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"En todo tempo faz ben"

Cantigas de Santa Maria secolo XIII

 

 

Astrologia Genetliaca

L'astrologia é essenzialmente la scienza dei cicli. Essa studia in primo luogo i grandi cicli di rivoluzione legati alla precessione degli equinozi, poi le rivoluzioni dei pianeti intorno Sole e le differenti combinazioni di queste rivoluzioni. É una scienza puramente tradizionale. Ciò vuol dire che i diversi significati simbolici delle rivoluzioni planetarie ci sono stati trasmessi da generazioni successive, da una origine che risale ben oltre il periodo cosiddetto storico.

Tal fatto non significa d'altronde che l'astrologia non obbedisca alla più esatta logica. Al contrario. I suoi principi sono basati sulle corrispondenze esistenti tra i diversi piani della realtà. É facile constatare, per l’ampiezza del tempo che i pianeti pesanti esigono per compiere i loro cicli di rivoluzioni, che l'astrologia é in primo luogo mondiale nell'applicazione. É per un'eccessiva diminuzione del suo campo che si é voluto vedere sopratutto in questa scienza la sua sola incidenza psicologica, detta astrologia genetliaca. Non si tratta di un errore, ma di un punto di vista più ridotto, quantunque esso sia anche vero, perché l'uomo è stato sempre considerato tradizionalmente come un piccolo mondo.

É facile comprendere per quale ragione il ramo individuale della scienza astrale sia stata particolarmente in favore. Se l'astrologia è la scienza dei cicli, essa può prevedere in un avvenire più o meno lontano i posti dei pianeti fra loro e di conseguenza 1'applicazione che si può fare del loro simbolismo alle vite umane. Ora l'avvenire è l'oggetto principale e la materia stessa su cui s'applica per natura la volontà dell'uomo. Egli è fatto per l’azione e l’azione, mira a creare l'avvenire.

L'applicazione genetliaca dell'astrologia è dunque legittima, ma a condizione di non dimenticare che essa dipende dall'astrologia mondiale. Un tema benefico, un periodo fortunato sono tutti relativi alla grande fase cosmica dove si pongono questa nascita e questo periodo di felicità. Si ha dunque interesse, anche per lo studio di un tema individuale, a non dimenticare che quest'ultimo dipende da periodi e da influenze di più larga portata, periodi che saranno rivelati dalle grandi congiunzioni, dai passaggi dei pianeti trans-saiurniani inquadranti la vita considerata.

Fatta questa riserva, sviluppiamo qualche idea relativa all'applicazione individuale dell'astrologia, a ciò che si può chiamare la tipologia astrale ed i suoi rapporti con i differenti temperamenti e caratteri. Ma per comprendere bene il legame simbolico che unisce gli astri e i tipi umani, bisogna esporre dapprima ciò che sempre si dimentica, vale a dire la psicologia tradizionale nelle sue linee generali.

Un principio di tutte le tradizioni è la divisione dell'essere umano in tre parli principali comprendenti, da un lato il corpo materiale e dall'altro due elementi immateriali, l'anima e lo spirito, elementi la cui designazione e comprensione variano con i punti di vista delle differenti tradizioni.

Questa divisione ternaria, questa tricotomia, possiede la sua base simbolica e la sua giustificazione nella teoria indù dei tre guna, esprimenti le qualità primordiali e costitutive degli esseri. Lo spirito corrisponde a sattwa, l'anima a rajas ed il corpo a tamas.

Questa tripartizione, come si sa, si ritrova ad ogni livello d'esistenza. Una delle sue applicazioni più importanti si manifesta sul piano sociale, nelle funzioni delle società indo-europee, quali gli interessanti libri di Dumézil le hanno rivelate: la funzione sacerdotale del prete, la funzione regale del guerriero e la funzione artigianale e popolare dell'allevatore - agricoltore. Queste funzioni corrispondono, d'altronde, nell'essere stesso, alle facoltà di conoscenza, d'azione e di lavoro manuale, che esigono le virtù rispettive di saggezza, coraggio e temperanza, come Platone l'aveva già mostrato nei IV libro della Repubblica.

Questa prima divisione ternaria dell'essere può andar soggetta ad una divisione ulteriore in sette o dieci elementi. La tradizione cinese, per esempio, mette l'accento sul settenario. Gli gnostici preferiscono il denario. Ma il ternario dei primi elementi sussiste sotto questa divisione più spinta.

