La terza chiave comprende il più lungo seguito di operazioni che tutte le altre insieme : i Filosofi ne hanno poco parlato, benché la perfezione del nostro Mercurio ne dipenda; i più sinceri come Artefio, il Trevisano, Flamel, non hanno mai parlato della preparazione del nostro Mercurio e non se ne trova uno che ha supposto, in luogo di insegnare, la più lunga, e la più importante delle operazioni della nostra pratica.
Nell'intento di aiutarvi in questa parte del cammino che voi dovrete fare per mancanza di luce, é impossibile di seguire la vera via e io mi dilungherò più che i Filosofi hanno fatto, su questa terza chiave o almeno io seguirò per ordine ciò che hanno detto su questo soggetto, così confusamente, che senza una ispirazione del Cielo o senza il soccorso di un fedele amico, si dimora certamente in questo dedalo senza poter trovare una via d'uscita felice. Io sono certo che voi, che siete i veri figli della scienza, riceverete una grandissima soddisfazione sul chiarimento di questi misteri nascosti che riguardano la separazione e la purificazione dei principi del nostro Mercurio che si fa per mezzo di una perfetta dissoluzione e glorificazione del corpo da cui prende nascita e per l'unione intima dell'anima con il suo corpo di cui lo spirito e l'unico legame che opera questa congiunzione; é là l'intenzione e il punto essenziale delle operazioni di questa chiave che si determina nella generazione di una nuova sostanza infinitamente più nobile della prima. Dopo che il saggio Artista ha fatto sortire dalla pietra una sorgente di acqua viva, che egli ha spremuto il succo della vigna dei Filosofi e che ha fatto il loro vino, egli deve notare in questa sostanza omogenea che appare sotto forma dell'acqua, tre sostanze differenti e tre principi naturali di tutti i corpi, sale, solfo e Mercurio che sono lo Spirito, l'Anima e il Corpo (8) e nonostante che apparissero puri e perfettamente uniti insieme, ci manca molto che lo siano ancora poiché quando per mezzo della distillazione noi tiriamo l'acqua, che è l'Anima e lo Spirito, il corpo dimora in fondo al vaso come una terra morta, nera e feculenta che non di meno non è da disprezzarsi, poiché nel nostro soggetto non vi è nulla che non sia buono.

Il Filosofo Giovanni Pontano (9) dice che le superfluità della pietra si convertono in una veritiera essenza e che colui che pretende separare qualche cosa del nostro soggetto, non conosce niente della Filosofia e che tutto ciò che vi é di superfluo, di immondo, di feculente e infine tutte le sostanze del composto, si perfezionano per mezzo dell'azione del fuoco.
Questo avviso apre gli occhi a quelli che per fare una esatta purificazione degli elementi e dei principi si persuadono che non occorre prendere che il sottile e rigettare lo spesso; ma i figli della scienza non devono ignorare che il fuoco e lo zolfo sono nascosti nel centro della terra e che occorre lavarla esattamente col suo spirito per estrarre il balsamo, il sale fisso che è il sangue della nostra pietra. Ecco il mistero essenziale di questa operazione che non si compie che dopo una digestione conveniente e una lenta distillazione. Seguite dunque, figli d'Ermete, i precetti che vi dà il veritiero Ermete che dice a questo proposito: «Oportet autem nos cum hac aquina anima, ut formam sulphuream possideamus, aceto nostro earn miscere cum enim compositum solvitur, clavis est restaurationis» (10).
Voi sapete che nulla è più contrario che il fuoco e l'acqua; bisogna nondimeno che il saggio Artista faccia fare la pace fra questi due nemici che in fondo si amano ardentemente.
Il Cosmopolita ne ha detto il mezzo in poche parole: «Purgatis ergo rebus, fac ut ignis e acqua amici fiat; quod in terra sua, quae cum iis ascenderat, facile faciet» (11).
Siate dunque attenti su questo punto, abbeverate sovente la terra con la sua acqua e otterrete ciò che cercate.
