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La storia della Massoneria è un luogo privilegiato per analizzare la struttura, la possibile evoluzione, le determinanti future dell’Occidente (1).
E questo, indubbiamente, vale sia per l’Europa, per gli Stati Uniti d’America, per molti paesi non europei come la Turchia, la Russia, l’India e, oggi, la Cina (2).
Nella tradizione massonica si fondono, fin dall’inizio, due tratti tipici della cultura politica europea: la separazione tra religione e Stato, caratteristica della Pace di Westfalia del 1648, che pone fine alla Guerra dei Trent’Anni e a quella degli Ottanta tra Spagna e Province Unite, e la sovranità degli Stati si separa dalla fede religiosa seguita nei loro territori, e la nuova cultura dell’identità nazionale, che appunto si sovrappone e spesso si sostituisce alla Universitas Cattolica dei grandi imperi europei (3).
Nazionalità senza religione universale, separazione tra Stato e Chiesa, costruzione di un nuovo equilibrio europeo destinato a durare, con le necessarie trasformazioni, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Conflitto questo che può essere letto sia come finis Europae, sia come internazionalizzazione dell’Europa delle patrie verso il Medio Oriente (con lo smembramento dell’Impero Ottomano) e la Rivoluzione Bolscevica in Russia, che violentemente modernizza l’impero zarista e lo chiude all’influsso europeo, mentre gli USA entrano nel quadrante della Vecchia Europa per non abbandonarla più (4).
Una Europa antimassonica, dal nazismo al fascismo italiano e alle dittature ispaniche di Josè Antonio Primo De Rivera e poi di Francisco Franco, che rompe l’equilibrio westfaliano, internazionalizza la questione europea (5), distrugge l’unitarietà della Germania per portarla ad essere la pianura della grande battaglia per l’Europa (6) tra un Est ed un Ovest entrambi posti fuori dalla tradizione del Vecchio Continente, e dal suo equilibrio interno. Dopo le nazioni westfaliane, l’Europa vive nella torsione tra due imperi, entrambi estranei alla cultura politica del Vecchio Continente e, per molti aspetti, estranei alla tradizione massonica più profonda.

Europa e Massoneria simul stabunt vel simul cadent. Certamente, gli USA sono una potenza massonica, ma di una tradizione spesso legata a riti, gradi, simboli che le massonerie europee guardano con qualche sospetto (7).
Negli USA la Massoneria acquisisce sempre di più un tratto di cultura della benevolenza (8) e si caratterizza come una sorta di laicizzazione parziale dell’afflato religioso riformato che è presente da sempre nel tessuto identitario nordamericano; mentre in Europa la Massoneria è, come è stata acutamente definita, la religione dei moderni (9), l’universo culturale in cui le speranze, gli ideali, gli interessi delle classi dirigenti e delle masse si fondono in una escatologia non religiosa e, spesso, fortemente venata di anticlericalismo e perfino, contrariamente alle tradizioni anglosassoni della Fratellanza, di ateismo.
Se vediamo la sequenza di elementi storici, di miti identitari, di stili di pensiero che caratterizza, fin dalla fondazione della Gran Loggia d’Inghilterra il 24 Giugno 1717, possiamo osservare come la narrazione massonica è la prima vera grande epopea dei momenti cardine della civiltà occidentale: si va dallo gnosticismo neoplatonico che la Chiesa Cattolica, dopo san Tommaso d’Acquino mette ai margini, ai Cavalieri Templari e alla tradizione dei maestri delle Cattedrali gotiche, nel cui mito muratorio si determinano i primi gradi dell’Istituzione massonica moderna, fino all’esoterismo rinascimentale e, successivamente, alle tradizioni originarie della scienza sperimentale moderna fino, ed è storia di oggi, al razionalismo universalistico e alla cultura dei “diritti dell’uomo” (10).
Si noti bene che, nelle Logge, sopravvive una tradizione di collegamento tra essoterismo e scienza sperimentale che gli storici più recenti, da Eugenio Garin a Frances Yates (11), non potranno non confermare, mentre la cultura politica della Massoneria, tra Settecento e secolo XIX, risulta meno rivoluzionaria di quanto non si tenda oggi a sottolineare.
 

La Rivoluzione Francese del 1789 (12), seguita e sostenuta dagli Stati Uniti che hanno appena, nel 1776-’83, si nutre della crisi economica che attanaglia Parigi proprio grazie alle eccessive spese per sostenere, contro l’odiato Regno Unito, i rivoluzionari delle Tredici Colonie, ma vede la Massoneria porsi, fin dall’inizio, su entrambi gli schieramenti in lotta: Luigi XVI è Gran Maestro della Massoneria francese, una tradizione massonica venata di spiritualismo cristiano e delle tradizioni medievali delle corporazioni di arti e mestieri (13).
Voltaire non è massone, e lo diverrà solo in tardissima età, mentre sono antimassoniche le aree influenzate dal pensiero di Jean Jacques Rousseau e perfino i gruppi, come quello di Gracco Babeuf (14), che radicalizzano il messaggio rivoluzionario del 1789 in funzione di una utopia del ritorno alla vita dei campi e al comunismo originario precedente a quel progresso tecnico che la Massoneria comincia proprio in quegli anni a mitizzare.
Goethe resisterà a lungo prima di entrare nella Loggia personale del Duca di Weimar, freddo com’è nei confronti degli ideali egualitari e universalistici della Fratellanza.
Il massone Goethe ride convulsamente quando un messo del Duca, di ritorno da Parigi, narra al Consigliere Segreto Von Goethe che “il Re è stato giustiziato ed ora la sovranità appartiene al popolo”.
Due massonerie: una rivoluzionaria, spesso collegata con gli interessi britannici in Europa continentale e l’altra che si vede baluardo di quel lento processo di riforma delle monarchie assolute che dovrebbe portare alla stabilizzazione dell’Europa senza rivoluzioni e, soprattutto, senza squilibrare a favore di players esterni l’equilibrio westfaliano.
Se la Rivoluione Francese si nutre di simbolismi massonici, anche la più conseguente polemica contro la filosofia rivoluzionaria di Parigi nasce dall’opera di De Maistre, massone della Stretta Osservanza con lo pseudonimo di Eques a Floribus, che legge la Rivoluzione come “miracolo del maligno” e, come diremmo oggi, “male assoluto” (15).
Si noti che la “Stretta Osservanza” è l’ordine massonico più legato al simbolismo templare, e che essa viene riorganizzata proprio da Filippo di Orléans agli inizi del Settecento.
La Francia napoleonica utilizza, come e più della Gran Bretagna, la rete delle massonerie nazionali per penetrare, influenzare, talvolta indebolire le classi dirigenti non ancora investite da quel securo il cui fulmine tenea dietro il baleno, per usare i termini su Napoleone I dell’ode 5 Maggio di Alessandro Manzoni (16).

