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Fonte Web: www.resistenzalaica.it

Indice dei Libri Proibiti (Zip)

 


 

Nell’analisi dei rapporti tra chiesa e censura, un ruolo fondamentale è certamente rappresentato dall’approfondimento della censura sui libri “vietati”, raccolti in un elenco, l'Index Librorum Prohibitorum che, nato nel 1559 per raccogliere l’elenco dei libri il cui possesso e la cui lettura è proibita ai cattolici (l’origine dei divieti è ben precedente all’istituzione dell’indice, risalendo addirittura al quarto secolo) ed è stato ufficialmente abolito solo nel 1966 da Paolo VI – ma che in realtà è sopravvissuto al Concilio Vaticano II ed esiste tutt’ora sotto forma di “guida bibliografica” ad opera dell’Opus Dei.

Sin dagli albori il cristianesimo si è caratterizzato per una forte censura nei confronti degli scritti non compatibili con la dottrina ufficiale della chiesa: si pensi che già Paolo di Tarso parla di roghi di libri (!) da parte di convertiti al cristianesimo (negli Atti degli apostoli); il primo Concilio di Nicea nel 325 proibì la diffusione delle opere di Ario (che vennero bruciate, dando il via a quella che nei secoli sarebbe stata una costante da parte dei censori clericali): nell’occasione Ario, teologo egiziano, venne scomunicato (insieme ad Eusebio di Nicomedia) in quanto eretico – gli ariani sostenevano fondamentalmente la non divinità di Gesù, che sarebbe stato non “consustanziale” con dio in quanto non eterno (insomma, si sarebbe trattato di un uomo “adottato” da dio e da costui dotato di poteri divini per redimere l’umanità).

Nei secoli successivi varie opere vennero proibite, anche se non esisteva ancora un vero e proprio “indice” come quello creato nel sedicesimo secolo. La prima lista di libri eretici proscritti la si deve a papa Gelasio I (il papa che eliminò la festa romana dell’amore pagano, prevista il 14 Febbraio, sostituendole la festa di un santo che venne appositamente santificato, San Valentino – festa dedicata alla scelta dei santi da venerare durante l’anno e non all’amore, almeno nelle intenzioni di papa Gelasio I), che la pubblicò nel 494 e.v., insieme ad una catalogazione delle “vere scritture” dei padri della chiesa. Gelasio I era fortemente legato all’ortodossia cristiana ed invero attivissimo nella caccia agli eretici, tanto da battersi fortemente contro i manichei e da ottenere la cancellazione dei Lupercalia sostituendoli con la Candelora (ennesimo “scippo” cattolico di festività precedenti). Il secondo Concilio di Nicea (787) oltre a condannare l’iconoclastia, obbligò i fedeli in possesso di libri proibiti alla consegna dei volumi al vescovo competente.

Successivamente altri libri si aggiunsero alla lista di quelli vietati, giungendo addirittura alla proibizione della “Bibbia” per coloro che non facessero parte dell’organizzazione della chiesa (Concilio di Tolosa, 1229) ed al rogo di tutte le bibbie scritte in lingue volgari (Concilio di Tarragona, 1234). Per il rogo delle bibbie venne peraltro fissato un termine abbastanza grottesco: avrebbero dovuto essere distrutte tutte le bibbie scritte in lingue volgari entro otto giorni, quando all’epoca difficilmente la notizia avrebbe potuto diffondersi in tutta Europa in così breve tempo (nota a margine: cosa accadrebbe oggi se qualcuno organizzasse un rogo di bibbie scritte “in lingue volgari” semplicemente come provocazione contro l’arroganza clericale? Eppure si tratterebbe né più né meno di una riedizione di quanto ordinato dai vescovi cattolici all’epoca…).

Se proprio la Bibbia ed in generale i testi sacri erano al centro della discussione (e delle proibizioni) in epoca medievale, successivamente il diffondersi della stampa a caratteri mobili (Gutenberg, 1448) favorì una maggiore diffusione dei testi sacri nonché di quelli “eretici” (in primis i testi “protestanti”).