Non occorre forse che il corpo sia dissolto dall'acqua e che la terra sia penetrata della sua umidità per essere resa adatta alla generazione? Secondo i Filosofi, lo spirito è Eva, il Corpo è Adamo; essi devono essere congiunti per la propagazione della loro specie. Ermete dice la medesima cosa in altri termini: «Acqua namque fortissima est natura, quae transcendit e fixam in corpore naturam excitat; hoc est laetificat» (12).
In effetti, queste due sostanze che sono d'una stessa natura, ma di due sessi differenti, si abbracciano con il medesimo amore e la stessa soddisfazione del maschio con la femmina e si elevano insensibilmente insieme non lasciando che un po' di sedimento nel fondo del vaso; di modo che l'anima, lo spirito e il corpo, dopo un'esatta depurazione, appaiono infine inseparabilmente uniti sotto una forma più nobile e più perfetta che non era prima e così differente dalla prima forma liquida come l'alcool di vino esattamente rettificato ed acuito col suo sale è differente dalla sostanza del vino da cui deriva. Questa comparazione non solamente è giustissima, ma dà ai figli della scienza una conoscenza precisa delle operazioni di questa terza chiave.
La nostra acqua è una sorgente viva che sorte dalla pietra per mezzo di un miracolo naturale della nostro Filosofia. «Omnium primo est aqua, quae exit de hoc lapide» (13).
É Ermete che ha pronunziato questa grande verità. Egli riconosce di più: che questa acqua é il fondamento della nostra arte.
I Filosofi le danno diversi nomi; poiché essi la chiamano vino, altri acqua di vita, tanti aceto, altri olio, secondo i differenti gradi di preparazione o secondo i diversi effetti che é capace di produrre.
Io vi avverto nondimeno che ella è propriamente l'Aceto dei Saggi e che nella distillazione di questo divino liquore, accade la stessa cosa che in quella dell'aceto comune; voi potete dedurre da ciò una grande istruzione; l'acqua e la fiamma che salgono per il primo; la sostanza oleosa, nella quale consiste l'efficienza, l'efficacia della nostra acqua, viene poi. É questa sostanza media tra la terra e l'acqua, che nella generazione del fanciullo Filosofico fa la funzione del maschio. Ermete ce lo ha fatto ben notare con queste parole intelligibili: «unguentum mediocre quod est ignis est medium inter faecem e aquam». (14)
Egli non si accontenta di dare queste luci ai suoi discepoli, ma insegna di più nella sua Tavola di Smeraldo indicando la maniera di condursi in questa operazione: «Separabis terram ab igne, subitile ab spisso suavite magno cum ingenio» (15).
Guardatevi soprattutto di non soffocare il fuoco della terra, nelle acque del diluvio. Questa separazione o piuttosto questa estrazione si deve fare con molto giudizio. É dunque necessario di dissolvere intieramente il corpo, per estrarvi tutta la sua umidità che contiene questo Solfo prezioso, questo balsamo di natura e questo unguento meraviglioso, senza il quale voi non dovete giammai sperare di vedere nel vostro vaso questo nero così desiderato da tutti i Filosofi.
Riducete dunque tutto il composto in acqua e fate una perfetta unione del volatile col fisso. É in un precetto di Senior che merita che voi facciate attenzione: «Supremus fumus, dice egli, ad infimum reduci debit e divina aqua Rex est de caelo descendens, Reductor anime ad suum corpus est, quod demum à morte vivificat» (16).
Il balsamo di vita é nascosto in queste fecci immonde e voi dovete lavarle con l'acqua celeste, fintantoché non abbiate toltala nerezza e per mezzo di questa vostra acqua sarà animata da questa essenza ignea che opera tutte le meraviglie della nostra arte.
Io non vi posso dare oltre dei migliori consigli che quelli del grande Trimegisto: «Oportet ergo vos ab aqua fumum super-existentem, ab unguento nigredim e a facce mortem depellere» (17) ma il solo modo di riuscire in questa operazione, vi è insegnato dallo stesso Filosofo, che aggiunge immediatamente subito: «e hoc dissolutione, quo peracto, maximam habemus Philosophiam o omnium secretorum secretum» (18).
