono alla testa del rinnovamento culturale europeo.
Così come la scienza matematica e fisica “copre” la sapienza occulta di Newton e la sua teoria cabalistica (25) e magica, così la sapienza politica di Mazzarino “copre” la sua gestione sapienziale e occulta dello Stato, che è luogo di forze invisibili che, come nella magia operativa, vanno comandate con forze visibili.
Il legame tra i due livelli è quello delle nuove reti sapienziali: la Massoneria, la teoria dello Stato assoluto di Jean Bodin, anch'egli interessatosi alla magia in gioventù (26), Stato che è un macroantropo come le immagini dell'Uomo Originario della Cabala Ebraica, le reti dei nuovi savants che l'Illuminismo costituisce come classe sociale a parte, le stesse aree eterodosse (Compagnia di Gesù (27), cappuccini, teatini, barnabiti, etc.) della Chiesa di Roma.
Non è un caso che la Compagnia fondata da sant'Ignazio di Loyola faccia esplicito giuramento al Papa come Sovrano Assoluto.
Poussin, pittore principale per il Cardinal Mazzarino, lascia segreti, cifre e frasi templari nei suoi dipinti (28) e qui il templarismo è quello che sarà codificato nel Rito Scozzese Antico e Accettato: la riscossa del Sovrano Assoluto legittimo contro Filippo il Bello e la sua schiatta di “traditori” capetingi.
L'Arcadia nasce come società di savants e letterati, ma si trasforma rapidamente in una trama di saperi occulti, secondo alcuni legati alla Massoneria (29).
Il nesso è, politicamente, chiaro: l'Arcadia dei pastori e delle deità precristiane è il luogo dell'uomo rigenerato, che non ha più bisogno delle sovrastrutture “razionali” ma collega immediatamente, come deve fare il Sovrano Assoluto, raison et coeur (30).
Il classicismo sta all'arte come la scienza visibile newtoniana alle sapienze occulte che copre e disvela, e il classicismo sta alla politica come la Ragione disvelata, ben piantata nelle sue radici esoteriche, sta al comando casuale e irrazionale del Principe machiavelliano, con il quale “li stati” nascono e muoiono. L'Assolutismo è un grande progetto per costruire lo Stato moderno, che infatti non si emanciperà mai del tutto da queste tradizioni, che sopravvive alla società, ai Re e perfino ai maghi.


Ma quale è propriamente la filosofia politica di Mazzarino? Possiamo leggerla soprattutto nel suo “Breviario dei Politici” (31). Per comprendere bene il “Breviario” occorre, a nostro avviso, leggerlo in parallelo con il Principe del Machiavelli.
Per il Segretario fiorentino, la scienza della politica è una teorica del raggiungimento del Potere, che in seguito deve parere definitivo, stabile, quasi eterno e, soprattutto, naturale nel suo funzionamento.
Il Potere deve parere stabile e eterno, mentre nella realtà effettuale della cosa, sempre per usare una formula machiavelliana, il Potere è quanto di più instabile e incerto vi sia al mondo. E il Principe, arrivato a detenere il comando, lo sa benissimo.
Il Principe machiavelliano prende il potere e poi riveste questa sua vittoria da “principe novo” con i paramenti di un potere antico, di una tradizione arcaica, di una razionalità quanto più vicina a quella del popolo dominato e alle necessità che il principe “novo” stabilizzi definitivamente il suo potere e lo trasmetta ai suoi eredi, come se fosse la sua roba.
Per il cardinale Mazzarino, ministro di Luigi XIV e quindi di un “principe antiquo”, il problema del politico non è arrivare al potere ma detenerlo in modo assoluto, etimologicamente sciolto da legami, fondamenti, autorità alternative, giustificazioni.
Ecco quindi la polarizzazione del “lavoro del politico” verso due modelli, derivati entrambi dalla classicità (mentre per Machiavelli i riferimenti degli exempla, nel “Principe”, vanno dalla Bibbia ai politici a lui contemporanei):simula e dissimula.
La riproposizione del criterio del Manuale di Epitteto, sustine et abstine, “sopportati e astieniti” (32).
Come le belle arti riprendono il classicismo dell'età imperiale, così la teoria politica di Mazzarino ricostruisce l'Assolutismo a partire dalla filosofia greca e latina.
E, peraltro, la simulazione e la dissimulazione politica, arte essenziale del Capo, sono la riproposizione di quel “conosci te stesso” che è anch'esso all'origine della filosofia classica ma, si noti bene, non della teoria politica greca e latina, che sono teoriche del potere e della natura soggettiva e immodificabile degli uomini destinati a detenerlo, quanto piuttosto dell'etica privata.
Il Sovrano costruisce la sua teoria dello Stato Assoluto, agli albori dell'Europa moderna, attraverso una filosofia dell'etica privata, poiché lo Stato è il suo Privato (33), e la natura della cosa pubblica è strettamente connessa alla sostanza del suo Essere, al carattere e all'indole della sua persona.
In quegli anni, peraltro, la filosofia di Cartesio definisce la nuova forma dell'Io: non più entità corporea e materiale, ma fondamento del pensiero e dell'identità.
Non più, come nella tradizione prerinascimentale, soggetto concreto, fisico, destinato al decadimento fisico e alla morte, ma dimensione e fondamento non solo del Pensiero, di qualsiasi pensiero, ma dello stesso mondo, che si definisce in relazione all'Io che lo pensa (34).
Lo Stato Assoluto, legato alla Volontà astratta del Sovrano, il suo Io puro cartesiano, non è destinato al decadimento, a meno che il Capo politico non escluda dalle sue scelte di Stato quella stessa soggettività materiale che Cartesio elimina dalla definizione dell'Io.
Ecco quindi la necessità logica della simulazione e dissimulazione raccomandate dal Cardinale Mazzarino. Il Principe del Machiavelli è una persona fisica che arriva al potere e si riveste di quei panni classici dei quali lo stesso Segretario fiorentino si vestiva, almeno simbolicamente, quando studiava i suoi amati classici (35), ma il Sovrano Assoluto è l'Io di Cartesio (36), necessario e immateriale, invisibile e proprio per questo fondamento della percezione.
Sia detto tra parentesi, è proprio con lo Stato Assoluto che inizia una economia del surplus in Europa, che deriva sia dalla capacità dello Stato Sovrano di raccogliere risorse come mai era accaduto prima, nei secoli del particolarismo medievale e dei piccoli Stati del Rinascimento italiano, evitando l'autoconsumo, sia stimolando la produzione con investimenti che riguardano la spesa in beni di lusso e simbolici del Re e le grandi infrastrutture, soprattutto belliche (37).