Proprio in risposta alla diffusione dei testi protestanti, il papa Alessandro VI, ovvero Rodrigo Borgia, uno dei papi più corrotti e simoniaci (ebbe svariati figli illegittimi, dato che era terribilmente ossessionato dal sesso, e vendette decine di titoli cardinalizi per racimolare grandi ricchezze) istituì l’Imprimatur, ovvero l’autorizzazione ecclesiastica alla stampa (Nihil obstat quominus imprimatur) che è una forma di censura preventiva. La censura clericale andava dunque organizzandosi e formalizzandosi a livello formale.

Il primo “Index” venne pubblicato a Venezia nel 1549 dal nunzio vaticano Giovanni Della Casa (l’autore del Galateo: come reazionario non aveva rivali) e comprendeva 149 titoli. Tale edizione però non venne “promulgata” ufficialmente dal Vaticano anche a causa della strenua opposizione dei librai e dei tipografi; tuttavia nel 1554 il “Sant’Uffizio” pubblica un “Cathalogus Librorum Haereticorum” dedicato ai libri considerati eretici, con in testa quelli protestanti (tra i testi vietati è peraltro degno di citazione il De Monarchia di Dante Alighieri). Con la nomina a pontefice nel 1555 di Paolo IV (uno dei pontefici più rigidi ed antisemiti: rafforzò l’Inquisizione ed istituì il ghetto per gli ebrei a Roma dando ordine di istituirlo anche in altre città) l’”Indice” torna “di moda” e viene ufficialmente pubblicato dalla “Santa Congregazione dell’Inquisizione Romana” nel 1559 col nome di “Index librorum prohibitorum” (tale indice viene detto “Indice Paolino” per distinguerlo dalle altre edizioni dell’indice, ognuna delle quali ha un nome specifico).

Fanno parte di questa prima edizione ufficiale, la più restrittiva mai pubblicata, sia testi sacri “non riconosciuti” dalla chiesa romana, sia testi laici osteggiati dai papato: tra questi primeggiano il Decameron di Boccaccio ed Il Principe di Machiavelli. Vengono “messi all’indice” tutti gli scrittori non cattolici, le cui opere divengono proibite; vengono parimenti proibite 126 opere di 117 scrittori “cattolici” nonché 322 opere anonime; vietate anche 45 diverse edizioni della Bibbia e del Nuovo testamento, considerate non conformi ai dogmi cattolici; la lettura dei testi sacri in lingua volgare veniva da allora consentita soltanto su espressa licenza rilasciabile unicamente a maschi (e ti pareva!) che conoscessero il latino; 61 tipografi (quasi tutti svizzeri o tedeschi coinvolti nella diffusione dei testi protestanti, unica eccezione il veneziano Brucioli) venivano “banditi”; veniva vietata la stampa di opere riguardanti astrologia o magia.
L’elenco degli scrittori colpiti dal primo ”Index” è ampio e va da Boccaccio e Machiavelli ad Erasmo da Rotterdam e Rebelais. Vennero inoltre proibiti i libri in cui non fossero indicati autore o stampatore, quelli senza indicazione della data di pubblicazione, quelli usciti senza imprimatur o stampati da stampatori “eretici” – i fedeli erano tenuti a consegnare immediatamente tali libri alle autorità ecclesiastiche. Va da sé che subito i librai protestarono contro l’indice, che in primis colpiva in modo pesante molte loro giacenze di magazzino che non avrebbero potuto più esser vendute cagionando un danno economico catastrofico per i loro proprietari; inoltre molti studiosi, in primis di medicina (i cui testi provenivano per lo più dal mondo germanico) si vedevano costretti a rinunciare a libri su cui avevano studiato. Tutto questo portò molti stati (come il Granducato di Toscana e la Repubblica di Venezia) a non applicare rigorosamente l’Indice.