La tradizione ebraica, che ci interessa maggiormente poiché la civiltà cristiana ne è derivata parzialmente, formula esplicitamente questa trilogia umana la quale si trova stabilita fin dal principio del suo testo più sacro, il Genesi, al momento stesso della creazione dell'uomo da Dio. Yaweh modellò dapprima il corpo dell'uomo (in ebraico bâsâr ) con il limo della terra. Poi gli insufflò la vita, l'anima vivente ( in ebraico néphesch ), col proprio soffio, che è spirito (in ebraico rùah). L'anima vivente è dunque il risultato dell'unione del corpo col soffio dello spirito. La tradizione ellenica, anch'essa, nella sua forma più elevata, che è il platonismo, insegna che l'essere umano è composto di un corpo (in greco soma), di uno spirito (noûs) e di un'anima che li rilega (psyché). Questa divisione è stata ripresa e rispettata dalla tradizione romana i cui tre termini latini corpus, anima et spiritus si identificano al ternario dei platonici.

Il pensiero cristiano non poteva che rispettare questa divisione tradizionale. San Paolo, che è stato come il secondo fondatore del cristianesimo, ha ripreso in tutta la sua precisione la divisione mosaica. Dopo di lui i più autentici Padri della Chiesa, i più grandi dottori, hanno accettato la stessa concezione ternaria che fa dell'uomo l'immagine della Trinità Divina. Il più irrefutabile di questi padri, Sant Ireneo, l'ha espressa con forza nel suo trattato sulla Resurrezione: Vi sono dunque tre principi nel l’uomo perfetto, la carne, 1'anima, lo spirito: 1'uno che salva e che forma, è lo spirito: l'altro che è unito e formato, è la carne: poi un intermediario fra i due ed è l'anima: quest'ultima a volte segue lo spirito, ed è da esso elevata; a volte anche essa condiscende alla carne e si abbassa agli allettamenti terrestri.

Tuttavia, se la divisione ternaria è identica in tutte le tradizioni, è perché tutte si pongono da uno stesso punto di vista. É evidente che nessun dibattito può mettere in questione l'elemento corporeo dell'uomo. É il più indubitabile. Tutte le tradizioni vi distinguono i cinque sensi, di cui tre più particolarmente materiali il tatto, il gusto e l'odorato, e due più intellettuali: l'udito e la vista. Ai cinque sensi è normale aggiungere, come lo si è fatto, quello della generazione.

Ma appena si affronta la parte immateriale dell'uomo, le discussioni cominciano. Per sapere che cosa sia l'anima, dice Scorate a Fedro nel famoso dialogo di Platone, occorrerebbe una scienza divina e trattali a non finire. La tradizione cristiana è trinitaria e non può non esserlo. Ma la parte spirituale che riconosce nell'essere umano gli è sovrapposta come una grazia santificante e un dono dello Spirito Santo, che viene a penetrare l'anima nella sua parte superiore e così la spiritualizza. Per tale ragione è abituale ai cristiani dividere l'uomo in due parti, l'anima ed il corpo, formula che per essere ben capita suppone, come vedremo, una divisione tripartita dell'anima stessa.

Se i dottori hanno spiritualizzato l’anima è per sfuggire ai pericoli di attribuirle una parte corporea, come avevano fatto Platone e gli Gnostici. Tuttavia, se 1'anima è una mediatrice fra le parti inferiore e superiore dell'essere, é necessario che partecipi alla natura di ognuna di esse. Gli stessi scolastici dicono che l' anima è la forma del corpo. Come ciò sarebbe possibile se non esistesse fra questo e quella alcuna comunanza di natura? É per tal motivo che S. Agostino e lo stesso S. Bonaventura attribuivano all’anima un corpo sottile e spiritualizzato. Questa dottrina autenticamente tradizionale è stata tuttavia scartata dalla Chiesa, per tema di una materializzazione dell'anima.

Quali sono state praticamente le conseguenze di questa trasformazione? Invece di aver spiritualizzata l’anima, gli scolastici hanno fatto discendere lo spirito nella zona psichica dell'uomo, conseguenza naturale ed analoga all'importanza assunta dal Cristo che ha sostituito di fatto la prima persona divina. É dunque sull’anima che la tradizione cristiana mette l’accento ed è su di essa che è posta la divisione tripartita.

Già i Greci avevano riconosciuto nella loro psiché un'anima irrazionale (alogon), un'anima ragionevole (logos) ed un’anima spirituale (noûs). Parimenti, gli scolastici riconoscono un'anima sensitiva, in rapporto con le facoltà vegetative del corpo, un'anima attivo-passiva, in rapporto alla volontà ed un'anima razionale, poiché l’anima nelle sue operazioni interne ed immanenti sente, vuole e conosce.