La rete rivoluzionaria e massonica in Italia viene tenuta da Filippo Buonarroti, agente segreto pisano di Napoleone, discendente di Michelangelo, che innerva di società segrete di ogni specie i gruppi dirigenti delle varie piccole monarchie italiane.
Ma si tratta, infatti, di società segrete, non di Massonerie vere e proprie, che agiscono dentro queste associazioni “coperte” in modo da dirigerle senza confondervisi (17).
Indipendentemente dalle procedure di regolarità massonica, che anche oggi sono complesse e sottili, la fase rivoluzionaria dell’Europa genererà non un potere massonico unitario, ma un universo di massonerie irregolari o, come diremmo oggi, “deviate”, nelle quali il fine politico dell’Unità nazionale, o dell’amicizia “laica” tra la Francia, o la Gran Bretagna e il paese in cui operano diviene essenziale, a dispetto dell’Esoterismo e della esperienza sapienziale.
L’esperienza della “Giovane Italia” e della “Giovane Europa” di Giuseppe Mazzini è significativa al riguardo.
A Giuseppe Mazzini importa ben poco dell’esoterismo templare, che riprende la scena primitiva dell’assassinio del Gran Maestro jacques De Molay da parte di Filippo il Bello per riprodurre, in ogni massone del Rito Scozzese, i modelli e lo stile del mondo templare.
Né a Mazzini interessa il neoplatonismo magico che costituisce gran parte del mondo psicologico e simbolico della corte medicea, e della sapienza laica del neoplatonico Machiavelli.
A Giuseppe Mazzini interessa, sopra ogni cosa, l’unità italiana e la conseguente repubblica, connessa alla laicizzazione dello Stato nazionale per l’acquisizione di Roma e dei possedimenti del Successore di Pietro.
Questa separazione tra politica ed essoterismo, tra memoria della tradizione europea e militanza politica sarà a lungo caratteristica delle Obbedienze massoniche italiana o francese, dove la massoneria diverrà, per molti aspetti, un “club di servizio” per la beneficenza e la propaganda “profana” dei diritti dell’uomo (18).
E sarà su questo terreno che la Massoneria italiana incontrerà il nascente socialismo.


Certo, il Partito Socialista Italiano nasce a Genova, nel 1892, nella sala Sivori, ma il testo con il quale si escludono dal PSI (19) gli “anarchici e i violenti” viene siglato nella “Sala dei Carabinieri Genovesi”, sala dei passi perduti di una Loggia sansimoniana e positivista collegata alla rete di seguaci di Auguste Comte e del “nuovo cristianesimo” di Saint Simon, dove il misticismo utopistico si tinge di mitologie tecnocratiche (20).
Socialismo e massoneria, in molte zone d’Italia, andranno di pari passo, soprattutto dopo il compimento dell’Unità d’Italia, ma questo da un lato arricchirà di simbolismi utopistici e moralisti il socialismo, dall’altro svuoterà ulteriormente la Massoneria del suo potenziale simbolico e sapienziale, mentre rimarrà una unità massonica tra liberali e socialisti su un solo punto: la laicità dello Stato e la lotta contro “le superstizioni”.
Quando Benito Mussolini, da direttore del quotidiano socialista L’Avanti! lotta contro la massoneria nel PSI, lotta precisamente contro l’unione, inframassonica, tra vecchie classi dirigenti liberali e socialisti, perché sta impostando quella operazione rivoluzionaria che gli riuscirà da fascista, non da socialista: la distruzione delle vecchie classi dirigenti e la creazione di uno “Stato Nuovo” con il massimo tasso di discontinuità con il regime risorgimentale (21).
Mussolini è antimassonico perché è, soprattutto, un antiliberale, e intende gestire il socialismo prima e il fascismo poi senza intermediazioni e intromissioni di poteri forti ed esterni al suo.
Ma il fascismo è antirisorgimento e risorgimento insieme, è “il manganello avvolto dal Rosario” proclamato da Curzio Malaparte che esalta le rivolte antiunitarie dei “briganti” meridionali contro i borghesi unitari, e il mito mazziniano della Nazione laica, che passa dal fascismo laicista di Italo Balbo (persecutore delle leghe bianche di Miglioli nelle campagne della sua Ferrara) alla riforma idealista della scuola di Giovanni Gentile.
Non a caso è proprio il comunista Antonio Gramsci a votare contro, nel 1925, la legge fascista sulle Associazioni che proibiva la adesione alla massoneria e escludeva i massoni da ogni incarico pubblico.
Per Gramsci, la Massoneria era l’organizzazione di massa della borghesia capitalistica, piccola perché l’Italia aveva avuto fino ad allora uno sviluppo delle forze produttive capitalistiche piccolo anch’esso, e quindi proibire la Fratellanza significava snaturare il processo storico della modernizzazione italiana e bloccarlo definitivamente (22).

Il fascismo, naturalmente, organizzazione vincente di quei ceti medi che la massoneria stessa intendeva rappresentare, non poteva certo accettare un condominio della rappresentanza politica con la Fratellanza del Grande Oriente d’Italia, anche se la presenza di massoni tra i fascisti e tra i gerarchi era rilevante: Bottai, Grandi, lo stesso Starace, Italo Balbo, Giacomo Acerbo, Giuseppe Caradonna, Roberto Farinacei (23).
Quando le squadre fasciste d’azione entrano nelle Logge e le smantellano, il Regime mussoliniano segnala che, ormai, i gerarchi sono tributari solo al Duce delle loro carriere, e che i rapporti tra fascismo e Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, potenze che hanno sempre usato la massoneria italiana come loro trait d’union con le classi politiche nazionali, devono passare attraverso Palazzo Venezia e, comunque, non possono sperare in un trattamento amichevole.