Ma perché non vi inganniate sulla parola composto, io vi dirò che i Filosofi hanno due sorte di composti: il primo é il composto della natura ed e quello del quale vi ho parlato nella prima chiave poiché è la natura che lo fa in una maniera incomprensibile all'artista che non fa che prestate la mano alla natura; per mezzo di ciò ella partorisce e produce questo ammirabile composto.
II secondo è il composto dell'arte; é il Saggio che lo fa per mezzo dell’unione intima del fisso col volatile perfettamente congiunti con tutte le prudenze che si possono sapere per mezzo delle
luci di una profonda Filosofia; il composto dell'arte non é lo stesso nella seconda e terza opera; è nondimeno sempre l'artista che lo fa. Geber lo definisce un miscuglio d'argento vivo e di zolfo, cioè a dire del volatile e del fisso che agiscono l'uno sull'altro, si volatilizzano e si fissano reciprocamente fino a una perfetta fissità. Considerate l'esempio della natura: voi vedrete che la terra non produce giammai dei frutti se non é penetrata della sua umidità e che l'umidità rimane sempre sterile se ella non é ritenuta e fissata dalla siccità della terra.
Voi dovete sapere dunque che non si può avere un buon successo nella nostra arte, se nella prima opera voi non purificate il serpente nato dal fango della terra; se voi non imbiancate queste feci féculente e nere per separare lo zolfo bianco, il sale ammoniacale dei Saggi, che è la loro casta Diana che si lava nel bagno. Tutto questo mistero non è che la estrazione del sale fisso del nostro composto nel quale consiste tutta l'energia del nostro Mercurio.
L'acqua che si alza per mezzo della distillazione porta con se una parte di questo sale igneo, di modo che l'affluenza dell'acqua del corpo, ripetuta più volte, impregna, ingrassa e feconda il nostro Mercurio e lo rende proprio ad essere fissato; questo é il termine della seconda opera. Non si può esporre meglio questa verità che Ermete ha detto con queste parole: «Cum viderem quo aqua sensim crassior, durioque fieri inciperet gaudebam; certo enim sciebam ut invenirem» (19).
Quando voi non avrete che una mediocricissima conoscenza della nostra arte, ciò che io vi dico sarà più che sufficiente per farvi comprendere che tutte le operazioni di questa chiave, che mette fine alla prima opera, non sono altro che digerire, distillare, coobare, dissolvere, separare e congiungere il tutto con dolcezza e pazienza; in questo modo non avrete solamente una intera estrazione del succo della vigna dei saggi, ma voi possedete la loro acqua di vita. Ed io vi avverto che più la rettificherete e la lavorerete, più ella acquisterà di penetrazione e di virtù.
Filosofi le hanno dato il nome di acqua di vita perché dà la vita ai metalli; essa é propriamente  chiamata la grande luna a causa del suo splendore con cui brilla. Essa è chiamata anche la sostanza solforata, il balsamo, la gomma, l'umidità vischiosa e l'aceto agrissimo dei Filosofi, ecc.
Non è senza ragione che i Filosofi danno a questo liquore Mercuriale il nome di «acqua pontica» e di «aceto agrissimo»: la sua ponticità esuberante é il vero carattere della sua virtù; accade di più, come già l'ho detto nella distillazione, la stessa cosa che accade nell'aceto, la fiamma e l'acqua salgono, per i primi, le parti solforose e saline si alzano dopo. Separate la fiamma dall'acqua, unite l'acqua e il fuoco insieme, il Mercurio con Io Zolfo e voi vedrete infine il nero nerissimo; renderete bianco il corvo e arrossirete il cigno. Poiché io non parlo che a voi, veri discepoli di Ermete, vi voglio rivelare un segreto che non troverete mai svelato intieramente nei libri dei Filosofi. Gli uni si sono contentati di dire che del loro liquore ne hanno fatto due Mercuri, l'uno bianco e l'altro rosso.
