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Missori Risorgimento 640

Giuseppe Missori nacque il giorno 11 giugno 1829 a Mosca da genitori bolognesi e visse quasi sempre a Milano, che lo considera suo cittadino insigne.
Aveva censo, fisico prestante e frequentò la mondanità milanese sino al 1848 quando abbandonò la vita brillante e gli agi per correre a combattere per la Patria nelle formazioni dei "volontari lombardi". Era un giovane di saldi principi repubblicani; considerava Mazzini il suo maestro ed era devoto ammiratore di Garibaldi.
Nel 1859 si arruolò nelle "Guide a Cavallo" di Garibaldi e nella campagna si distinse e ebbe meritoriamente le "spalline" da ufficiale; finita la guerra seguì Garibaldi nell’esercito dell’Italia Centrale assumendo il comando di un plotone di "Guide a Cavallo".
Quando Garibaldi lasciò l’Esercito della Lega, anche Missori ritornò a Milano dove, con i compagni di fede repubblicana, si dedicò attivamente alla propaganda patriottica ed alla raccolta dei fondi per il "milione di fucili".
L’anno seguente partì con la spedizione dei Mille al comando di 24 "Guide" che, prive di cavalli; costituivano tutta la cavalleria dell’armata garibaldina. A Marsala furono requisiti i cavalli per le "Guide" che a Calatafimi furono il primo reparto garibaldino a prendere contatto con il nemico ed ad entrare per primi a Palermo il 27 maggio, sempre arditamente combattendo a cavallo. Il numero delle "Guide" era nel frattempo cresciuto ed il 20 luglio furono nuovamente impiegate a Milazzo. Durante questa battaglia, Missori diede prova di straordinario valore salvando la vita a Garibaldi. L’episodio è molto noto, il generale era rimasto isolato, ma coraggiosamente combatté contro un drappello di Cacciatori a cavallo borbonici, stava per essere sopraffatto quando intervenne coraggiosamente il Missori che riuscì ad uccidere il cavallo ed il cavaliere che stavano per travolgere e decapitare a fendenti l’eroe dei due mondi. La diversione permise alle camice rosse di ricongiungersi con Garibaldi ed a far prigionieri i borbonici.
L’8 agosto a Missori fu commesso l’importante e delicato compito di varcare con 200 uomini lo Stretto di Messina per sorprendere il forte di Villa San Giovanni. Il tentativo non ebbe esito fortunato, ma poiché non era possibile né pensabile rivarcare lo Stretto, Missori con i suoi si diede alla montagna, correndo paesi e borgate dove proclamava la decadenza della dinastia borbonica. Quando Garibaldi varcò lo stretto, Missori si riunì al suo Generale e gli fu a fianco, sempre al comando delle "Guide", sino al termine della campagna.
Insieme a Garibaldi entrò il 7 settembre a Napoli, combatté valorosamente al Volturno, fu presente allo storico incontro di Teano fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Ricevette la medaglia d’oro al valor militare per il suo comportamento a Milazzo.
Quando Giuseppe Garibaldi si ritirò a Caprera, Missori ritornò a Milano, ma appena il Generale chiamò i suoi all’azione, Missori accorse. Giuseppe Garibaldi voleva ripetere la gloriosa marcia dalla Sicilia verso nord per liberare Roma, Missori fu incaricato di reclutare uomini a Reggio, Catanzaro e Cosenza, per infoltire le fila dei garibaldini che, avendo passato lo stretto si inoltravano nelle montagne calabresi. Avvenne il dramma dell’Aspromonte, fallì il temerario disegno di Garibaldi, anche Missori dovette lasciare la Calabria e riparare, fortunosamente, a Milano.
Negli anni seguenti mantenne sempre la sua intesa con Garibaldi, promuovendo nel 1863 le agitazioni per l’aiuto ai polacchi insorti; attivandosi in tutte le polemiche e le lotte politiche che divamparono in quegli anni fra democratici e moderati.
Nel 1863 Missori, sempre al comando delle "Guide" , fu nuovamente in guerra a fianco di Garibaldi e per il suo coraggio e perizia ricevette la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. Nel 1864, al comando di due battaglioni raccolti a Terni, combatté a Monterotondo ed a Mentana.
Concluse le guerre del Risorgimento, Giuseppe Missori si ritirò a vivere a Milano. Fermo nelle sue convinzioni repubblicane, come altri garibaldini che non avevano delegato alla monarchia il compito di fare l’Italia, era amareggiato e deluso, non recriminava il passato, ne incolpava Garibaldi, come faceva Mazzini, di aver consegnato l’Italia al Re, ma si sentiva ormai fuori gioco. Aveva trascorso la vita sui campi di battaglia, combattendo per un ideale repubblicano che la monarchia, compromissoria, s’era affrettata a mettere in soffitta. Era pur sempre l’eroe della campagna di Sicilia, nello scontro di Milazzo aveva salvato la vita a Garibaldi, ma con modestia e signorilità si ritirò dalla vita bellica e la sua opinione sulla politica ufficiale gli impedì di far combutta con una masnada di cortigiani per candidarsi alle elezioni politiche. Amava Milano e lo ricordava al centro delle cospirazioni repubblicane e garibaldine negli anni della dominazione austriaca, capitale e motore del Risorgimento democratico, città che non aveva mai ossequiato, come diceva il Cattaneo, i re di qualsiasi provenienza: né gli Asburgo, né i Savoia.
Con dignità e modestia visse nella Sua Milano, accettò di essere consigliere comunale dal 1889 al 1894, fece parte della commissione Consultiva per il Civico Museo del Risorgimento dal 1883 al 1900 e fu Presidente di tale Commissione dal 1900 al 1905.
Missori era un pezzo vivente di storia, frequentava la Scala ed il pubblico, quando egli compariva nel palchetto, si alzava e lo acclamava come non avrebbe neppure fatto per il Re o la Regina. Fu comunque sempre riservato e modesto, con modi d’animo gentili e signorili, non ostentando i suoi passati eroismi, anzi se qualcuno gliene chiedeva rispondeva "sciocchezze, sciocchezze".
Il 25 marzo 1911, nella sua casa dell’allora via Carlo Alberto n°32, si spense; poco prima di mancare si fece portare un ritratto di Garibaldi, lo fissò intensamente, lo baciò e quindi spirò. La città, attonita come il giorno in cui morì Verdi, si fermò; finiva un’epoca, Missori mormorando e baciando il nome dell’Eroe era morto, così morivano gli ultimi garibaldini.
La città volle onorare questo suo grande figlio con un ricordo quale intitolargli una piazza, già piazza San Giovanni in Conca divenuta Piazza Missori ed un monumento. Nel 1914 il comitato promotore per il monumento lanciò una sottoscrizione per la raccolta della somma necessaria ed in breve si raggiunse la cospicua, per il tempo, cifra di £ 12.000. Il 7 maggio fu inaugurato il monumento opera dello scultore Ripamonti, è una statua equestre un cavallo, provato dalla fatica è montato da Missori, a monta "in Piedi", nella sua elegante uniforme che guarda con fierezza e coraggioso valore cavalleresco dall’alto della sua modesta cavalcatura. L’11 giugno 1929, nel centenario della sua nascita, le ceneri di Missori furono traslate al Famedio del Cimitero Monumentale.

Da: www.grandeoriente.it