Domizio Torrigiani, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, spedito al confino di Lipari dal fascismo dopo essere stato costretto a chiudere le Logge, o per essere più esatti a farle lavorare copertamente, narra come, al confino, anche il parroco del paese venisse ad omaggiarlo, e come i contadini lo guardassero con favore, stregati dall’”immenso tesoro” della Massoneria che dicevano avesse Torrigiani portato con sé (24).
Una Italia ingenua, povera, analfabeta, assiste alla lotta interna tra le classi dirigenti per le spoglie del ceto medio, vero asse di riferimento di ogni potere politico che voglia dominare stabilmente l’Italia.
Con la legge del 1925 si afferma in Italia quella stessa “rivoluzione contro Il Capitale (nel senso del testo di Marx) che Gramsci ha visto realizzarsi in Russia con i bolscevichi di Lenin e Trotzky.
Il marxismo è gradualista, e immagina che lo sviluppo delle forze produttive, contrastando con i rapporti di produzione arretrati, possa innescare la rivoluzione politica e violenta che porta allo stabilirsi dello Stato Operaio, di quella macchina tecnocratica perfetta che permetterà, per usare una battuta di Lenin, “anche ad una cuoca di governare lo Stato”. Antimassoneria in Russia e con Lenin (25), che combatte il riformismo massonico prima di Lwov e poi di Kerensky, odio contro la Fratellanza (26) di Mussolini, che vuole come i bolscevichi superare di un balzo la fase capitalistica tramite lo stato rivoluzionario, e fare la rivoluzione attraverso la presa dello Stato, non viceversa (27).


Lo Stato mima la società perfetta da realizzare, l’”uomo nuovo” preconizzato dalla stessa Rivoluzione Francese diviene un obiettivo che lo Stato intende definire superando l’idea, massonica e liberale, dell’individuo originario, del patto sociale tra soggetti che fonda lo Stato insieme alle libertà essenziali degli uomini.
Certamente, l’antimassoneria del fascismo italiano è funzionale sia a questo obiettivo totalitario, ma anche all’inversione del ruolo storico del nazionalismo liberale: per il fascismo da “Strapaese” alle Leggi razziali del 1938, il Risorgimento nazionale diviene non solo “incompleto”, come affermerà Antonio Gramsci nei suoi “Quaderni dal Carcere”, perché si tratta di un processo storico che ha escluso le masse, ma Mussolini riguarderà il nazionalismo liberale come un processo sostanzialmente negativo di integrazione gregaria dell’Italia nel “concerto europeo”, e una fase storica da dimenticare per prendere le parti dell’antirisorgimento, del Meridione dei “briganti”, della Chiesa Cattolica antimodernista e antiunitaria.
Il Concordato con la Santa Sede del 1929 suggella l’uscita dell’identità nazionale dall’universo massonico dell’anticlericalismo, e l’adattarsi della Chiesa ad un regime che, sempre di più, abbandona il laicismo e il mazzinianesimo che avevano caratterizzato i Fasci dell’arditismo e le dichiarazioni di Piazza Sansepolcro del 23 Marzo 1919, e immettono proprio il movimento politico nato dalla partecipazione alla Prima Guerra Mondiale nell’orizzonte della nuova restaurazione, dominata da quella Chiesa cattolica che più di ogni altra struttura si era battuta contro l’”inutile strage” del primo conflitto europeo, che aveva portato all’egemonia due nazioni “rivoluzionarie” e massoniche come la Gran Bretagna e la Francia, distrutto il grande impero cattolico e multinazionale degli Asburgo, fatto arrivare la potenza protestante americana sul suolo europeo e aperto la Grande Madre Russia, centro della Terza Roma, a quello che le carte degli Stati Maggiori occidentali definivano “terreno per esperimenti socialisti”, la nuova URSS bolscevica (28).
Non che, comunque, la Massoneria sia estranea alla tradizione bolscevica: la lunga filiazione che va dai primi nuclei socialisti e populisti russi, tutti influenzati dal pensiero rivoluzionario e russoviano europeo, alla corrente “di maggioranza” (bolscevica, appunto) vede l’azione di una miriade di società segrete di impronta massonica, più o meno regolari, che determinano gli sviluppi organizzativi del partito che prenderà il potere con la rivoluzione (ma sarebbe meglio chiamarla colpo di Stato) di Lenin e Trotzky (29).
Questa radicalizzazione massonica nell’universo politico degli anni ’10 del XX secolo ha molte facce: si va dalla penetrazione delle massonerie spiritualiste e sansimoniane nella Turchia dei “Giovani Turchi”, nel 1908, in una unione di intenti tra le confraternite sufi, molto presenti tra i quadri delle Forze Armate ottomane di etnia turca, alla diffusione della massoneria nazionalista e anticlericale tra le classi dirigenti coloniali e locali in Marocco e in Algeria, e alla forte caratterizzazione massonica, tra Francia e Italia, della piccola ma qualificata classe dirigente tunisina.
Massonerie “latine”, francesi e italiane, contro la Massoneria britannica, che invece si installa in Medio Oriente, e arriva fino a determinare gran parte della classe dirigente britannica e autoctona indiana.
Ma questa radicalizzazione politica non è esente da deformazioni rituali e anomalie organizzative. La massoneria britannica in India è spesso caratterizzata da elementi simbolici (e politici) legati alla Teosofia e all’occultismo di tipo romantico, dove si fanno prepotentemente avanti tratti di ritualismo “nero”.
Quando Rudolph Hess, stretto collaboratore di Hitler, allievo dell’inventore della geopolitica moderna Karl Haushofer, vola solitario in Scozia il 10 Maggio 1941 per raggiungere il castello del Duca di Hamilton, simpatizzante del Fuehrer, propone certamente una “pace separata” tra ariani tedeschi e anglosassoni, ma ha utilizzato i canali che sono sempre stati mantenuti tra la “Società di Thule” (30), nucleo originario dell’esoterismo e della dottrina politica delle SS, e il “Golden dawn”, la setta esoterica, paramassonica occultista e “nera” fondata da Alastair Crowley, molto potente nella cerchia del potere britannica, la cui geopolitica è parallela a quella nazista: aprire l’Europa ariana verso i grandi territori dell’Est slavo, schiavizzandone gli abitanti, congiungere il Medio Oriente all’Asia Centrale, la terra del “Re del Mondo” e dell’origine mitica degli Ariani, destrutturate l’Europa “latina” e unirla al vasto campo delle “razze inferiori” che produrranno il surplus necessario al Reich Millenario, caratteristico delle razze bianche del nordeuropa (31)..