Quanto allo spirito, esso esercita due funzioni, quella d'intelletto speculativo, che lo fa partecipare all’essenza della verità per la contemplazione, e quella d'intelletto pratico che determina le regole delle azioni buone, vale a dire quelle morali.

Come si vede, gli scolastici non abbandonano mai il filo conduttore della continuità e dell’unita dell’io nella loro analisi difficile.

Per sentire, bisogna o patire o agire, vale a dire subire una passione o eseguire un atto volontario. Per agire, bisogna conoscere. L'uomo intero collabora in ogni istante a tutta la sua vita, alle sue sensazioni e alle sue azioni, nonché al suo giudizio o alla sua conoscenza.

É perché l'anima, nella sua parte inferiore, è legata al corpo che essa subisce le passioni, manifestanti ognuna una facoltà, un appetito, un desiderio, nati da una percezione sensibile. Questo desiderio si traduce con un movimento che induce a prendere ciò che piace od a sfuggire ciò che ripugna. Gli scolastici l'hanno chiamato l'appetito del concupiscibile. O l'uomo affronta quel che lo minaccia o gli resiste e esercita allora la facoltà dell’appetito irascibile. o ancora mette in opera l'appetito ragionevole di ciò che è bene e manifesta così la facoltà della sua anima razionale, la volontà.

Le differenti passioni si collegano, secondo gli scolastici, a questa divisione ternaria degli appetiti dell'anima ed esse si generano secondo un determinato ordine. L'irascibile suppone l'esistenza anteriore del coucupiscibile. La prima passione sarà dunque l'amore. La seconda nasce dal rifiuto dell'amore ed è l'odio. Se invece l'amore può svilupparsi, allora nascerà una delle altre due passioni, il desiderio dell'oggetto amato o l'avversione dell'oggetto odiato. Il piacere ed il dolore sono le passioni durevoli che terminano il ciclo del concupiscibile. La speranza del bene desiderato adesca l'irascibile, col suo contrario, la disperazione. La speranza provoca l'audacia, mentre dalla disperazione nasce la paura. La collera segue l'audace che vuol vincere l’ostacolo e termina con la gioia o la tristezza, secondo la riuscita della lotta.

Le passioni non sono in se stesse né interamente buone né interamente cattive. Sono potenti motori di cui la ragione può servirsi per il suo uso. Ma se esse sfuggono a questo controllo, possono degenerare in vere follie, quali le ha definite la psichiatria moderna.

Tra le facoltà dell'anima e gli atti dell'uomo s'introducono i principi interiori d'azione, e virtù per gli atti buoni, i vizi per quelli cattivi. Le virtù ed i vizi sono ciò che si chiamano degli habitus, vale a dire dei caratteri permanenti ed efficaci, la cui natura secondaria e durevole ricopre la natura prima. Essendo dei principi d'azione, le virtù e i Vizi dipendono eminentemente dalla volontà.

Si distinguono in primo luogo le virtù morali, di cui Aristotele ci ha lasciato la lista delle dieci principali: la forza, la temperanza, la liberalità, la munificenza, l'onore, la magnanimità, la mansuetudine, l'affabilità, la sincerità e la giovialità. La tradizione cristiana ha conservato le sette virtù principali dove essa distingue le quattro cardinali: prudenza, temperanza, forza e giustizia; poi tre teologali, carità, speranza e fede.

I vizi sono anche degli habitus, vale a dire permanenti disposizioni contrarie alla natura e alla ragione, la qualità cattiva che li genera ha ricevuto il nome di malizia. Vi sono sette vizi principali, di cui tre interessano il corpo: la golosità, la lussuria e la pigrizia e quattro l'anima; l'invidia, la collera, l'avarizia, e l'orgoglio. Gli atti disordinati che ne risultato e che non corrispondono al loro fine soprannaturale, hanno ricevuto il nome di peccati.

Nella parte puramente intellettuale dell'anima, si riconosce l'intelletto possibile, che é in potenza in riguardo ad ogni cosa intelligibile e di cui la conoscenza costituisce la virtù intellettuale. Poi l'intelletto agente (o attivo) che si manifesta speculativamente nelle virtù d'intelligenza, di scienza e di saggezza e praticamente nelle virtù di buon consiglio, di giudizio e di prudenza.

Tutta questa architettura dell'anima è coronata da ciò che le tradizioni chiamano lo spirito e che il dogma cattolico chiama la grazia ed i doni soprannaturali dello Spirito Santo. Poiché per raggiungere la beatitudine è necessario l'aiuto divino dell'atto puro che si sostituisce allora all'intelletto agente.