Ma torniamo a Cardinale Mazzarino e al suo Breviario. “Conosci te stesso” è quindi la stessa funzione, in una progressiva reductio ad unum che ricorda da vicino la scarnificazione dell'Io fisico e psicologico elaborata da Cartesio, della dissimulazione, che è il modo con il quale il Sovrano o il suo consigliere evitano che gli impulsi, le preferenze soggettive, le passioni dell'anima (termine cartesiano (38)) modifichino e deformino il perfetto disegno dello Stato Assoluto, che è fondato sul Sovrano come persona fisica, ma anche e soprattutto sul Principe come Soggetto Immateriale, mitico, eterno.
Non è un caso che, nell'arte di Poussin e dei pittori di corte francesi, il Re sia mitizzato come figura antica e letteraria, Ercole o altri Dei dell'antichità (39).
Il contrario dell'uomo perfettamente cosciente, e quindi capace di simulare e dissimulare le sue passioni umane e unicamente soggettive,carnali e concupiscenti, è il regno delle passioni incontrollate, che sono caratteristiche di quella che il Cardinale chiama la massa concitata.
Uomo singolo e razionale, perché collegato alla tradizione eterna della filosofia classica (nella quale, sia detto per inciso, e si tratta di un Cardinale di Santa Romana Chiesa, il Cristianesimo ha scarsissimo influsso) e massa indistinta che, proprio in quanto massa, in quanto insieme indifferenziato di corpi e di desideri, è inevitabilmente dominata dalla irrazionalità e dalla incapacità di moderare, nascondere, ritmare e scandire nel tempo i propri bisogni. Un tema di Leonardo da Vinci, “se sei solo sei uno, sei sei in due sei metà” (40).
Ortega y Gasset parlerà, per il Novecento, di una età della rebellion de las masas (41) in cui lo Stato è preda non della volontà cristallizzata del Sovrano, soggetto moderato e “educato al comando”, ma degli istinti incontrollati, immediati e materiali delle masse, appunto.
Ma anche in questo caso, per lo storico spagnolo, si potrà parlare di un “assolutismo popolare” non meno dispotico, anzi di più, di quello del Sovrano tradizionale.
L'uomo completo e quindi il Sovrano è tale poiché ha raggiunto la gravitas dei classici, e quindi è capace di usare quella primaria virtù politica che, per Mazzarino, è la discrezione.
Se il potere si rivela, muore, si disfa, si consegna a regole ad esso estranee, e si moltiplica in mille determinazioni fisiche che non riguardano la sua essenza astratta, il suo Io cartesiano; ma se il Potere, proprio in quanto assoluto, si nasconde agli occhi pericolosi e semplificatorii delle moltitudini, allora permane e si rafforza per sua stessa natura.


Per il cardinale Mazzarino, qui allievo di Richelieu, occorre astenersi dal mostrare ciò che non è assolutamente necessario al comando politico, ed è così che si realizzano gli obiettivi profondi dello Stato.
Come dirà Nietzsche, ciò che è profondo ama la maschera (42).
Che non sono, gli obiettivi dello Stato, quelli di semplicemente durare e trasformarsi da Principato Novo in Antiquo, secondo il modello machiavelliano, che è mutuato su quello della Chiesa Cattolica, ma di costruire progressivamente la razionalità assoluta e cogente del proprio funzionamento.

Lo Stato Assoluto di Mazzarino (e di Richelieu) è ciò che l'analisi matematica cartesiana è per l'equilibrio delle forze reali.
E qui arriviamo alla questione del Segreto, che è essenziale nella teoria politica dell'assolutismo.
Il secretum è, etimologicamente, ciò che viene prodotto dall'interno di un organismo e ciò che non si vede, e per Mazzarino le due etimologie si sovrappongono.
Il segreto del Cardinale permette di fingere in modo completo, e quindi realizzare al massimo grado l'arte del governo, e di intercettare gli intendimenti, le volontà, le scelte degli altri, amici o avversari (ma per l'uomo di governo sono tutti potenziali avversari) e quindi anticipare le mosse dei concorrenti e dei temporanei alleati (43).
É il tempo la funzione primaria del Politico moderno, secondo il Cardinale Mazzarino, e chi comanda il tempo comanda lo spazio, proprio come nella fisica cartesiana. E chi comanda lo spazio comanda i corpi che lo abitano, proprio come accade nelle teorie sull'”animale-automa” di Cartesio (44).
Vale qui la pena di ricordare come, in anni a noi vicini, si sia definita una “teoria politica della velocità”, o dromologia, che consente di valutare nel pensiero, prima che si realizzino, gli effetti di una scelta politica o economica (45).
Uno sperimentare “nella ragione” che ricorda da vicino le teorie epistemologiche di Ernst Mach, fondate proprio sulla critica dei dati di senso (46).
Ma torniamo, come dicevamo sopra, al secretum. Per il cardinale, il segreto è l'essenza del politico, e vale sia per proteggere il proprio lavoro che per analizzare il secretum altrui, che è il principale materiale di cui si nutre l'agire politico dello Stato Assoluto.
Il Potere e il Segreto si sovrappongono, e sarà solo con la progressiva decadenza della Monarchia assoluta che il Potere si separerà dal Segreto e dalle organizzazioni che lo tutelano e che lo teorizzano (47).
Il potere è il segreto, e tanto maggiore è l segretezza di una azione tanto maggiore è la sua politicità, il contenuto oggettivo del suo potere, il suo potenziale di dominio. Tanto più una decisione è segreta, tanto maggiore è la sua capacità di sprigionare potere.
Il massimo della segretezza corrisponde al massimo di potere ma, naturalmente, il potere non può non mostrarsi, e quindi non può non sottoporsi a quel processo di lento decadimento che corrisponde, nell'universo politico, al lento decadere degli uomini con l'invecchiamento.
Solo il Re che non si vede, e che non si tocca, è simile all'Eterno, e rende stabile indefinitamente uno Stato (48).
Se è vero che, come afferma Tocqueville, è stata proprio la Rivoluzione Francese del 1789 a concludere il lavoro di unificazione nazionale e di fuoriuscita dal particolarismo medievale (che è anche tipico dello Stato del Rinascimento) che era iniziato con la Monarchia Assoluta, allora si comprende meglio la dislocazione del secretum dalle sole stanze del Potere alle Logge rivoluzionarie della Massoneria (49). Dal segreto dei Principi a quello degli Iniziati, che divengono, tramite la Rivoluzione del Trinomio, detentori del Segreto Politico post- assolutistico.
Il Cardinale definisce quindi il particolare tipo umano di colui che sa detenere un segreto e scoprirlo negli altri: è un “uomo da bene”, un termine che ricorda gli honnetes hommes, paradossalmente, dei libertini del Seicento francese (50).