Le simpatie “fasciste” e filoarabe di Lawrence d’Arabia, il ruolo del padre della futura spia sovietica “Kim” Philby St.John Philby in Arabia Saudita, il suo essoterismo sincretistico tra dottrina dell’Impero britannico e Islam, sono tutte indicazioni del nesso tra eterodossia massonica, trasformazione “nera” del ritualismo “bianco” dell’Arte Reale templare, e nazismo “magico” (32).
La deformazione della massoneria accompagna la fine dell’Europa nell’inferno totalitario. E anche il comunismo di “Kim” Philby va letto come una scelta deliberata di lasciare l’Europa, dopo il nazismo, nelle fauci dell’Unione Sovietica per permettere alla Gran Bretagna un condominio filobolscevico in Europa contro la Germania e le mani libere, dati gli accordi con l’URSS, dell’Inghilterra in Asia e in Medio Oriente.
La permanenza dell’esoterismo occultista e “nero” che affianca la rivoluzione bolscevica con il nuovo regime è complessa.
I “costruttori di Dio” di Bogdanov, che vogliono realizzare sul piano biomedico l’uomo immortale, nascono nell’universo massonico della teosofia di Madame Blavatsky portata in Russia da Fedorov e Dostoevskiy, e la cosmonautica sovietica nata dalle idee dell’ufologo e mistico Ziolkovsky, si fondava sulla costruzione della “esosfera” per perfezionare la fisiologia umana e permettere la sopravvivenza della specie.
Quando Gagarin compie il suo primo volo spaziale, lancia un saluto a Rerikh, pittore e occultista russo che allora viveva in Himalaya, legato ai Rosacroce europei e esperto di yoga “della potenza”, per usare la terminologia di Julius Evola (33).
 

Insomma, possiamo permetterci ora un parallelo importante tra fasi storiche differenti: la Massoneria regolare e tradizionale è legata al sistema liberale e nazionale dell’equilibrio europeo, mentre le filiazioni massoniche irregolari, dalla Teosofia al “Golden Dawn” (34), dalla Thule Gesellschaft alle sétte legate a Gurdjieff (35) (molto letto da Stalin) permettono un doppio effetto negativo: la spinta progressiva verso le pratiche “nere” e il sostegno al totalitarismo, razzista o ideologico come quello sovietico.
In Italia, l’attrito tra i due filoni massonici, quello liberal-nazionale, riformista e socialista, e i nuovi esoterismi pagani e biologisti e razzisti, o comunque legati a progetti “universali” non esplicitamente massonici, riveste la diarchia tra Grande Oriente d’Italia e Gran Loggia d’Italia.

Il Grande Oriente d’Italia nasce dalla Loggia Ausonia di Torino, fondata nel 1859, in piena era cavouriana, e viene diretta da uno del più stretti collaboratori di Camillo Benso di Cavour, Costantino Nigra (36).
La prima Loggia era stata fondata a Firenze, nel 1731, intorno ad un gruppo di residenti inglesi nel capoluogo toscano, seguita poi a Livorno, altra città del Granducato di Toscana con numerose comunità straniere, inglesi e olandesi soprattutto. La Massoneria, in Italia, è o progetto nazionale diretto e organizzato dal Piemonte dei Savoia, o una rete di piccole logge presenti nelle città toscane e italiane più legate agli influssi britannici e comunque nordeuropei.
A questa prima struttura massonica si sovrappone, nel Maggio 1789, il rito “egiziano” di Cagliostro, che poi viene condannato dal sant’Uffizio acarcere perpetuo.
Un rito “egiziano”, quindi precristiano, che ricorda molto da vicino le mitologie un po’ fantasiose del Flauto Magico di Mozart, e che presuppone nel ritualismo una combinazione di elementi solari e lunari (La “Regina della Notte” e Sarastro) e che sarà all’origine di molte paramassonerie orientaleggianti e minoritarie.
Cagliostro, conosciuto da Goethe durante il suo Viaggio in Italia, fornirà allo scrittore di Weimar l’icona del truffatore che manipola il facile misticismo non delle plebi, ma delle classi dirigenti (37).
Ma la struttura segreta delle massonerie italiane, e la loro bassissima base sociale, non permetteva nemmeno quello che Gramsci chiamava, come abbiamo visto, “il partito della borghesia”.
Nel Regno di Sardegna Vittorio Emanuele I proibì le “adunanze e le congreghe segrete”, nel 1814, per evidenti timori di sovversione interna, nel Lombardo Veneto, nello stesso anno, si inibirono le assemblee delle “corporazioni e delle fratellanze segrete”, i Borboni di Napoli seguivano le norme dell’editto di Clemente XII e Benedetto XIV, ma la massoneria italiana era, proprio nella sua debolezza, forte: era divenuta, nel quadro della Rivoluzione Francese e della presenza napoleonica in Italia, l’asse sia della internazionalizzazione della “questione italiana” che la struttura egemone della pur piccola, ma significativa, borghesia delle professioni e degli affari.
La doppia vita della massoneria italiana, tra tradizione essoterica mazziniana e unitaria, ed essoterismo sapienziale connesso ai forti rapporti internazionali della Obbedienza, caratterizzerà tutto l’Ottocento massonico italiano.
In questa doppia situazione, tra Gran Bretagna, Francia e piccola borghesia unitaria nazionale, si disegna la lunga storia del rapporto tra classe politica
nazionale e massoneria, con il passaggio della Gran maestranza da Govean a Giuseppe Garibaldi, nel 1864, con scissioni e separazioni tra logge meridionali e organizzazioni settentrionali, con Francesco Crispi, vecchio cospiratore mazziniano e garibaldino in Sicilia, che inizia ad usare l’Obbedienza per controllare la sua maggioranza parlamentare e, la storia si ripete, per organizzare i suoi affari privati (38).


Il localismo e il personalismo, penetrati nell’Obbedienza italiana in rapporto alla sua piccolezza e all’ambiguità di fondo che la vede insieme strumento della “Società Nazionale” di Cavour e dell’estremismo mazziniano prima e poi socialista, rimarranno caratteristiche delle strutture massoniche nazionali italiane.
Quando il processo unitario si fa serio, la Massoneria diviene terreno di integrazione tra poteri ad essa estranei: la Gran Bretagna, gli emissari di Cavour, gli elementi della Francia di Napoleone III, i “rivoluzionari di professione” della “Giovane Europa” di Giuseppe Mazzini.
Sarà proprio Giuseppe Mazzini, Gran Maestro dal 1870 a spostare la sede del Grande Oriente da Firenze a Roma.
La Chiesa Cattolica ha le masse, di fatto rese estranee al processo risorgimentale, ha gran parte delle vecchie classi dirigenti, che entrano per sommatoria locale nel sistema unitario italiano, e ritiene quindi facile copire l’”ideologia italiana” indicando nella Massoneria il punto nevralgico di tutte le cospirazioni contro il Vaticano.
Nel 1884 la bolla pontificia Humanum Genus, che attribuisce alla Massoneria atroci vendette contro chi abbia “diffuso il suo segreto”, e condanna nella Obbedienza proprio quel “diritto naturale” che, per altri versi, è connesso alla dottrina cattolica.
La massoneria ha vinto con il processo unitario italiano, ma è debole come referente sociale di ceti potenti ma numericamente scarsi, non ha ascolto presso le nuove classi dirigenti nazionali, tese a recuperare il rapporto con le masse attraverso la Chiesa Cattolica, ha una struttura frazionata e vocalista che la rende scarsamente interessante per le potenze occidentali che intendano influenzare il processo politico del neonato Regno d’Italia.