Cinque anni dopo, col Concilio di Trento (1564) si aggiorna l’indice. (che diviene l’”Indice Tridentino”), attenuando in parte le proibizioni (il nuovo papa Pio IV è a suo modo un “moderato”, almeno in confronto al predecessore), in particolare si consentì di pubblicare i libri "vietati" una volta “ripuliti” dalle parti proibite (opera che spesso stravolgeva il pensiero originale dell’autore) e si consentì il rilascio della licenza per la lettura dei testi sacri in lingua volgare con minori restrizioni. In compenso furono proibiti i testi scientifici non conformi all’interpretazione aristotelico-scolastica. Diversamente dall’Indice precedente, questo venne applicato ben oltre i confini dello Stato della Chiesa, ovvero in tutta Italia ed in buona parte dell’Europa (anche se altri paesi, come la Spagna, ebbero dei propri “indici” specifici, mentre la Francia non lo applicò proprio). Nel frattempo una Bolla papale del 1564 si occupò di mettere sotto controllo l’alfabetizzazione: tutti gli insegnanti avrebbero dovuto dichiarare sotto giuramento al proprio vescovo la loro identità, il luogo dove svolgono la propria attività e soprattutto i libri usati a tale scopo. D'altra parte l'alfabetizzazione per i rappresentanti della Chiesa sarebbe stata un cruccio nei secoli a venire, tanto che dopo l'unità d'Italia il papa si trovò a scrivere al Re una missiva sui rischi dell'alfabetizzazione (il papa era preoccupato dall'istituzione dell'istruzione di stato obbligatoria).

Nel 1571 papa Paolo V istituì la “Congregazione per l’Indice” al fine di aggiornare e diffondere l’Indice periodicamente tramite le sezioni locali dell’Inquisizione: questa congregazione avrà più volte delle frizioni con la Congregazione del Sant’Uffizio (l’Inquisizione), che pretendeva di gestire in proprio l’aggiornamento dell’Indice. La “Sacra Congregazione per l’Indice” verrà abolita soltanto nel 1916, quando le competenze in merito verranno passate di nuovo al Sant’Uffizio, l’ex “Inquisizione” (tale dicitura era stata cancellata dal nome della Congregazione da papa Pio X nel 1908), che verrà rinominata nel 1965 in “Congregazione per la Dottrina della Fede” (ebbene sì, l’attuale papa Ratzinger è stato per 25 anni il dirigente dell’organismo erede dell’Inquisizione).

Una successiva edizione dell’Indice si avrà con Clemente VIII, il papa che fece mettere sul rogo Giordano Bruno e che lanciò una nuova ondata di repressioni antisemite con leggi vessatorie rimaste in vigore sino al XIX secolo. La nuova edizione ("Indice Clementino") non si discosta molto da quella precedente e mantiene il divieto di stampare opere in lingue volgari introdotto da Pio V nel 1567 (Pio V del resto va ricordato anche per il suo integralismo religioso che portò all’abrogazione del carnevale ed alla espulsione degli ebrei dai territori dello Stato della Chiesa con l’eccezione di Roma ed Ancona, dove esistevano già i ghetti e gli ebrei erano economicamente utili come banchieri e commercianti).

Col passare del tempo l’indice venne periodicamente aggiornato: è del 1616 la messa all’indice delle opere di Copernico, in primis il “De Rivolutionibus Orbium Coelestium” che circolava liberamente sino ad allora da quando fu dato alle stampe nel 1543 (vennero nel contempo vietate anche le opere di Keplero, che aveva difeso la teoria eliocentrica) - proprio in seguito alla condanna del copernicanesimo si aprì il conflitto tra Galileo Galilei ed il Vaticano, che portò all’abiura ed alla messa all’indice del suo “Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo” nel 1633.

Le opere copernicane verranno poi rimosse dall’”Indice” solo nel 1846, mentre Galilei dovrà attendere sino a pochi anni fa (1992) per la riabilitazione: del resto, si sa, i tempi “celesti” sono questi.

Intorno alla fine del diciassettesimo secolo la pressione clericale sull’editoria si allentò un po’, ormai la semplice detenzione di libri proibiti non era nei fatti perseguita (diversamente dalla stampa e diffusione dei testi). L’Indice veniva comunque aggiornato regolarmente e si andava gonfiando di libri “proibiti”.