Un uomo che “si riconosce dalla coerenza e dal tenore della sua vita”, e qui il valore della coerenza è un criterio strettamente razionalistico e cartesiano, poiché anche il filosofo che scopre l'Io astratto ritiene che le “passioni dell'anima” vadano misurate, controllate e sottoposte alla Ragione (51), non mostra caratteristiche specifiche (Cartesio le avrebbe definite inclinazioni) nel parlare e nel porsi in relazione con altri, del tutto estraneo alla malinconia e alla flemma.
La malinconia è tipica della natura artistica (52) la figura classica del “maliconico” è Democrito e, nella storia dell'arte sei-settecentesca, vengono definiti come malinconici i caratteri estatici come quelli in cui viene ritratta Maria Maddalena, o alcuni Santi nelle loro Visioni (53).
Il Principe Assoluto non ha visioni, non è lunatico o intrattabile e imprevedibile, non fa arrivare le sue “passioni dell'anima” al livello della coscienza.
Detto tra parentesi, è proprio l'individuo che non ha più bisogno di moderarsi o controllarsi, poiché ha già stabilizzato la sua psiche, ad essere il modello di “psicanalisi terminata” per Sigmund Freud (54).
Il controllo delle proprie passioni, spontaneo e naturale, equivale alla capacità di detenere il segreto e alla capacità di esercitare il dominio sugli altri.
L'individuo “flemmatico” è anch'egli un individuo imprevedibile non per il suo segreto, che deve essere il suo solo moto razionale, ma per il suo carattere, lento e tardo nell'agire (55), mentre l'individuo nato per il comando, secondo il “Breviario” di Mazzarino, bilancia tutte le tipologie dell'animo umano catalogate fin dall'antichità ( sanguigno, collerico, flemmatico, malinconico56) e le compendia in un equilibrio che ricorda molto da vicino l'”equilibrio assoluto del moto” in Cartesio (57).
 

Bilanciare i sentimenti come le membra del corpo: il testo del Breviario del Cardinale Mazzarino è esplicito al riguardo: l'esercizio del controllo sull'esterno, sul corpo, come già affermava Sant'Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali, porta ad un lento ma sicuro controllo sulle “passioni dell'anima” (58). L'ultimo testo, incompleto, di Renè Descartes.
Viene da pensare all'uomo perfetto disegnato dal Cardinale come ad un sapiente orientale esercitatosi nelle arti marziali, nelle quali ha imparato la misura, la durata infinita dell'arte e, soprattutto, il segreto della sapienza profonda, che non può essere detto, ma solo indicato, poiché da solo si sceglie l'uomo dal quale si farà portare, sempre con assoluta discrezione (59).
L'uomo perfetto, quindi, non è affatto un narcisista: non sovrappone al segreto supremo dell'arte del governo la propria ambizione personale visibile, che si diluisce e diviene tutt'uno con la sopravvivenza e l'espansione dello Stato, non si mostra per il solo piacere di farsi vedere, con il pericolo di essere “tipizzato” e reso una semplice maschera, una figura da porre, magari, al ludibrio dei più. L'uomo di Stato di Mazzarino non è un super- uomo, nel senso delle teorie post-romantiche dell'”io potenziato”, ma è un oltre-uomo, secondo la corretta etimologia e traduzione del termine nicciano di “uebermensch”.
Poche parole, taglienti e che siano “come sentenze”, ovvero come comandi impliciti, come consigli che non si possono trascurare, come descrizioni di fatti essenziali.
É, tutto questo, il frutto di una pratica interiore del dominio di sé che autorizza chi la eserciti in sommo grado ad esercitare il dominio sugli altri.

Simulare, dissimulare, fingere, nel senso leopardiano e filologicamente corretto, in latino, di “costruire con il pensiero” (60). Ovvero, costruire un “animale politico”, lo Stato, che non esiste in natura ma che è indubbiamente di assoluta necessità naturale ed anzi, secondo il Cardinale, più è ab-solutus, più è necessario.
É il modello, in altri contesti culturali, del Leviatano di Hobbes. Modello, fra l'altro, che circola anche nel progetto politico, per quanto poco abbozzato, dello stesso Cartesio (61).
Per il filosofo francese, la sostanza pensante e la sostanza corporea sono due substantiae diverse (62). Per il teorico della politica inglese, “io penso” e “io sono” sono la stessa identica frase, e la sostanza materiale che fa da sostrato all'Io, al Pensiero e alla Realtà è una e una sola.
In termini politici, il Sovrano Assoluto non ha limiti alla propria soggettività, che è Legge, in quanto viene proposta dal Sovrano, che pure garantisce, secondo il modello del Leviatano, la vita e la tutela della proprietà dei Sudditi.
Tanto il Re garantisce la pura sopravvivenza e il mantenimento delle proprietà dei sudditi, tanto più Egli ha diritto assoluto di essere un Sovrano ab-solutus, sciolto da tutti gli altri doveri verso i sudditi.
Per Mazzarino, e per Cartesio, invece, il Soggetto Pensante ha le sue leggi interne e partecipa di una natura che è quella del Pensiero, il modello tramite il quale è stato creato l'Universo (e lo Stato).
Prudentia ciceroniana, derivata dalla tradizione stoica, contro il materialismo esplicito di Hobbes, che non distingue tra sostanza dell'Io e substantia mundi, e fa quindi correre al Sovrano leviatanico il pericolo di farsi sommergere dalle passioni e dagli appetiti che sono invece lontanissimi dallo stile del Sovrano Assoluto del cardinal Mazzarino (63).