La rottura tra vertice e base, che verrà poi alla luce con la scissione, di cui parleremo tra poco, enuclea una massoneria locale, fatta, nella polemica di Benedetto Croce all’inizio del XX secolo, di “farmacisti e maestri elementari”, tesi a esaltare la “povera filosofia dei diritti dell’uomo e dell’eguaglianza” e di reti massoniche di vertice, in collegamento con i Paesi europei e le nuove classi dirigenti unitarie (39).
Queste due “obbedienze nella obbedienza” si incontrano di rado, quasi casualmente, perseguono interessi politici diversi e talvolta opposti.
Rimane il fatto che il “serpente verde”, come già comincia a chiamarlo la propaganda antimassonica, è presente nei 2/3 della classe parlamentare, reclutata spesso in quella borghesia locale delle professioni e degli affari che più di altre è stata permeata dalla propaganda mazziniana e garibaldina, ed è quindi invisa ai Savoia, che la controllano prima con Cavour, poi con Crispi, infine con Giolitti, tutti uomini di provata fede monarchica, fedeli quanto basta alla corona, ma soprattutto estranei, dopo Crispi, alla massoneria e soprattutto ai giochi parlamentari da essa organizzati.
Un commissariamento del parlamento che continuerà nel fascismo e, poi, con modi diversi, nella Repubblica postbellica.
L’Alta Amministrazione non si fida del tutto della classe politica, che viene tematizzata come oggetto di studio scientifico proprio da un parlamentare, Gaetano Mosca, e la classe politica ritiene di comportarsi talvolta in modo extraparlamentare, per sostenere le sue richieste che, sempre più spesso, sono localiste e clientelari.
E proprio in questo modo la Alta Amministrazione le esaudisce, quando questo conviene agli equilibri delle maggioranze governative.
Giovanni Giolitti è stato soprannominato, da Gaetano Salvemini, il “ministro della malavita”, perché è riuscito, per un decennio e con attente e studiate uscite di scena a tempo, a manipolare il processo parlamentare italiano e ad adattare il caos delle richieste locali e il divario Nord-Sud ai fini della stabilità politica e finanziaria del neonato regno d’Italia.
Nel decennio giolittiano la massoneria si radicalizza, collegando mazzinianesimo e socialismo riformista, ma di fatto si sottopone al controllo incrociato del sistema ideato dallo statista di Dronero.


Il progetto di Giolitti è chiaro: mantenere l’egemonia politica moderata al Nord e al Centro, dove la base elettorale liberale è ristretta, raccogliendo un sostegno elettorale, costi quello che costi, nel Meridione (40).

Questo determina una delle caratteristiche strutturali dello stato unitario italiano: il nesso tra sudditanza e clientela nel Meridione, destinato a fornire i voti dei moderati contro i socialisti e i cattolici al Nord, mentre il governo centrale, forte delle sue maggioranze, rabbonisce e spesso cerca di integrare i partiti della sinistra democratica laddove ha minori spazi di manovra.
Il “ministro della malavita” è quindi anche “ministro della buonavita”, come lo definirà nel secondo dopoguerra Giovanni Ansaldo (41). La stabilizzazione del ribellismo meridionale antinutario e la gestione attenta delle nuove élites modernizzanti nel Centro-Nord forniranno allo Statista piemontese la possibilità di produrre la crescita economica, la modernizzazione delle infrastrutture, un nuovo protagonismo italiano in politica internazionale.
Francesco Crispi, il vecchio sovversivo massone e garibaldino siciliano, ha collegato, malgrado il sostegno dell’Inghilterra all’avventura dei Mille, l’Italia unitaria agli Imperi centrali.
Una scelta che urta le massonerie italiane, tutte filofrancesi o filobritanniche. La logica del vecchio organizzatore “coperto” dello sbarco in Sicilia dei “Mille” garibaldini è chiana: una Italia che si allea con la Germania e l’Austria per chiudere il suo ciclo unitario e avere uno spazio in Europa continentale, oltre ad aprire la stagione delle avventura coloniali in Africa e in Medio Oriente che le potenze liberali europee non accettano.
E qui c’è un primo momento di rottura all’interno della massoneria garibaldina italiana.
Il secondo è riferibile alla politica interna: la forte pressione anticlericale del Grande Oriente, che si manifesta nel 1889 con l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, con lo sguardo rivolto verso il Vaticano, genera un processo di rottura all’interno delle Logge massoniche italiane che si pongono di fronte a un bivio politico: o sostenere la lotta senza quartiere con la Chiesa Cattolica, che è ben più potente dell’Obbedienza e si pone ormai, nella fasi preparatorie del Patto Gentiloni del 1913, a sostenere il processo unitario con i voti dei cattolici, contro i socialisti e i mazziniani; oppure andare alla rottura con la classe dirigente unitaria e monarchica, ingenerando effetti devastanti per l’unità politica e lo stesso sistema economico nazionale (42).
 

La doppia natura della massoneria italiana si manifesta ancora una volta: dopo il trasferimento del Grande Oriente a palazzo Giustiniani, nel 1901, ha inizio una frattura tra quella che potremmo definire, senza offesa per alcuno, “bassa” e “alta” Massoneria: il Rito Scozzese Antico e Accettato, portatore peraltro delle tradizioni cavalleresche, templari e di una “iniziazione cristiana”, molto affini alla “Stretta Osservanza” controrivoluzionaria di De Maistre, si pone in rotta con l’Ordine, sia Scozzese che degli altri Riti presenti nel Grande Oriente d’Italia (Simbolico, di York, di Memphis-Misraim, etc.) e prepara la scissione.
Sarà nel 1908-1910 che Saverio Fera (43), massone calabrese volontario nei “Cacciatori delle Alpi” di Garibaldi, organizza la scissione del Rito Scozzese (ovvero i gradi iniziatici dal IV al XXXIII) in polemica con l’eccessivo coinvolgimento della Massoneria nella lotta politica e, soprattutto, in contrasto con il laicismo ormai anticristiano di gran parte del Rito Simbolico, si separa dal Grande Oriente nelle more della discussione della mozione Bissolati sulla laicità dell’insegnamento nella scuola primaria, e Bissolati era un acerrimo nemico di Benito Mussolini nel Partito Socialista Italiano.


