TRE MILLENNI DI STORIA

Pitagora di Samo (572 - 490 a.C.) Fu il primo matematico dopo Talete da Mileto (624 - 547 a.C.) Mostrò l'importanza dei numeri interi e dei rapporti musicali.

Euclide di Alessandria (368 - 283 a.C.), riunì tutte le conoscenze matematiche del mondo greco in un libro "Gli Elementi".

Archimede di Siracusa (278 -212 a.C.) Scrisse testi di idraulica, ottica, e geometria. Ispirò i matematici del periodo rinascimentale

Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi (780  -850). É considerato il padre dell'Algebra. Il termine "algoritmo" è stato coniato dal suo cognome.

Leonardo Fibonacci (1170 - 1250). Introdusse in Europa i numeri indiani e lo 0. Ideò la "serie di Fibonacci", nota anche a Leonardo.

René Descates (1596 - 1650). Ideò il "piano cartesiano" per descrivere le figure geometriche per mezzo di formule matematiche.

Gottfried W. von Leibniz (1646 - 1716). Fondò con Isaac Newton, il calcolo infinitesimale, un potente strumento per lo studio di curve e traiettorie.

Leonhard Euler (1707 - 1783). Scrisse 866 testi e fissò una volta per tutte l'uso di simboli matematici come π Σ (sommatoria).

Carl Friedrich Gauss (1777 - 1855). Rivoluzionò la teoria dei numeri, studiò i numeri complessi e intuì le geometrie non euclidee.

Bernhard Riemann (1826 - 1866). Studiò la geometria differenziale (usata poi ad Einstein) e i numeri interi con metodi innovativi.

Georg Cantor (1845 - 1918). Fondò la teoria degli insiemi e fu il primo a studiare e a classificare diversi tipi di infinito.

David Hilbert (1862 - 1943). Ricostruì con rigore la geometria a partire dagli assiomi di base. E  l'obiettivo di fare lo stesso con la matematica.

Kurt Gödel (1906 - 1978). Con il suo "Teorema di incompletezza" dichiarò il fallimento del programma di Hilbert: ci sono teoremi veri ma indimostrabili.

Benoît Mandelbrot (1924 -) Ha introdotto il concetto di frattali: figure frastagliate come quelle che si trovano in natura.

 

(1) Contare, misurare, tracciare figure geometriche: fu da queste esigenze essenziali che nacque la matematica.

E infatti questa scienza si distinse da subito in geometria (studio dello spazio) e in algebra (operazioni con i numeri). Gli antichi Egizi avevano buone conoscenze geometriche, che secondo Erodoto nacquero dall'esigenza di tracciare nuovamente i confini dei campi in seguito alle inondazioni del Nilo. E anche i Babilonesi erano molto abili con i numeri

 

Quel teorema era di Pitagora?

Gli antichi Greci ereditarono molte di queste conoscenze, ma fecero un importante passo in avanti: non si accontentarono delle approssimazioni per il calcolo delle superfici e dei volumi e introdussero i concetti di soluzione esatta e di dimostrazione. Il primo grande protagonista della matematica antica fu Pitagora, anche se il famoso teorema con il suo nome avrebbe poco a che fare con lui: era già noto ai Babilonesi e fu forse dimostrato non da lui in persona ma da un suo discepolo.

Pitagora fu un personaggio singolare: vissuto all'epoca di Buddha, Confucio e Zarathustra, fu quasi il fondatore di una "religione matematica", che vedeva nei numeri interi il fondamento del mondo. Arrivò a questa conclusione attraverso lo studio dell'astronomia e della musica: era affascinato dal fatto che i rapporti matematici più semplici (come 1/2, 3/4 e 2/3) tra le frequenze musicali fossero anche i più gradevoli.

Peccato che un suo allievo, Ippaso da Metaponto, fece una scoperta che minò alla base le sue convinzioni, in quanto dimostrò che non tutto si poteva esprimere come rapporto tra numeri interi: per esempio il rapporto tra la diagonale e il lato di un quadrato. Secondo la leggenda, Pitagora fece annegare l'allievo colpevole di aver scoperto questa scomoda verità.

La scoperta di Ippaso fu però di importanza cruciale, perché rivelò il carattere astratto della matematica. Valeva, infatti, soltanto per i quadrati ideali, disegnati con linee perfettamente dritte e sottili. Per i quadrati reali, invece, il rapporto si può sempre approssimare con un numero razionale.