Il De Cive di Hobbes (64) definisce uno stato di natura retto da leggi che valgono solo per la coscienza individuale, mentre le leggi civili e artificiali garantiscono la sicurezza di tutti e di ciascuno, e sono successive, anche se non contraddittorie, con lo “stato di natura”.
Per Cartesio e Mazzarino, invece, dato che non vi è una sostanza unica tra Natura e Io, le leggi dello Stato derivano dalla retta razionalità dell'Io, che si rispecchia perfettamente nel Creato. Diverse filosofie della conoscenza, differenti teorie politiche, difformi progetti di Stato Assoluto. Ovvero, per l'universo mentale dell'epoca di Cartesio, Mazzarino e Hobbes, di Stato tout court, anche in relazione con le sue necessarie autonomie rispetto alla Chiesa Cattolica.
La questione del comportamento pratico davanti ai Principi, e dello stile da tenere nel comando delegato della cosa pubblica, sono anche l'oggetto di un famoso trattato di Torquato Accetto, Della Dissimulazione Onesta (65).
Per Accetto, segretario del Duca d'Andria, il cui trattatello fu riscoperto da Benedetto Croce nel 1928, quando il fascismo trionfante faceva pensare, appunto, a molti dissimulatori onesti di origine liberale o nazionalista all'interno delle “falangi” del regime mussoliniano (66), la dissimulazione viene definita “il non far vedere le cose come sono”, mentre come Machiavelli Accetto cita il verso 1, 209 dell'Eneide di Virgilio, quando Enea rincuora i compagni anche se “spem vultu simulat, premit alto corde dolorem”. Simulazione della speranza, dissimulazione del dolore, sempre la polarità di Mazzarino ma, in questo caso, volta alla propaganda e al sostegno psicologico dei compagni d'avventura.
Beninteso, non delle masse, e nemmeno delle classi dirigenti che diverranno tali dopo la Rivoluzione del 1789, e che comunque che non hanno nessun ruolo nel processo politico immaginato da Accetto (e da Mazzarino o da Richelieu) ma dai compagni d'avventura, da coloro ai quali si affida la nave che, come dettato dagli oracoli, dovrà condurre Enea e i suoi sodali sulle coste del Lazio.
Il passaggio, detto tra parentesi, che negli anni in cui poeta Virgilio sarà compiuto dalla statua sacra di Iside dall'Egitto a Roma, verso le coste del Latium alle quali la “imago” della dea egizia e poi greca, la vera deità unificante originaria del Mediterraneo, Iside, arriverà attraccando nell'area marina vicina ai Monti Lattari, nella zona in cui, in seguito, verrà custodito, nel Santuario dedicato alla Vergine della Mentorella, il cuore di Athanasius Kircher, il gesuita sapiente che decifrerà, tra le sue tante azioni, i geroglifici egizi dei monumenti presenti in Roma.
E il santuario della Mentorella è molto caro ai Papi, oltre che attentamente osservato dai sapienti islamici attuali.
Per Accetto la dissimulazione vale non solo verso gli altri, per una ovvia sapientia politica nei confronti della Corte, degli altri collaboratori del Re, dello stesso Sovrano e della sua famiglia, magari inadatta alla comprensione degli Affari di Stato, tutti elementi di quella platea politica che forma il vero pubblico dell'azione di un Segretario post-machiavelliano, ma verso se stessi (67).
É qui il passaggio-chiave: mentre Richelieu, o Mazzarino, collazionano tutto il sapere politico per poi rielaborarlo secondo convenienza, e attenta valutazione razionale, Torquato Accetto ripensa l'essenza della sapienza classica, il “conosci te stesso”, per poi metterlo in azione secondo il criterio della dimenticanza, dell'”occorre che in qualche giorno colui ch'è misero si scordi della sua disavventura, e cerchi di viver con qualche immagine almeno di soddisfazione”.
Una scelta che riguarda il collaboratore di un signore feudale, non di un monarca che sta avviando la trasformazione unificante dal particolarismo medievale, che il Sovrano vede solo come un impedimento al suo potere assoluto, verso il novum dello Stato Moderno, che peraltro lo travolgerà.
Pitagora, dice Accetto, “sapendo parlare, insegnò a tacere”, e ripete, forse inconsapevolmente la formula di Giobbe che parla a Dio: “non ho forse dissimulato? Non ho taciuto? Non mi mantenni calmo?” (68).
É la rivolta tacita di un Segretario sapiente contro al suo signore ignorante e volubile, non è il progetto politico di un Mazzarino o di un Richelieu.
E sarà questa, probabilmente, l'essenza della Fronda, rivolta borghese-parlamentare (dei parlements, politicamente ben diversi dai nostri “parlamenti”, che funzionavano da suprema corte di giustizia, per quel che riguarda Parigi, con ruoli di controllo sugli editti reali) che unisce nella corte il principe di Condè e alcuni elementi di alta e bassa feudalità.
Il processo di unificazione nazionale, centro dell'Assolutismo, è ormai innescato e non può più fermarsi.
Ma la carriera di Mazzarino si incontra, spesso in modo dialettico, con quella del Cardinale di Retz.
Il Prelato, citato da Hume per il suo scetticismo riguardo ai miracoli (69), ritiene che “il mondo voglia essere ingannato” (70) ovvero che l'inganno politico sia non solo necessario, ma doveroso e richiesto dagli stessi ingannati, dai subjecti del Potere, sia esso assoluto o, come si suole dire oggi, “democratico” o pluralista.
E le parole, per il Cardinale fiorentino, sono spesso più dannose, pericolose o feroci delle azioni, che durano solitamente poco e non sono ben ricordate da chi le osserva.
In altri termini, il potere è un lungo discorso, e si svolge tramite azioni che sono parole e parole che sono azioni.
L'inganno politico è continuo, naturale, spesso addirittura involontario, ed è onnipresente sia nell'ingannante al potere che nell'ingannato che subisce il comando del Sovrano.
Ed è accettato come si accettano le belle fole, le favole che servono a rendere migliore, più bella la vita e la nostra permanenza in questo mondo.
Un argomento che sarà tipico di Giacomo Leopardi, attento lettore di Retz (71) e che riguarda la lettura che nel Seicento si fa sia di Machiavelli che di Guicciardini: se il Segretario Fiorentino viene utilizzato come tecnico del potere, come maestro nella creazione di “principati novi” e quindi il Principe viene letto come manuale per la costruzione o la presa di uno Stato (72), il Guicciardini viene studiato come maestro dello scetticismo, come teorico dell'inganno necessario del Politico che corrode sia il dominante che il dominato (73).
La questione, nella teoria dell'assolutismo mazzariniano, è quella della limitazione del potere della nobiltà: per il cardinale, gli aristocratici sono i veri nemici del Re, coloro che, seguendo magari le regole machiavelliane, possono prendere il potere contro il Sovrano o inibirne l'esercizio al Re e, nella logica del Cardinale, inibire una parte del potere vuol dire inibirlo completamente (74).
Per Mazzarino, il Potere è come l'Io di Cartesio o la sostanza universale di Hobbes: è di per sé un intero, non è mai separabile in varie parti, a meno di non distruggerlo, e quindi si deve incarnare in un Io supremo, il Sovrano, che rappresenta non la Nazione, ma il Potere tale e quale, che dura oltre la vita terrena del Re e si condensa nella sua volontà, nelle sue leggi e nei suoi editti.
É in questo senso che Luigi XIV, consigliato da Mazzarino, allontana i nobili dai loro feudi e li concentra a corte, a Versailles, per controllarli, per permettere una gestione fiscale ottimale dei terreni e delle risorse periferiche del Regno e per evitare che uno o più nobili si uniscano tra di loro per determinare la costituzione di un “principato novo” di forma machiavelliana contro il Sovrano Assoluto.