In altri termini, la Massoneria accetta un rapporto non antinomico con la Chiesa Cattolica, accetta la egemonia del vaticano sulle masse rese estranee al processo unitario italiano, si propone di nuovo come elemento di aggregazione della classe politica italiana, e si organizza come camera di compensazione della borghesia italiana dell’Unità, che ha accettato l’egemonia della amministrazione sabauda, rifiuta la fusione di fatto tra socialismo, repubblicanesimo e massoneria, si propone come educatrice delle classi dirigenti attraverso un cristianesimo riformato legato alle tradizioni statunitensi e britanniche dell’eterodossia “antipapista”.
Non a caso Saverio Fera, capo della corrente “spiritualista” del Rito Scozzese fiorentino, è anche pastore metodista e dirigente della setta di Wesley in Italia e, soprattutto, a palermo, città essenziale per comprendere le evoluzioni della Massoneria italiana, oggi come ieri.
E sarà il Sovrano Gran Commendatore della Loggia d’Italia separatasi dal Grande Oriente con Fera, a portare a Mussolini, nel “singolo” che lo porta dal “covo” di Via Paolo da Cannobio al Quirinale, a presentare al Re l’”Italia di Vittorio Veneto”a portare al futuro duce il “manuale dell’Apprendista”, che Mussolini controfirmerà (44).


Una Massoneria esoterista, on ossessionata dalla lotta al Vaticano, che ricostruisce i canali della relazione tra l’Italia e il mondo anglosassone, rotti dalla avventura coloniale del “fratello” Crispi e dalla radicalizzazione repubblicana e socialista del Grande Oriente di palazzo Giustiniani, che porta l’Obbedienza di Garibaldi e di Mazzini ad una rottura definitiva con le classi dirigenti, la monarchia, l’amministrazione sabauda e, soprattutto, l’Inghilterra e la Francia, che non desiderano l’estremizzazione laicista e populista della rivoluzione nazionale italiana, che pure hanno favorito.


Di Mussolini e della Massoneria abbiamo già detto: i fascisti massoni, numerosissimi soprattutto nell’universo futurista e tra gli Arditi, e ricordiamo che la sala stessa di Piazza san Sepolcro a Milano fu fornita, in connessione con l’Obbedienza, da alcuni Fratelli milanesi (ed ebrei) passeranno da palazzo Giustiniani a Piazza del Gesù, in rapporto con il ricongiungersi della rivoluzione mussoliniana al grande fiume della ideologia della classe dirigente nazionale: il “giolittismo” di Dino Grandi, per esempio, o la strenua lotta di Italo Balbo contro l’alleanza con la Germania nazista, che molto probabilmente gli costa la vita nei cieli della Libia, la continua pressione dello stesso Grandi, ambasciatore in Gran Bretagna, nei confronti di Winston Churchill, l’apertura del “fratello” ardito e futurista Giuseppe Bottai all’opposizione intellettuale antifascista, narrano tutte di un “giolittismo senza Giolitti” all’interno del fascismo: integrare una quota degli oppositori illuminati, anche tramite la Massoneria, acquisire tramite il rapporto con la Chiesa Cattolica la massa critica per contare davvero nella politica italiana e nell’equilibrio dei molti e contrastanti poteri, e per poi sciogliersi in uno “stato nazionale” sopra i partiti, legato alle potenze anglofone e alla Francia e asse mediterraneo che spinge la Germania verso una dimensione subeuropea o nella tensione verso le grandi pianure slave e centroasiatiche (45).


Un equilibrio delle potenze in Europa, una nuova “Pace di Westfalia” destinata a contenere la massa centrale germanica e a separarla, nella misura del possibile, dal contesto slavo.
Una geopolitica che, detto tra parentesi, oggi si sta trasformando radicalmente.
Ma il fascismo, come abbiamo visto, è antimassonico perché statalista e, soprattutto, intrinsecamente antiliberale. É la variante italiana del bolscevismo, e quindi nel Ventennio si avranno sì tradizioni massoniche ed esoteriche, ma esterne alla massoneria vera e propria.
Si pensi alle varie società collegate all’esoterismo di Kremmerz (46), o allo strano insieme esoterico delle dottrine, tra induismo, autorealizzazione spirituale e occultismo elaborate, in collegamento con il gerarca Farinacei, da Julius Evola, che poi avrà un ruolo non trascurabile come trait d’union tra le SS e alcuni gruppi interni alla Repubblica Sociale Italiana.
E si pensi inoltre alla tradizione “pitagorica” del ritualismo paramassonico di Arturo Reghini, che arriverà, prima della Marcia su Roma del 1922, ad evocare con un rito magico tra le rovine di Roma antica l’avvento di un Demiurgo che salvi e rinnovi spiritualmente l’Italia (47).
Anche qui, vale la connessione tra totalitarismo ed essoterismo “nero”, tra massoneria irregolare e talvolta occultista e sistema politico, un nesso che abbiamo osservato in Unione Sovietica e, per altri rispetti, nella preparazione, tra le confraternite sufi, del “golpe” dei Giovani Turchi e del laicismo autoritario di Kemal Ataturk.


La Resistenza si organizza, alla fine del fascismo, all’interno della Massoneria di palazzo Giustiniani, mentre quella di Piazza del Gesù avrà un ruolo più marcato nel mondo del popolarismo cattolico e del centrismo degli anni ’50.
“Giustizia e Libertà”, il movimento organizzato intorno al liberalsocialismo dei Fratelli Rosselli, ebrei e massoni-mazziniani, godrà di molti appoggi tra le Logge che il regime fascista ha posto fuori legge, ma che hanno continuato a lavorare “al coperto” su tutto il territorio nazionale.
Ma la vera ricostruzione delle Logge italiane, immediatamente dopo la ricostruzione, avviene con il supporto delle Armate americane e, in particolare, del generale Mark Clark, che utilizza la rete dei “fratelli” come organizzazione informativa e primo nucleo, soprattutto in Italia Centrale e Settentrionale, della futura classe dirigente democratica italiana.
 

Una nuova dislocazione dei poteri massonici avviene in Italia, mentre gli USA premono per una soluzione repubblicana e la Gran Bretagna, il cui SOE (Special Operations Executive) ha lasciato sempre più spazio nei rapporti con la Resistenza all’OSS (Office for Strategic Services) statunitense, meno legato a pregiudiziali duramente anticomuniste e interessato ad uno sganciamento dell’Italia dal quadrante filobritannico che ha caratterizzato il Regno liberale prefascista.
Il sud, tradizionalmente al centro dell’universo massonico del Regno d’Italia, diviene dipendente, dal punto di vista organizzativo e culturale, della massoneria del centro-Nord, dove la Fratellanza ricostruisce i propri poteri locali, tradizionalmente molto forti: Firenze, Bologna, Genova, Torino, ricostruiscono le loro classi dirigenti di origine massonica e nella Repubblica Italiana si determina l’asimmetria classica del giolittismo: una maggioranza politica anticomunista determinata con il voto, sanfedista e antimassonico del sud, mentre il Centro e il Nord rientrano, anche attraverso la Massoneria, nel “grande gioco” europeo.
 