 

Salvati dagli Arabi

Dopo il declino della cultura greca, la matematica europea si arenò. I Romani, infatti, preferivano l'ingegneria... Per fortuna ci furono gli Arabi, che tradussero Euclide, Platone, Aristotele. Gli Arabi fecero propria anche la grande tradizione algebrica dell'India e soprattutto il sistema de-cimale (con le cifre da 0 a 9 che usiamo noi oggi), il concetto di zero e quello di numeri negativi (che gli europei accettarono pienamente solo nel '600), e la portarono in Europa nel Medioevo.

«Nel '500 ci fu, però, un cambiamento» spiega Enrico Giusti, matematico e storico all'Università di Firenze e presidente del museo "Giardino di Archimede". «Con l'avanzare dei Turchi e il declino della cultura araba precedente, gli europei cominciarono a tradurre direttamente i Greci, soprattutto Euclide e Archimede. Ma mentre Euclide rappresentava il passato, Archimede fu il vero punto di partenza per la nuova matematica (e per la fisica), con  suoi  studi di idraulica, per e sul centro di la gravità degli oggetti».

 

Arrivano le Coordinate

Il grande passo successivo fu opera del francese René Descartes, che unificò la geometria greca e l’algebra araba-indiana. Lo fece con il suo piano cartesiano, un sistema per assegnare a ogni punto del piano 2 numeri (coordinate) proprio come si fa nelle cartine geografiche con la latitudine e la longitudine.

 Descartes, così, creò la geometria analitica, nella quale le figure geometriche come parabole e rette sono descritte da formule matematiche.

Un secolo dopo, il britannico lsaac Newton e il tedesco Gottfrie Leibniz svilupparono questa idea e inventarono, indipendentemente l’uno dall’altro, il calcolo infinitesimale, un potente strumento che consentiva di determinare le proprietà delle curve (come pendenza e curvatura) punto per punto.

 

Realtà e immaginazione

Newton, in particolare, sviluppò questa nuova branca della matematica per scopi pratici: gli serviva come strumento per descrivere le leggi della fisica che aveva appena scoperto. Nella storia della matematica, però, è avvenuto più spesso il contrario: prima sono  state create teorie in apparenza del tutto "inutili", che poi hanno trovato applicazioni inaspettate e importantissime. Come la geometria differenziale, sviluppata da Carl Gauss , e Bernhard Riemann, che si è rivelata indispensabile per la Relatività generale di Einstein (per descrivere, per esempio, come le stelle deformano lo spazio-tempo). E come i numeri immaginari. L'unità immaginaria (si indica con i), infatti, fu introdotta per risolvere il problema algebrico di trovare  numeri che "elevati al quadrato", cioè moltiplicati per se stessi, danno -1. E poiché non esiste alcun numero "tradizionale" con questa proprietà, il bolognese (Rafael Bombelli, nel 1572, inventò i. All'inizio fu un espediente puramente formale, ma poi l'idea risultò utilissima: senza i numeri immaginari, infatti,  sarebbe complicatissimo descrivere i campi elettrici e magnetici. E non esisterebbe l'elettronica.

 

Riscrivere la matematica

Nell'800, l'analisi matematica, cioè l'evoluzione del calcolo infinitesimale di Newton e Leibniz, si sviluppò enormemente.
«Ma i matematici cominciarono a rendersi conto che alcune affermazioni fino ad allora date per scontate non lo erano affatto» spiega Giusti.
«Nacque perciò l'esigenza di dare un fondamento all'analisi».
A un certo punto a capo dei matematici si mise il tedesco David Hilbert, che nel 1899 aveva già brillantemente riscritto la geometria. Ora il suo scopo era estendere lo stesso procedimento a tutta la matematica: bisognava definire gli assiomi e le regole logiche per dedurre, a partire da questi, qualsiasi teorema.

 

Dimostrazioni impossibili

Insomma, era come cercare il software che consentisse a un computer di dedurre tutta la matematica.

«Il compito, però, si mostrò molto più arduo del previsto» spiega Maria Luisa Dalla Chiara, docente di Filosofia della scienza all'Università di Firenze. «E, nel 1931, l'austriaco Kurt Gödel ne dimostrò l'impossibilità». Gödel, in pratica, ottenne due risultati d'importanza fondamentale:

 1) che non era possibile dimostrare che la matematica nel suo insieme non si contraddiceva mai e

 2) che esistevano affermazioni "indecidibili", di cui non si poteva dire che fossero vere, né che fossero false.