L'inganno primario viene posto in essere proprio verso i nobili francesi, con una tecnica propriamente machiavelliana: sedotti e attirati nella Reggia di Versailles. Sedotti e attirati con il linguaggio che, per la prima volta, diviene ricercato, raffinato, complesso. In una parola: barocco.
La bella vita, gli svaghi, gli amori, i giochi faranno da corona all'analisi attenta, da parte di Mazzarino, di ogni mossa, di ogni frase, di ogni atteggiamento che gli aristocratici francesi terranno nei confronti del Re Sole, una analisi che formerà la vera e propria prassi di governo del Cardinale.
E una attività di rottura del secretum altrui che è pari alla tutela del secretum del Re e del Cardinale, veri e propri strumenti di governo indipendentemente dal valore e dal significato di ogni singolo segreto.
Per la prima volta, e ciò accade nell'età dell'Assolutismo, il potere diventa potere delle parole e sulle parole: gli editti reali, le discussioni di Corte, gli inganni e gli autoinganni messi in atto da parte dei nobili di Versailles per sedurre il Re, sedurre il Cardinale, ingannare gli altri nobili, sedurre il Potere.
Potere come Seduzione, inganno come tecnica di gestione stabile, non-violenta e costante del sistema (75).
E, soprattutto, potere come Discorso del Potere che evita di nominarsi come Potere, ma si ridenomina come rituale cortigiano, gioco letterario, danza, gioco, passione amorosa, musica.
Un processo simile avverrà in Prussia dove, grazie alla Riforma luterana, le terre della Chiesa verranno spartite tra gli Hohenzollern e alcune famiglie aristocratiche, e i giovani nobili saranno costretti ad abbracciare la carriera militare, come peraltro avviene anche nella Francia di Mazzarino (76).
Il potere assoluto accumula ricchezze che, in gran parte,vanno al Centro, e servono alla vita dispendiosa, eminentemente simbolica, del Re e della sua corte, ma servono anche per sostenere i nuovi commerci internazionali e le azioni militari contro gli altri Paesi europei.


Come accade nella storia romana, l'Imperator è, principalmente, un capo militare e distribuisce le ricchezze accumulate nelle guerre (77). É il capo di una “massa di distribuzione” che rimane unita solo e unicamente se vi sono ricchezze da distribuire (78).
Altro ruolo viene pensato, nella Francia di Mazzarino e di Luigi XIV, per la borghesia: essa viene elevata ai più alti ruoli pubblici, ma viene subordinata allo Stato e accentrata anch'essa nelle professioni urbane e nei commerci autorizzati dal Sovrano.
La Borghesia, come classe sociale autonoma, nasce contro la nobiltà ma in stretto rapporto con l'Assolutismo, e questo avverrà anche nella liberale Gran Bretagna, dove la crescita della borghesia produttiva sarà subordinata alla espansione del commercio internazionale e alla sconfitta militare degli avversari- concorrenti europei (79).
Fu Keynes a calcolare che i metalli preziosi acquisiti dalla Gran Bretagna con la pirateria contro il Regno di Spagna rappresentavano, a interessi composti, proprio la differenza di reddito tra Londra e Madrid al tempo in cui lo stesso Keynes scriveva (80).
Quindi: accentramento del potere, derivante concentramento della ricchezza per dare inizio al capitalismo commerciale delle “compagnie” coloniali, militarizzazione della nobiltà e creazione di un esercito strutturato, gerarchico, forte e unitario.
É il capitale coloniale, che genera nuove tipologie di consumo(si pensi al caffè o al tè, oppure alla costrizione militare, da parte di Federico II di Prussia, alla coltivazione delle patate) che produce successivamente il capitalismo industriale, un sistema che sostiene i consumi di massa e sviluppa una serie di economie di sostituzione proprio rispetto ai beni di importazione, fortemente tassati e di difficile e rapsodica reperibilità (81).
Il problema è, in questo modello, il fisco: se il ricarico fiscale sui consumi è troppo elevato, dato che serve a mantenere la somma assolutistica di potere centrale+sistema militare+regime delle concessioni reali per la borghesia, allora la macchina statuale dell'Assolutismo lentamente crolla sotto il peso del sottoconsumo e quindi del deperimento delle stesse entrate fiscali (82).
La domanda dei ricchi per i beni di lusso è insufficiente a sostenere l'economia, e a creare la “base materiale” per la crescita economica e la fuoriuscita dal ciclo agricolo, salvo protezioni violente dei mercati o crisi di sottoconsumo per le classi popolari, ma intanto è proprio la domanda da beni di lusso che genera il primo boom ciclico delle entrate fiscali del Regno di Francia, con Luigi XIV (83).
É sul sistema fiscale che, come è noto, si genera la rivolta delle Tredici Colonie britanniche nella Costa Est dell'America del Nord, che reagiscono ad un sistema di doppia fiscalità che chiude il mercato della madrepatria inglese ai prodotti americani e protegge, proprio con tecniche di mercantilismo assolutista, le industrie non nascenti, ma mature della Gran Bretagna. L'Assolutismo è la forma politica del Protezionismo in condizioni di mercato internazionale incontrollato e assolutamente privo di regolatori monetari e fiscali comuni.
Il costo ulteriore della elevatissima corruzione parlamentare londinese sarà, poi, l'innesco per la rivolta militare delle colonie nordamericane (84).
David Hume, che pure polemizza contro la Rivoluzione Francese del 1789, da lui ritenuta priva di “radici” e “astrattamente razionalista”, sarà invece a favore della rivolta delle Tredici Colonie, che ritiene la riaffermazione di un diritto naturale all'autogoverno e alla giusta tassazione (85).
E inoltre, il sistema assolutistico si mantiene, sul piano economico, grazie ai consumi di lusso che la Corte reale ritiene indispensabili e ai quali costringe di fatto la borghesia nascente: se si vanno a vedere i calcoli delle importazioni di beni voluttuari in Francia e in Gran Bretagna nel Seicento e nel Primo Settecento, si scopre che buona parte degli scambi internazionali si basa su tali prodotti (86).
Le economie di sostituzione interne, il capitalismo che nell'ottocento verrà detto “manchesteriano”, si fondano sulla produzione di massa, a prezzi contenuti, di beni di qualità media o addirittura bassa rispetto a quelli di importazione.
La manifattura inglese non produce filati della qualità elevata tipica dei prodotti italiani, ma sostituisce in massa le importazioni dalla Penisola o, in parte, dalle Fiandre, creando, al posto del consumo voluttuario delle classi elevate, che si fonda su una raccolta fiscale ciclica e tendenzialmente insufficiente, e che è caratteristico dell'Assolutismo, un mercato di massa che sostituisce il consumo ristretto delle classi elevate di Corte. É questo, sostanzialmente, il passaggio dalla produzione capitalistica tradizionale, che nasce proprio nell'età dell'Assolutismo, al “capitalismo della borghesia”, come lo chiamerà Marx.
La teoria economica dell'Assolutismo è un modello dell'equilibrio naturale tra i fattori di produzione e consumo, sia di quelli agricoli, che generano, secondo il modello proprio di Say, e del “Tableau” di Quesnay (87) il surplus primario, che esiste sempre e comunque, ed è una teoria economica che favorisce il consumo dispendioso, simbolico, inutile, fatto per rimarcare l'unicità del potere, la sua inarrivabilità, la sua insostituibilità. Come accade oggi, e come ciclicamente succede nelle economie moderne, un “mito economico” (la base naturale dell'agricoltura in Quesnay, il socialismo dei produttori in Marx, il liberismo radicale in Von Mises e Hayek, e potremmo continuare) viene costruito dal linguaggio e viene, nei momenti di crisi dei mercati, sostituito simbolicamente dal linguaggio e dal mito che lo ha creato.
Per l'Assolutismo, fu il caso del modello di Quesnay nel quale l'agricoltura è sempre l'unico settore con surplus economico fisso, per il socialismo marxista, è stato il caso dell'impossibilità di calcolare i reali costi di produzione, dato che non vi era mercato dei fattori produttivi, per il liberismo alla Von Hayek, vi è stato il mito dell'onniscenza del mercato contro la partial rationality degli Stati.
In tutti i casi, un mito linguistico tecnicamente barocco, eufuista, volutamente complesso, esteticamente raffinato e capace, per la prima volta nella storia culturale d'Europa, di “catturare tutti i sensi” (88).
Le cariche pubbliche, come è noto, vengono messe in vendita dal Re, che utilizza queste risorse economiche per mantenere la sua vita di Corte: ma le cariche durano a lungo, e i costi di Versailles sono continui e rilevantissimi..
Il sistema dell'Assolutismo è un meccanismo che genera sovracosti strutturali in un contesto di progressivo depauperamento della produzione agricola, che proprio durante il regno di Luigi XIV comincia a calare in tutta la Francia (89).
La Rivoluzione Francese sarà il punto di arrivo di questo modello economico: bassa produttività agricola, elevato costo della macchina amministrativa, crisi fiscale dello Stato innescata dalla partecipazione francese alla Guerra di Indipendenza, in termini antibritannici, delle colonie americane (90).
Detto tra parentesi, sembra che la storia si ripeta oggi: un sistema di economie mature che cerca di espandere i propri mercati esteri con notevoli difficoltà, mentre i Paesi cosiddetti “terzi” imparano rapidamente, come le Tredici Colonie nordamericane, a produrre quei beni che l'Occidente cerca di esportare, mentre la Cina vende al mercato-mondo, imitando il boom delle “tigri asiatiche” alla fine degli anni Novanta, l'unico bene di cui ha sovrabbondanza: la forza-lavoro a bassissimo prezzo.
In altri termini, senza meccanismi assolutistici, che oggi chiameremmo impropriamente “totalitari”, è molto difficile andare verso una guerra economica o uno scontro militare, l'Assolutismo è una fase di comando politico dei fattori di produzione che è inevitabile, ma che poi diviene economicamente ingestibile, per inflazione o sovra-produzione (91).
Ma la Cina protegge la sua manodopera e la composizione dei suoi fattori di produzione, oltre che la propria moneta, ed agisce quindi, sia pure da una posizione di forza, come una potenza assolutistica nei confronti di periferie economiche in crisi che, proprio come nello Stato Assoluto, sono caratterizzate da una “economia dei consumi” e non da una forte “economia della produzione”.
É questo, con ogni probabilità, il punto strategico debole di Pechino oggi, che non può espandere il proprio mercato interno e non ha la possibilità di far assorbire all'Occidente la propria sovrapproduzione relativa (92).
Si potrebbe addirittura affermare che il modello dello Stato Assolutistico, che tenta di trasformarsi senza mai riuscirvi in uno “stato commerciale chiuso” (93) è una tentazione ciclica dello Stato moderno, e si ricollega a momenti di sottoconsumo di massa in cui, però, proprio come avveniva nella Francia di Luigi XIV, si realizza un consumo eccessivo di beni voluttuari nelle classi elevate.
Una polarizzazione economica e sociale che produce, con il sottoconsumo di massa e l'eccesso di produzione strutturale, le condizioni per la propria crisi finale (94).
 