La questione cattolica, asse della politica unitaria italiana, si ripresenta sotto nuove forme: sia gli USA che la Gran Bretagna, e per molti aspetti anche la Francia della IV Repubblica, scommettono su un grande partito di centro di matrice cattolica, la Democrazia Cristiana, che nel mondo ben più massonizzato del Regno d’Italia era, con Murri, Miglioli o gli intellettuali cattolici della FUCI raccolti intorno al cardinal Montini, futuro Papa Paolo VI, ad Aldo Moro e a De Gasperi, una entità non maggioritaria.
Proprio per questa nuova collocazione, la Democrazia Cristiana diviene sì un “partito cattolico”, ma non un partito confessionale.
Acquisisce voti dal ceto medio spaventato dalla progressiva crescita del PCI di Palmiro Togliatti, fine tessitore di alleanze e tranelli, e si permea progressivamente di tratti ed elementi da partito di centro non confessionale che vede, per esempio, il sostegno della massoneria di Piazza del Gesù, tradizionalmente “liberale” e filofrancese, mentre anche il più laicista ordine massonico di Palazzo Giustiniani sostiene il centrismo attraverso i partiti “laici” di tradizione liberale, liberalsocialista, riformista (48).


Le due massoneria si dislocano, nell’Italia del secondo dopoguerra, come reti di sostegno e di interconnessione tra Democrazia Cristiana e partiti laici minori anticomunisti, e in seguito sosterranno fortemente il centro-sinistra “organico” e la alleanza stabile tra PSI e DC.
Si è discusso, tra gli studiosi, se la DC sia un “partito americano” o, per usare la formula dello storico cattolico Giovagnoli, “il partito italiano”.
A nostro avviso, le due definizioni sono entrambe valide. La DC è “americana” perché permette, da De Gasperi a Fanfani e fino al Presidente Cossiga, l’ancoraggio atlantico ed europeistico dell’Italia, senza quelle venatura autonomiste e polemiche che caratterizzeranno perfino Benedetto Croce o l’ambasciatore Manlio Brosio, che sarà convinto all’adesione al Patto Atlantico dal comandante della Brigata partigiana “Franchi”, Edgardo Sogno, che gli mostrerà come, anche se l’Italia si dichiarasse “fuori dai blocchi”, sarebbe ugualmente invasa dalle forze del patto di Varsavia (49).
Ma la DC, e per certi aspetti perfino la Massoneria postbellica, sono anche un “partito italiano”.
Per la prima volta la Democrazia Cristiana collega le masse del sud al voto della borghesia centrale e settentrionale, mentre le Obbedienze massoniche divengono sempre più strutture di collegamento tra i partiti di governo e le lobbies nazionali e internazionali che scommettono sulla rapida modernizzazione italiana.
La onnipervasività della DC non permette la ricostruzione di tutto il potere che la Massoneria aveva nel Regno unitario, ma spesso le Obbedienze massoniche consentono al ceto politico democristiano, liberale o repubblicano quei necessari collegamenti con l’Europa e gli USA, e talvolta ancora con il mondo arabo, si pensi alla famiglia del Re di Giordania quale mebro onorario della Loggia di Piazza del Gesù, che caratterizzeranno la politica industriale del “miracolo economico”.


Le obbedienze regolari italiane sono un presidio della strategia atlantica: come accadeva ai tempi dei moti mazziniani e dei referendum voluti da Cavour per annettere le varie regioni al Regno d’Italia, e la massoneria penetra in molti gangli vitali dello Stato: le Forze Armate, l’Alta Amministrazione, il settore finanziario.
Inizia l’epoca della “finanza laica” di contro a quella “cattolica”, terminologia ormai priva di qualsiasi fondamento al giorno d’oggi.
E anche molti ceti dirigenti, attratti da un PCI post-togliattiano con più marcati tratti riformisti, rimangono all’interno della massoneria.
Ma l’atlantismo significa anticomunismo, e soprattutto, malgrado le connessioni di affari col mondo arabo, l’atlantismo è la carta di identità delle massonerie italiane, in rapporto anche ad una divaricazione tra filoarabismo comunista, evidentissimo dopo il golpe degli Ufficiai Liberi di Nasse e Sadat in Egitto, e sostegno atlantico e liberale ad Israele.
Ecco i due tratti massonici della politica estera delle obbedienze italiane nel secondo dopoguerra: sostegno ad Israele, Stato Ebraico e occidentale, nel segno della tradizionale unità tra ebraismo e massoneria in Italia, e forte sottolineatura delle necessità del Patto Atlantico nel delinearsi della politica estera e di difesa italiana.
 

Nasce quindi una concorrenza tra anticomunismi, quello democristiano, che mira a sottrarre il sostegno popolare al PCI, quello liberale e massonico, che cerca di integrare le classi dirigenti nel quadro delle necessità atlantiche e del rapporto stretto tra Italia e democrazie europee, quello della vecchia destra, sia cattolica che neofascista, che ha invece tentazioni antisemite, filoarabe, rivoluzionarie e antiamericane.

Nessuno riesce a collegare organicamente gli anticomunismi italiani, nemmeno quelle reti massoniche che, come la Loggia “Propaganda 2” di Licio Gelli, collegano simultaneamente tutti questi ambienti (50).
La lettura errata della politica morotea delle “convergenze parallele”, che non è un cedimento al PCI ai suoi massimi storici di voti, ma una manovra avvolgente di Aldo Moro per depotenziare il Partito Comunista, magari crearne le condizioni di una scissione, come era accaduto al PSI con l’uscita dei filosovietici nel PSIUP, e inoltre utilizzarne gli apparati coperti per sedare la rivolta sociale di massa, farà il resto.
Con l’instabilità strutturale successiva all’assassinio di Aldo Moro e della sua scorta, l’Italia si avvolge in successive crisi economiche che isolano il Paese da tutte quelle innovazioni geopolitiche che stanno invece caratterizzando l’Europa e gli USA.
La fine della P2, e la perdita di potere della massoneria tutta in Italia, fanno da corollario alla introversione dell’Italia e al suo lento fuoriuscire dai nuovi equilibri transatlantici e della Comunità Europea, mentre si moltiplicano i segni della crisi irreversibile dell’URSS.
 