Nell’edizione del 1758, sotto il pontificato di Papa Benedetto XIV (un papa moderato che tra le altre cose condannò lo schiavismo nelle Americhe) venne abrogato il divieto di lettura della Bibbia in “lingue volgari”; tuttavia dopo la sua scomparsa la persecuzione delle opere proibite tornò a livelli più intensi, oscillando poi in base alla maggiore o minore austerità dei pontefici in carica.

Con l’Illuminismo ed il diffondersi del Socialismo il numero di opere ed autori proibiti aumenterà a dismisura, tanto che è difficile tracciare una lista che comprenda tutti gli autori importanti proibiti: sarebbe troppo lunga e noiosa. Basti qui ricordare una serie di nomi di filosofi, scienziati e letterati le cui opere saranno incluse nelle varie edizioni dell’Index: Hobbes, Cartesio, Bacon, Montaigne, Locke, Rousseau, Pascal, Erasmo da Rotterdam, Darwin (proibizione molto attuale, direi), Kant, Mills, Proudhon, Schopenauer, Marx, Nietzsche…ma anche Beccaria, Croce, Emile Zola, Simone de Beavoir, Balzac, Dumas (padre e figlio), D’Annunzio, Leopardi, Foscolo, Gentile, Guicciardini, Machiavelli, Hume, Voltaire, Victor Hugo, Flaubert, Malaparte,Moravia e Sartre (e pure il Teatro Comico Fiorentino!).

Questi sono solo alcuni dei nomi ricompresi nell’ultima edizione dell’Indice, la trentaduesima, datata 1948 – ma aggiornata anche successivamente, per esempio Sartre fu aggiunto nel 1959, anno in cui tornarono invece fruibili per i lettori cattolici “Les Miserables” di Victor Hugo. In compenso libri ben più criticabili, in primis il Mein Kampf di Adolf Hitler, non verranno mai proibiti: del resto il Fuhrer era un cattolico (nonostante che la storiografia massificata tenda a nascondere tale aspetto sopravvalutando le sue passioni per l’esoterismo) ed aveva raggiunto un Concordato con la chiesa stipulato da Eugenio Pacelli, nunzio vaticano in Germania negli anni ’20 e poi Segretario di Stato (all’epoca appunto del Concordato) e quindi asceso al soglio pontificio come papa Pio XII durante il conflitto mondiale (antisemita dichiarato e sostenitore di Franco, si spostò su posizioni antinaziste soltanto quando oramai la guerra volgeva al peggio per le potenze fasciste).

Negli anni ’60 del ventesimo secolo, col clima sociale fortemente mutato, oramai l’Index aveva perso la funzione proibitoria vera e propria per la quale era stato inventato: del resto la chiesa non poteva più far rispettare le proibizioni in modo diretto essendo priva di un potere coercitivo diretto fuori dai confini vaticani. Così, nell’atmosfera di rinnovamento portata dal Concilio Vaticano Secondo (avversato dagli esponenti della chiesa più tradizionalisti che ne avrebbero poi bloccato le innovazioni una volta tornati “al potere” con papa Woytila e papa Ratzinger), venne presa da papa Paolo VI (il papa dell'enciclica Humanae Vitae, che condannò ogni forma di contraccezione ed in particolar modo la pillola anticoncezionale che si andava diffondendo ampiamente in quegli anni) la decisione di declassare l’Index trasformandolo non più in una lista di libri “proibiti”, ma in una lista di libri sconsigliati che rimane comunque moralmente impegnativa per i fedeli cattolici – tutto questo è chiarito nella Notificatio “Post litteras apostolicas…” del 1966 del Cardinal Ottaviani, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Dunque non di vera abrogazione si può parlare, anche se l’Index in quanto tale si considera comunemente esaurito nel 1966, bensì di mutamento della forma dell’Indice, dovuto all’impossibilità di applicare in modo fattivo la lista censoria clericale nei “bui” tempi moderni (in cui evidentemente si son persi certi valori importanti).