La logica matematica cadde, allora, in una profonda crisi. Ma si liberò anche dei vecchi schemi e si sviluppò in direzioni diverse. «Nacque, per esempio, la logica fuzzy » spiega Dalla Chiara «che oltre ai valori di vero e falso considera anche quelli intermedi: questa idea ha avuto molte applicazioni, per esempio nei circuiti elettronici di controllo delle lavatrici, perché consente di definire i diversi gradi di sporcizia, colore, delicatezza dei capi e di combinarli per scegliere le condizioni migliori di lavaggio».

 

 Figure frastagliate

Nel frattempo, oltre alla logica, anche la matematica "tradizionale" si era sviluppata in direzioni inaspettate. A cavallo tra '800 e '900, il francese Henri Poincaré aveva posto le basi per due nuove discipline: la topologia e la teoria del caos. Dagli sviluppi di queste idee, sono nate varie altre teorie, tra cui quella della comlessità , che ambisce a spiegare il funzionamento di insiemi in cui "il tutto è più della somma delle parti", come uno stormo di uccelli, il clima e la mente umana.

Nel 1975 il polacco Benoît Mandelbrot definì una nuova classe di figure geometriche: i frattali. La loro proprietà essenziale è l"'autosomiglianza": sono, cioè, sempre uguali a se stessi comunque li si ingrandisca.

I frattali permettono di descrivere figure ramificate che si trovano spesso in natura, come i rami degli alberi, i bronchi, il sistema nervoso e quello circolatorio. Sono considerati utili perfino in economia, tanto che molti matematici sono arruolati dalle grandi società finanziarie.

 

Matematica "sporca"

Recentemente, la matematica è stata rivoluzionata da un nuovo sviluppo: il computer. Nel 1976, due matematici all'Università dell'Illinois (Usa) hanno dimostrato il teorema dei 4 colori (2) . E usarono, oltre a 500 pagine fitte di testo, il computer. «Il rapporto con l'informatica ha cambiato la matematica» dice Dalla Chiara. «Oggi il concetto di dimostrazione dipende non solo dalla mente umana ma anche dalla tecnologia». Per alcuni, ciò ha "sporcato" la matematica.

Ma forse ha solo aperto una nuova strada a questa disciplina antichissima che continua a rinnovarsi.

 

Il sistema decimale

La matematica senso, moderna è un calderone di idee che si sono accumulate per millenni, un pozzo senza fondo che ha assimilato le culture più diverse. E quindi, per esempio, ancora oggi a scuola si studia la matematica dei Greci, usiamo unità antiche come le dozzine, e scandiamo il tempo in sessantesimi come facevano gli antichi Babilonesi.

 

Un francese dice: 4 volte 20

Il punto in comune più evidente è che in ogni angolo della Terra i numeri più importanti sono stati il 5, il 10 e il 20. Perché? Semplice: 5 è il numero di dita di una mano, 10 quello di 2 mani e 20 quello di mani e piedi. Cioè i sistemi di numerazione si basano sui mezzi che gli uomini hanno usato (e usano) per contare, come notò perfino Aristotele.

Quello a base 20 è un sistema di numerazione molto antico, che presumibilmente è stato usato dai lontani antenati dei francesi. Infatti, in francese, per dire "80" non si usa l'equivalente di "8 volte 10", ma piuttosto quatre vingt, cioè "4 volte 20". Questo modo di contare era piuttosto diffuso in tutto il mondo, ma l'esempio più importante è quello dei Maya. Anche loro, in un certo senso, come i francesi dicevano "4 volte 20".

 

Eredità babilonesi

Tra le matematiche antiche, però, non c'erano solo somiglianze. C'erano anche molte differenze. E ognuna aveva i suoi pregi e i suoi difetti. I Greci, per esempio, erano geniali con la geometria, ma erano meno portati per i calcoli numerici. Anche perché, per scrivere i numeri, usavano (nell'età classica) le lettere dell'alfabeto, che erano scomode e tendevano a far confusione. I Romani non erano da meno, visto che, per loro, una banale addizione comportava maneggiare espressioni poco pratiche come LII + CXLI...

I Babilonesi, invece, usavano la base 60. Quando scrivevano una sequenza di cifre come "9 26 40", cioè, intendevano: 9x(60x60) + 26x60 + 40, ossia 34,000 nella nostra numerazione decimale. Insomma, era un po' come scrivere "9 ore, 26 minuti e 40 secondi" (cioè 34.000 secondi). Infatti il nostro modo di scandire il tempo in ore e minuti risale probabilmente ai Babilonesi. L'origine di questo sistema non è noto: c'è chi dice per ragioni astronomiche, chi ipotizza per esigenze di calcolo (60 è divisibile per 20, per 10, per 5, ma anche per 30, 12, 6, 3 e 2).