Ma torniamo al Regno di Luigi XIV, al quale Voltaire dedica uno dei suoi più lucidi saggi storici (95).
Creazione della politica moderna come discorso, per affascinare e irretire le masse ma soprattutto le classi dirigenti, con i “fiori del barocco” (96), creazione parallela dello Stato come fenomeno autonomo e autoreferenziale, assoluto poiché non più fondato né sulla Religione né sul potere violento e militare, creazione di un sistema burocratico che, per la prima volta, vede la borghesia degli affari arrivare al potere e sostituire la nobiltà incasermata a Versailles. Che sarà finalizzata al vecchio “feudalesimo necessario”: la guerra (97).
La nobiltà feudale, anche quella che riesce a rimanere sulle proprie terre, viene fortemente limitata nei suoi poteri di “alta” e “bassa” giustizia, che viene attribuita direttamente alla gerarchia amministrativa reale, controllata da una vastissima rete di informatori e di polizia segreta (i meccanismi con i quali si controlla la nobiltà a Versailles sono, in fondo, gli stessi con i quali si controlla il popolo).
Luigi XIV, poi, limita fortemente i poteri dei parlamenti cittadini, che oggi potremmo definire dei municipi, e non convoca mai gli Stati Generali, che saranno aperti, su ordine di Luigi XVI, solo all'inizio del processo rivoluzionario del 1789.
Come ha osservato Furet, le rivoluzioni francesi sono non una, ma quattro (98): la prima, è quella ben nota della borghesia produttiva contro la rendita monarchica e feudale, secondo il classico modello marxista di interpretazione del 1789 ( i rivoluzionari bolscevichi si erano soprannominati, durante la presa del potere, con i nomi dei vari “rivoluzionari di professione” della Francia rivoluzionaria) la seconda è una rivolta popolare, una jacquerie come tante ve ne erano state (99), che unifica la lotta contro i “ricchi” con quella contro i “nobili”, la terza è la rivolta della piccola nobiltà contro l'aristocrazia centrale, e ne abbiamo echi in Tocqueville (100) e la quarta è la rivolta dei ceti urbani contro le campagne, contro quelli che, nobili o contadini, “nascondono il pane per poi rivenderlo a carissimo prezzo” (101).
Una tematica che ritornerà, costantemente, nella propaganda e nella prassi politica della “riforma agraria” leniniana prima e staliniana poi (102).
In tutte e quattro le Rivoluzioni individuate da Furet, nessuna è di per sé in contrasto con il modello assolutistico che, disponendo di maggiori risorse e di una visione più ampia, avrebbe potuto integrare e riassorbire le quattro rivolte, separandole tra di loro.
Il problema è che Luigi XVI non è già più un Sovrano Assoluto, ma un Re debole, in mano agli intrighi di corte che si elidono tra di loro e, quando convoca gli Stati Generali, mostra a tutti che, appunto, il Re è nudo.
Gli Stati Generali sono i rappresentanti dei Tre Ceti, elemento essoterico di quella tripartizione indoeuropea e antichissima delle Tre Funzioni sociali (l'agricoltura, la difesa, il sacerdozio) (103) e sono il modo in cui, anche sul piano esoterico, il Sovrano Assoluto separa e insieme unifica le sue Funzioni primarie: capo degli eserciti (la nobiltà, militarizzata proprio da Luigi XIV) capo simbolico dello Spirito della Nazione (il sacerdozio) e garante, come anche accadeva all'imperatore assoluto cinese, della stabilità e della accettabile quantità dei raccolti.
Il Trinomio Rivoluzionario di Libertà, Eguaglianza, Fraternità, deriva da quell'assolutismo che pure distrugge: la libertà del citoyen è modellata sulla piena autonomia del Sovrano non dalle sue leggi, ma dai poteri coercitivi altrui, l'Eguaglianza dei cittadini deriva dalla assoluta parificazione dei subjecti di fronte all'autorità reale, la Fraternità è ricalcata sulla benevolenza del Sovrano verso i suoi sudditi e la sua necessaria “grandezza di cuore” plenitudo cordis. .
Il sistema della Rivoluzione del 1789 ha però un elemento unificante che, per molti aspetti, è un novum nella cultura politica europea: la Nazione.
É la comunità dei cittadini, che li sovrasta propria come il Sovrano Assoluto, e determina la necessaria limitazione delle libertà quando occorra, la Nazione, quella immagine mitica che sostituisce il Re ucciso ritualmente con la vendetta per un Capeto erede inevitabilmente di quel Filippo il Bello che aveva fatto uccidere il Gran Maestro dei Templari.
Paradossalmente, è proprio la progressiva laicizzazione del comando politico che l'Assolutismo pone in essere fin dai suoi esordi, che permette poi la sacralizzazione della Nation al posto del “sacre” del Re, del suo intoccabile, sacro e taumaturgico corpo.
Senza la gallicizzazione (104) della Chiesa Cattolica francese, paradossale successo politico di due Cardinali della Chiesa di Roma, non vi sarebbe mai stato il laicismo rivoluzionario, il mito della Nazione come Ente Supremo, lo stesso Ente Supremo, senza ulteriori specificazioni storiche, che diviene, con Robespierre, religione di Stato, sia pure per breve tempo, e nemmeno l'ateismo di fatto che serpeggia nelle culture politiche moderne e contemporanee (105).
Il culto della Dea Ragione è una religione che imita la presenza salvifica nella Storia degli uomini della Madre di Dio, che intercede tra i peccatori e la Trinità, e soprattutto è un culto nel quale tutti gli uomini, secondo la vecchia formula di Cartesio (“le bon sens est la chose mieux partagée parmi les hommes”) ritornano uguali, è il fondamento metafisico proprio di quella eguaglianza che permane nel Trinomio rivoluzionario.