Il “nuovo indice” è dunque la “Guida Bibiliografica” dell’Opus Dei, che si occupa di recensire i libri (ed i film!) e catalogarli all’interno di sei categorie in base alla loro conformità od avversione alla “retta via” cattolica; in questo elenco tra gli autori, letterari o cinematografici, le cui opere sono assolutamente da evitare per ogni cattolico e particolarmente pericolose per i figli sono inclusi (oltre a tutti quelli sopra citati) anche Woody Allen, Max Weber, Luchino Visconti, Gore Vidal, Velazquez, Vazquez Montalban, Kirk Douglas, Milan Kundera, Abbagnano (quello dei testi di filosofia dei licei!), Asimov, Stephen King, Jack Kerouac, Bukowski, Camus, Severino, Popper, Ida Magli, De Marchi, Philip K. Dick, la Fallaci (ebbene sì)…nonché migliaia di altri autori. Ed ancora non son stati recensiti Diamond, Dawkins ed Odifreddi…

In conclusione, si può dire che la censura, che attualmente la Chiesa Cattolica Apostolica Romana rinfaccia ai suoi avversari politici quando costoro chiedono di evitare interventi ufficiali di suoi rappresentanti in occasioni pubbliche a rilevanza politica, è in realtà elemento portante della dottrina della Chiesa, sin dagli albori del cristianesimo.

Ed è tutt’ora viva e vivace sotto forma di “guida bibliografica” (Qui è possibile scaricare la “guida” integrale, coi vari livelli di “disapprovazione” delle opere considerate), censura ad oggi non coercitiva solamente perché la Chiesa Cattolica non ha un potere politico diretto.

 

I PRECEDENTI (wikipedia)

 

Sin dalle sue origini le lotte della Chiesa contro le eresie comportarono la proibizione di leggere o conservare opere considerate eretiche: il primo concilio di Nicea (325) proibì le opere di Ario, papa Anastasio I (399-401) quelle di Origene, nel 405 Innocenzo I scrisse una lista di libri apocrifi, Leone Magno (440-461) proibì i testi manichei e Gelasio I nel 496 condannò i libri pagani.

Il secondo concilio di Nicea (787) stabilì che i libri eretici dovessero essere consegnati al vescovo non tenuti di nascosto e il Concilio romano nell'868 condannò al rogo le opere di Fozio, nel 1140 quelle di Pietro Abelardo e Arnaldo da Brescia, nel 1239 il Talmud e nel 1327 quelle di Francesco Stabili. Il concilio di Tolosa del 1229 giunse a proibire ai laici il possesso di copie della Bibbia e nel 1234 quello di Tarragona ordinò il rogo delle traduzioni della Bibbia in volgare.

Durante il concilio di Costanza nel 1415 venne bruciato vivo l'eresiarca Jan Hus, seguace di Wycliffe; in questa circostanza furono dati alle fiamme sia i testi di Hus, sia i testi di Wycliffe[2]. Nella seconda metà del Quattrocento il frate Bernardino da Feltre mandò al rogo tutte le copie reperite degli Epigrammi di Marco Valerio Marziale. La diffusione di idee contrarie ai dogmi della Chiesa cattolica, e in particolare della Riforma protestante, fu grandemente favorita dall'invenzione della stampa a caratteri mobili (1455): la Chiesa prese dunque provvedimenti nel tentativo di controllare quanto veniva stampato.

Nel 1479 papa Sisto IV concesse all'ateneo di Colonia il diritto a esercitare la censura sui libri impressi, che si aggiunse a quello già concesso circa la revisione dei manoscritti, con pena di scomunica a stampatori e lettori di opere non autorizzate. Pochi anni dopo anche l'arcivescovo di Magonza proibì la stampa e la diffusione di qualsiasi libro che non fosse stato approvato da un'apposita commissione composta da due sacerdoti della cattedrale e due dottori dell'Università. Queste misure saranno rese universali da papa Innocenzo VIII con la costituzione Inter multiplices del 1478: il compito di applicare la censura preventiva spetterà da quel momento in poi ai vescovi di tutto il mondo e al Maestro del Sacro Palazzo romano.