Tre eccezioni si presentano in questo quadro, e tutte e tre hanno in qualche modo a che fare con la Massoneria: il tentativo di governo di Ugo La malfa, che muore prima di poter definire il suo programma, è il primo segnale di un rinnovamento strategico e dottrinale della politica estera e di difesa nazionale. Ed è un tentativo su cui scommettono fortemente sia la Gran Bretagna che gli USA, oltre che le Obbedienze massoniche italiane.
Il secondo è il governo Spadolini, che rinnova la Pubblica Amministrazione e fa cessare l’egemonia democristiana, e il terzo è il fenomeno Craxi.
Bettino Craxi è, insieme a Giovanni Spadolini, il più risorgimentale, anche nel simbolismo e nella comunicazione politica, tra i leader politici italiani dell’epoca.
Parlando di questioni di storia della Massoneria, Bettino Craxi è stato il capo politico che più ha utilizzato le memorie risorgimentali e massoniche. Ma, delle due l’una: o si è interni alla geopolitica della Massoneria italiana contemporanea, che è basata sull’atlantismo e sul sostegno allo Stato di Israele, e ci si comporta di conseguenza, o si tenta di uscire dalle logiche del Patto Atlantico e della relazione speciale tra Italia e Israele, e allora o si ha alle spalle una potenza globale, come la Chiesa Cattolica, o si perde come sempre hanno perso quelli che Machiavelli chiamava i “profeti disarmati”.

Oggi, dopo il vorticoso passaggio dalla Prima Repubblica alla cosiddetta Seconda, in Italia, qual è allora il ruolo della Massoneria: l’atlantismo è un valore indiscusso, ma oggi la logica della NATO è necessariamente ben diversa da quella della “guerra fredda”.
Una Massoneria che ricollegasse l’Est europeo con l’Europa occidentale, come è accaduto con la Massoneria italiana quando ha ricostituito le Logge ungheresi dopo la caduta del Muro di Berlino, o che ricostituisse, con il tatto necessario in un paese fortemente cattolico come la Polonia, le logge locali, non potrebbe però fare a meno, come è accaduto nella fase convulsa dei primi anni ’90, di guardare con occhio fraterno, appunto, alla ricostruita Massoneria Russa, tradizionalmente legata alla Gran Loggia di Francia, dove i fratelli russi non hanno mai smesso di lavorare, ma la geopolitica russa e quella francese, oggi, possono non essere sovrapponibili (51).
L’Italia ha poi una lunga tradizione di presenza massonica nel mondo arabo, ma la massoneria è ancora proibita nell’area islamica, con l’eccezione del Marocco e del Libano, e quindi di due aree strettamente collegate al Grande Oriente di Francia.
La reti massoniche del laicismo autoritario arabo, come quelle di Saddam Hussein o di Anwar El Sadat, o ancora della famiglia Pahlavi, non sono più attive e proprio quel mondo in cui la NATO si trova ad operare e sempre di più lo farà, con la revisione strategica in corso, sono quelle in cui la benevolenza internazionalista massonica non può operare, come peraltro, per motivi diversi, non può agire quella della Chiesa Cattolica.
Siamo nella strana fase in cui nessuna delle tradizioni occidentali, laiche o religiose, parla più al mondo esterno all’universo culturale europeo e occidentale.
Una fase in cui la Massoneria potrà e dovrà rinnovarsi, in Italia come altrove, per parlare la lingua di un nuovo universalismo laico.
Che non è solo quello dei diritti umani e dei diritti della persona, o della democratizzazione del globo nella prosecuzione di quella che Huntington ha definito la “terza ondata”.


Diritti Umani e democrazia sono comprensibili nel sistema di valori occidentale, e presuppongono una filosofia del rapporto tra individuo e potere politico che semplicemente non esiste nel mondo islamico o nell’asia confuciana e comunista.
Inoltre, si pone il problema, per la Massoneria, di riformulare la propria identità anche in Occidente: non mi riferisco qui alla trasformazione globalizzatrice che la Chiesa Cattolica ha portato avanti dal papato di Giovanni Paolo II in poi, spesso in contrasto con la penetrazione protestante e nordamericana delle sètte in America latina o in Asia sudorientale, ma mi riferisco proprio alla dissimmetria tra democrazia di massa così come oggi si mostra in occidente e valori massonici.
Dov’è l’individualismo liberale nelle società contemporanee, nelle quali l’integrazione tra etnie e gruppi sociali spesso eterogenei avviene sulla base di meccanismi identitari primitivi e pre-razionali? Dov’è la cultura tipicamente massonica della costituzione di liberi corpi intermedi tra cittadini e Stato, nelle democrazie moderne dove la relazione di rappresentanza si pone, casomai, tra il leader carismatico e mediatico e lo “sciame” instabile delle masse di cui ha parlato il sociologo Bauman (52)?
E dove è possibile riprodurre la logica massonica del rispetto nella separazione tra Chiesa o Religioni e Stato, quando ormai tutte le maggiori aree politiche non occidentali, e per certi aspetti lo stesso occidente, fondono insieme il Trono e l’Altare, ovvero il comando politico e l’istinto religioso? E ancora, come si fa oggi a parlare di razionalità massonica, di “ragione”, quando le filosofie occidentali, per non parlare di quelle asiatiche e orientali, si fondano su una vera e propria “critica della ragione” che privilegia l’empatia e l’estetismo di contro al nesso tra individuo e razionalità, caratteristico del pensiero occidentale e della stessa filosofia massonica?
E come, infine, prospettare il sogno kantiano della “pace perpetua”, quando il globo vede ormai un uguagliamento di fatto dei potenziali nucleari e la presenza devastante, di conseguenza, di tutte le panoplie di strategia indiretta non atomica, dalla guerra economica a quella dei brevetti tecnologici, dalle “defamation wars” contro le classi politiche del paese- bersaglio alla gestione dei flussi finanziari legali e non?
Ricostruire, sulla base di queste nuove sfide, il sogno rosacruciano della pace universale, riproporre dopo la “crisi della ragione” un nuovo modello della razionalità cartesiana, riscoprire un nuovo individualismo dopo l’ossessione dello sciame o di quello che Niezsche nella sua Seconda Meditazione Inattuale chiamava “il gregge”privo di memoria storica, ripensare ad un nuovo equilibrio globale westfaliano sono tutte sfide che la Massoneria può e deve assumersi, altrimenti la globalizzazione, che comunque andrà avanti, si farà sulla base delle ideologie del dispotismo asiatico, vecchia bestia nera dell’Illuminismo massonico, o di un occidente impoverito e culturalmente esangue, che peraltro già si prefigura all’orizzonte.
Per l’Italia, ancora, la Massoneria può ritrovare, nella sua tradizione atlantista, anglosassone o francese e amica di Israele, molti nuovi suggerimenti per la sua geopolitica (53).


 

 

 

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