Il Re assoluto unificava nella sua persona le funzioni del Trinomio, era l'unico davvero libero, era eguale a sé stesso in quanto detentore dell'unico potere, era poi, proprio perché segnato da Dio e rappresentante con il suo stesso corpo della Nation, l'exemplum della Fraternitè.
La Rivoluzione del 1789 separa queste funzioni, le rende disponibili a tutti i cittadini della Nazione, nuova deità laica, e permette il mantenimento, secondo la lunga tradizione di separazione tra Stato e Chiesa dell'Assolutismo, della laicità della “Nation” e della stessa società francese.
La questione della religione, in effetti, è di straordinaria importanza per comprendere il fenomeno rivoluzionario e il suo precedente assolutista.
Il Barocco è una cultura della soggettività e della sensibilità, nella poesia e nell'arte barocca, per la prima volta, si unisce la soggettività sottile dell'artista, il canone tecnico della sua arte e la necessità propagandistica dei suoi manufatti.
I Gesuiti trasformano le facciate delle loro chiese in “quinte” teatrali, rielaborano i canoni del teatro sacro e profano, costruiscono, nella certezza della Salvezza che data dalla Resurrezione di Gesù Cristo, la soggettività profonda e sensibile nella quale si inserirà la tradizione laicista dell'Io moderno (106).
L'Io di Kant, appassionato seguace dei fatti e delle teorie della Rivoluzione Francese, non è l'Io di Cartesio: per il filosofo di Koenigsberg l'Io è una funzione che unifica le categorie dello spazio, del tempo e della percezione, e si tratta di un Io che non è separabile dalle sue funzioni, non vive separatamente dalle categorie che apprende di volta in volta (107).
L'Io di Kant non è la Ragion Pura, che non esiste fuori dall'appercezione categoriale.
Per Cartesio, invece, l'Io è il punto di arrivo di una autoanalisi profonda nella quale tutto, comprese le categorie della percezione e lo stesso mondo esterno, vengono posti in discussione. Potrebbero essere le creazioni di un “genio maligno” che mi vuole ingannare, come afferma lo stesso Descartes (108).
Questa metafora del malin gènie è rivelatrice: l'Io si rivela in fondo non alla fuoriuscita dal peccato, che è un concetto estraneo a Cartesio, che pure andrà in pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto, ma è il segno che il mondo esterno, se non si arriva all'Io come fondamento assoluto, è il Regno del Male.
Residui catari e albigesi in Descartes? É probabile, dato che il filosofo francese frequenta, soprattutto in Olanda, circoli cabalistici e gruppi esoterici che, nel clima più libero dei Paesi Bassi, potevano operare in relativa tranquillità (109).
In Kant, la questione è diversa: l'Io naturale è già perfetto, ed è eguale in quanto ognuno, anche coloro che non hanno potenti capacità intellettuali, comprendono il mondo tramite le stesse categorie, che sono inseparabili dall'Io concreto che è peraltro inseparabile dall'Io astratto della Mente.
Immanuel Kant elabora, nelle sue puntualissime passeggiate nel centro di Koenigsberg e nelle sue discussioni con i mercanti inglesi che lo frequentano, l'equivalente filosofico della teoria politica di Rousseau, che è, ancora, il frutto della traslatio imperii dalla perfetta eguaglianza dei subjecti nell'Assolutismo alla assoluta eguaglianza dei cittadini dentro la Nation.
Goethe, invece, leggerà la Rivoluzione Francese, per usare una terminologia contemporanea,”da destra”: quando un messo dell'Arciduca di Weimar torna dalla Parigi in subbuglio per i moti del 1789, il Geheimrat, Consigliere Segreto e Maestro della Loggia “Amalia” di Weimar, si farà beffe del Re Luigi XVI appena ucciso, meravigliandosi, con una vasta risata, che dopo la morte del “cittadino Capeto”, con il voto determinante di suo cugino Filippo d'Orléans detto “Egalitè”, il “sovrano sia il popolo”.
Siamo noi, gli Illuminati, i sapienti, coloro che hanno diritto da sempre al comando politico, non le masse ignoranti o i re incapaci privi dei migliori consiglieri (110).