Con la X sessione del Concilio Lateranense V, nel 1515, furono stabiliti provvedimenti contro la libertà di stampa: «Volendo, quindi, provvedere a ciò con un rimedio opportuno, col consenso del sacro concilio, affinché l'attività dottrinale prosperi tanto più felicemente, quanto più d'ora in avanti si userà una censura più diligentemente solerte e cauta, stabiliamo e comandiamo che ora e per sempre, nessuno, sia a Roma, che in qualsiasi altra città e diocesi, stampi o faccia stampare un libro o qualsiasi altro scritto, senza che prima siano stati diligentemente esaminati a Roma, dal nostro vicario e dal maestro del sacro palazzo e nelle altre città o diocesi dal vescovo o da altra persona sia esperta nella scienza cui si riferisce il libro o lo scritto in corso di stampa, sia deputato a questo compito dallo stesso vescovo, nonché dall'inquisitore competente per la città o la diocesi in cui dovrebbero essere stampati, e inoltre senza che siano stati approvati con una formula sottoscritta con firma autografa da apporre gratuitamente e immediatamente sotto pena di scomunica. Chi oserà agire altrimenti, oltre perdere i libri stampati, che saranno pubblicamente bruciati, oltre il versamento di cento ducati alla fabbrica della basilica del principe degli apostoli a Roma, e alla sospensione per un anno intero della possibilità di esercitare l'arte della stampa, incorrerà nella sentenza di scomunica, infine se persisterà ostinatamente sarà castigato rispettivamente dal suo vescovo dal nostro vicario».

Con la bolla di papa Leone X Exsurge Domine del 15 giugno 1520 si condannavano alla distruzione tutte le opere presenti e future di Martin Lutero.

Alla metà del XVI secolo risalgono i primi cataloghi di libri proibiti: ne furono redatti dalle università della Sorbona a Parigi e di Lovanio. La Facoltà di teologia dell'Università di Parigi pubblicò, tra il 1544 e il 1556, alcuni Indici di libri proibiti che recavano la rituale formula "sub correctione sanctae matris ecclesiae, et sanctae sedis apostolicae". Con il consenso del Parlamento di Parigi, la Facoltà indicò un sacerdote domenicano come inquisitore generale di nomina regia, che attuò un rigoroso programma di repressione dell'umanesimo evangelico e delle idee luterane. A partire dalla pubblicazione del 1545 l'Indice parigino è munito dell'autorità del re, del Parlamento e dell'inquisitore generale del regno: i suoi divieti sono legge per i francesi. Fra le centinaia di libri che la Sorbona condannò, si segnalano le opere di Erasmo da Rotterdam, di Marsilio da Padova, di Girolamo Cardano, di Michele Serveto, di Raimondo Lullo.

Nel 1543 nella Repubblica di Venezia il Consiglio dei Dieci affidò agli Esecutori contro la Bestemmia il compito di sorvegliare l'editoria, con facoltà di multare chi stampava senza permesso: nel 1549, ad opera di monsignor Giovanni della Casa, fu pubblicato un Catalogo di diverse opere, compositioni et libri, li quali come eretici, sospetti, impii et scandalosi si dichiarano dannati et prohibiti in questa inclita città di Vinegia: l'elenco comprendeva 149 titoli e riguardava per lo più opere tacciate di eresia, ma la proibizione finì con il non essere applicata per l'opposizione dei librai e dei tipografi. In una lettera del 27 giugno 1557 diretta all'inquisitore di Genova, il commissario Michele Ghisileri esprime le sue impressioni sulle proibizioni:
«Di prohibire Orlando [Boiardo, Ariosto], Orlandino [Folengo], cento novelle [probabilmente Boccaccio] et simili altri libri più presto daressemo da ridere ch'altrimente, perché simili libri non si leggono come cose a qual si habbi da credere ma come fabule, et come si legono ancor moltri libri de gentili come Luciano Lucretio et altri simili »

Nel 1559, ad opera del Sant'Uffizio, uscì a Roma un primo Cathalogus librorum Haereticorum, con intenti quasi esclusivamente anti-protestanti: vi comparivano anche le opere di Luciano di Samosata, il De Monarchia di Dante Alighieri e perfino i commentari di papa Pio II sul Concilio di Basilea.

 

 

Il documento che precede è opera d'ingegno Edoardo Quaquini

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© Edoardo Quaquini

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