I Babilonesi sapevano anche risolvere problemi di questo tipo: "trovare il lato di un quadrato se l'area meno il lato (fissate le unità di misura) è uguale a 900". E avevano trovato una risposta: 30.

 

Ossessionati dalle frazioni

Gli Egizi avevano un sistema numerico tutto loro. Era a base decimale, come il nostro, ma usavano simboli differenti per indicare le decine, le centinaia, le migliaia ecc... Contrariamente al nostro sistema, quello egizio non era "posizionale": il valore di una cifra non dipendeva dalla sua posizione ma solo dal simbolo che la rappresentava. Ma il meglio di sé gli Egizi lo davano con

le frazioni. Per motivi a noi sconosciuti, aborrivano i rapporti generici tra numeri interi e usavano soltanto l'inverso dei numeri naturali, cioè frazioni del tipo 1/n. Per esempio, invece di 2/5, scrivevano 1 /3 + 1/15 (la somma è pari a 2/5). A volte queste operazioni raggiungevano livelli di vero e proprio virtuosismo, per esempio quando si arrivava a scomposizioni come 2/13 = 1/8 + 1/52+ 1/104.

 

Grovigli decimali

In America, il sistema più originale di fare matematica lo avevano forse sviluppato gli Inca, in Perù. Per contare, ma anche per altri tipi di annotazioni (gli Inca non conoscevano la scrittura), usavano corde piene di nodi: i quipu. «Questo sistema fu inventato prima degli Inca, nel periodo del "medio orizzonte" (550-1000 d. C.), dall'esigenza di trasmettere dati da una parte all'altra dell'impero Huari (una cultura precedente)» spiega Giuseppe Orefici, direttore del Centro Studi e Ricerche Archeologiche Precolombiane di Brescia. Curiosamente, però, i quipu si basavano su un sistema di conteggio per certi aspetti simile al nostro (e più avanzato di quello di Greci e Romani): cioè un sistema decimale e "posizionale". Per loro (come per noi), insomma, il "2" di 21 vale più di quello di 12, perché nel primo caso si trova più a sinistra e indica le decine, nel secondo caso le unità.

 

Linee parallele

Sempre in Perù, a Cahuachi, in prossimità della città di Nazca nota per i suoi geoglifi visibili dal cielo, Orefici dirige una campagna di scavi e di restauro, nel corso della quale ha rinvenuto "flauti di Pan" in ceramica: «Le loro variazioni tonali seguono con precisione lo schema della tavola pitagorica» dice Orefici. Anche i Nazca, comunque, avevano le loro apparenti bizzarrie: «Nell'architettura, rifiutavano le linee parallele e gli angoli retti» dice Orefici. I corridoi, insomma, tendevano a stringersi o ad allargarsi, e gli angoli non erano mai a 90°. Ma nessuno ne sa il motivo.

Nell'America precolombiana, comunque, i più fini matematici furono i Maya, che tra l'altro avevano inventato per conto proprio il concetto di zero. E a proposito di zero, è ben noto che quello che usiamo noi, in realtà, era stato inventato dagli Indiani (quando in Europa si usavano ancora le cifre romane). Quello che è meno noto è che gli Indiani si avvicinarono anche al concetto di infinito. "Colpa" della dottrina giainista, secondo la quale l'universo esiste da sempre ed è soggetto a cicli cosmici incredibilmente lunghi. Un ciclo durerebbe 2588 anni, cioè1013065324433836171511 ... (si potrebbe continuare per altre 158 cifre).

 

Matematica universale

Oggi un nuovo sistema di numerazione si sta affermando sul pianeta Terra: quello binario, fatto soltanto di 0 e 1. Lo usano tutti i computer del mondo: invece di 5x4, scrivono 101x100. Ma il risultato è sempre lo stesso, e cioè 10100 (ovvero 20). Nonostante i molteplici sistemi di numerazione, insomma, fortunatamente la matematica è sempre la stessa, per tutti gli uomini. E anche per i computer.   

 


 

1. Il documento è estratto da "Focus" del mese di Dicembre 2007.

2. Questo teorema è così espresso: “Si può colorare una carta geografica con 4 colori senza che tinte uguali si tocchino?”. La risposta è SI!