Per Goethe, dal quale inizia l'involontaria critica a Kant che terminerà con l'accusa nicciana al filosofo di Koenigsberg di essere un rappresentante della niaiserie allemande, la modernità è la ricostruzione, dopo la fine dell'Assolutismo, di un individuo assoluto e completo, perfetto nella sua sapienza e capace anche di “giocare” con il peccato, che la Rivoluzione del 1789 ha abbattuto insieme alle grandi personalità della Sapienza politica: Mazarino, Richelieu, e in letteratura Bossuet o Racine.
Dentro la classicità goethiana, il rifiuto del soggetto che liberamente si esprmie creando i propri canoni, vi è il ritorno, dopo la caduta del Re francese, al legame necessario, inevitabile, tra “società dei sapienti”, organizzazioni segrete e circoli iniziatici, e l'Autorità assoluta e centrale.
Sarà poi Nietzsche, sempre in polemica con l'”illuminismo” kantiano, a magnificare la Roma barocca del potere assoluto dei
Papi, splendida nelle arti e nella sapienza politica, (sapienza che è scienza+esperienza, elaborate da individui superiori) di contro alla cupezza medievale e ossessiva della Riforma (111).
Europeismo e universalismo, eredità della monarchia assoluta, contro la Nazione ( si ricordi la continua polemica di Nietzsche contro i tedeschi, popolo chiuso e provinciale, fino a far finta di discendere da un nobile polacco) soggetto completo e sapiente nella sua interezza, come il Consigliere del Sovrano dei Re Assoluti, di contro al “soggetto eguale” dell'appercezione kantiana e dei “diritti universali” della Rivoluzione Francese, cinismo necessario del Politico, che jenseits von Gut un Boese, al di là del bene e del male, come i Cardinali di Luigi XIV, di contro al moralismo, anche se talvolta si maschera di ipocrisia, della Politica democratica delle grandes nations uscite dai vari processi rivoluzionari antiassolutistici in tutta Europa, insomma, i fondamenti della cultura contemporanea, per quel che riguarda la lunga scia che va da Nietzsche al decadentismo e al postmoderno, sono la riproposizione degli ideali dell'Assolutismo dopo la crisi delle Rivoluzioni egualitarie.
Il soggetto spirituale dell'età assolutistica, come per esempio accade in Bossuet (112) è una personalità potenziata che si realizza nella sua apertura al mondo, che non è mai definitiva, e si ricollega ad un forte senso non del peccato, ma del destino degli uomini senza una guida che li porti fuori da quello che proprio Kant chiamava, parlando dell'Illuminismo, “lo stato di minorità costruito da sé stessi”.
l'”uomo eguale” delle Rivoluzioni è un soggetto che, sulla base di una pretesa eguaglianza di fatto e di diritto con tutti i suoi connazionali ( e ci sarà, nella cultura della Rivoluzione Francese, la questione dei cittadini delle colonie (113) come il massone rivoluzionario e indipendentista Louverture) scambia il proprio potere, alla pari, con quello degli altri cittadini, ricreando il Macroantropo del Sovrano Assoluto; mentre l'Individuo potenziato dell'Età dell'Assolutismo, quando è vicino alla sapienza occulta del Potere, non è eguale a nessun altro ed anzi coltiva, come nel modello di Goethe, la propria assoluta soggettività.
Ancora, eredità della cultura politica dell'Assolutismo nelle polemiche contro la “democrazia livellante” che vanno da Nietzsche fino ai Futuristi, e terminano in uno Stato politico, quello dei nazionalismi guerrieri del Novecento, che sono sia eredi dell'Assolutismo classico che prosecuzioni, con altri mezzi, del mito rivoluzionario e “sociale” della Nation.
Quando Mussolini ordina di sostenere l'”Alzamiento” di Francisco Franco contro la Repubblica, gran parte degli intellettuali di regime si rivolta, ritenendo che, se occorreva sostenere qualcuno, era proprio la Repubblica laica, rivoluzionaria e socialista che occorreva aiutare (114).

Una sintesi, quindi, nelle “rivoluzioni” o più esattamente nei colpi di stato da quello bolscevico fino alla Marcia su Roma e alla presa del potere, pur se formalmente legale, di Adolf Hitler, tra il Sacro del potere nelle sue determinazioni assolutistiche, che riguardano la Volontà libera del Capo rivoluzionario, e cultura della eguaglianza rivoluzionaria, nel mito della Nazione che diviene il Sacro opposto alta tradizione religiosa.
Una religione laica, quella dei nazionalismi, che si scontra con la tradizione profonda dei popoli europei, un errore che Mazarino non avrebbe mai fatto, eredità dei miti rivoluzionari dell'ottantanove, e la desacralizzazione materialistica della vita, sia nel bolscevismo sovietico che nelle teorie biologistiche della razza fasciste e naziste.
La razza è un concetto che non sarebbe mai venuto in mente a Mazzarino o a Richelieu, per i quali le differenze tra gli uomini sono ben più profonde di quelle fisio-biologiche e riguardano la separazione, irreparabile, tra “uomo potenziato”, il Sapiente che conosce l'occulto e la politica visibile e li usa entrambi con assoluta libertà di coscienza, e l'Uomo Comune, il subjecto del Re e il beneficiario dei suoi poteri pressoché incommensurabili.
E quindi, sarà possibile un ritorno, nelle nostre società di democrazia di massa, di concetti, pratiche, modelli di gestione del potere che ricordano la grande tradizione dell'Assolutismo? Si e no.
Si, perché è ormai evidente che lo strumentario della prassi elettorale porta al suo contrario, ovvero all'emergere, in tutta Europa ma anche altrove, di miti e prassi politiche del tutto opposte alla stessa democrazia che potremmo definire “kantiana” (115).
E allora, sarà da pensare, fuori dalle tradizioni pur nobilissime della tecnocrazia globale, ad una nuova filosofia politica che giustifichi l'”uomo potenziato” senza renderlo un dittatore, maschera e volto dell'uomo comune che da lui viene subornato.
No, perché ormai il processo di laicizzazione della società e della politica, che ha messo in crisi parallela sia la Chiesa Cattolica che le tradizioni sapienziali esoteriche, ha tolto alla radice il nesso tra Sacro della Politica e Sacro dell'Uomo che è il fondamento della “mistica del potere” assolutistica” e della grande civiltà europea che, proprio nel Grand Siécle di Luigi XIV, prende lentamente ma stabilmente forma.

 

 

1. Per la “notte”, destinata a diventare un mito della storiografia e della libellistica illuminista, v. Janine Garrison, Enrico IV e la Nascita della Francia Moderna, Milano, Mursia, 1987.

2. v. A. G. Dickens, The German Nation and Martin Luther, Arnold, London, 1974

3. v. Ernst Nolte, La Guerra Civile Europea, 1917-1945, Milano, Rizzoli, 2008

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7. v. Alberto Savinio, Narrate, Uomini, la vostra storia, Firenze, la Nuova Italia, 2000

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9.  v. su Concino Concini il link http://www.ornellamariani.it

10. v. Alessandro Roveri, Richelieu, un cardinale tra guerre diavoli e streghe, Napoli, Guida, 2003

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