Flamel ha detto più particolarmente che occorre servirsi del Mercurio Citrino per fare le imbibizioni al rosso; egli avverte i figli dell'arte di non ingannarsi su questo punto e assicura anche che si sarebbe ingannato egli stesso se Abramo Ebreo non l'avesse avvertito. Altri Filosofi hanno insegnato che il Mercurio é il bagno della luna e che il Mercurio rosso è il bagno del sole; ma non vi é stato nessuno che abbia voluto mostrare distintamente ai figli dell'arte, per quale via essi possono ottenere questi due Mercurii; se voi mi avete ben compreso, siete già illuminati su questo punto. II lunare è il Mercurio bianco, l'aceto acerrimo è il Mercurio rosso; ma per meglio determinare questi due Mercurii, nutriteli d'una sostanza della loro specie, il sangue degli innocenti sgozzati, cioè a dire gli spiriti dei corpi, sono il bagno dove il sole e la luna si vanno a bagnare.
Io vi ho svelato un gran mistero e se voi ci riflettete bene, i Filosofi che ne hanno parlato, si sono fermati molto superficialmente su questo punto importante; il Cosmopolita l'ha toccato spiritualmente per mezzo di una ingegnosa allegoria parlando della purificazione e della animazione del Mercurio: «hoc fiat, dice egli, si seni nostro aurum e argentum deglutire dabis, ut ipse consumat illa e tandem ille etiam moriturus comburatur» (20).
Egli finisce di descrivere tutto il magistero con questi termini: «Cineris e jus spargantur in aquam, coquito earn donea satis est e habes medicinam curandi lepram» (21).
Voi non dovete ignorare che il nostro vecchio è il nostro Mercurio, che questo nome a lui conviene perchè è la materia prima di tutti i metalli. Lo stesso Filosofo dice che è la loro acqua, alla quale si dà il nome di acciaio e di calamita ed egli aggiunge per conferma di ciò che ho scoperto per voi «Si undecies coit aurum cum eo, emittit suum semen e debilitatur fer ad mortem usque; concipit chalybis e generat filium patre clariorem» (22).
Ecco dunque un grande mistero che vi rivelo senza alcun enigma; è questo il segreto dei due Mercurii che contengono le due tinture. Conservatele separatamente e non ne confondete la loro specie, per paura che non procreino una razza mostruosa. Io non vi parlo solamente più intelligibilmente degli altri Filosofi, ma anche vi rivelo tutto ciò che vi ha di più essenziale nella pratica della nostra arte: se meditate sopra a ciò, se vi applicherete a ben comprendere, ma soprattutto se lavorerete nelle luci che vi dono, io non dubito che voi otterrete ciò che cercate. E se voi non perverrete a queste conoscenze per la via che vi indico, sono certo che difficilmente arriverete al vostro scopo per mezzo della sola lettura dei Filosofi. Non disperate dunque, cercate la sorgente del liquore dei Saggi che contiene tutto ciò che e necessario all’opera; essa è nascosta sotto la pietra; colpitela sopra con la verga del fuoco magico e uscirà una chiara fontana. Fate in seguito come io vi ho mostrato, preparate il bagno del Re con il sangue degli innocenti e voi avrete il Mercurio dei Saggi animato che non perde giammai la sua virtù se voi lo custodirete in un vaso ben chiuso.
Ermete ha detto che vi é molta simpatia tra i corpi purificati e gli spiriti e che non sfuggono mai quando sono uniti insieme, perché questa unione è simile a quella dell'anima con il corpo glorificato, dopo la quale la fede ci insegna che non vi é più separazione, né morte. «Quia spiritus, ablutis corporibus desiderant inesse, habisis autem ipsis, eos vivificant e in iis habitant» (23).
Voi vedete quindi il merito di questo prezioso liquore, al quale i Filosofi hanno dato più di mille differenti nomi; esso è l'acqua di vita dei Saggi, l'acqua di Diana, la grande luna, l'acqua di argento vivo; essa e il nostro Mercurio, il nostro olio incombustibile che al freddo si congela come il ghiaccio e si liquefa al calore come il burro. Ermete la chiama la terra cosparsa di foglie o la terra delle foglie; e non senza ragione poiché se voi l'osservate bene notate che essa é tutta contornata di foglie.
In una parola essa è la fonte chiarissima di cui Conte Trevisano fa menzione; infine essa è la grande Alkaest che dissolve radicalmente i metalli e la vera acqua permanente che dopo aver dissolto, si unisce inseparabilmente ad essa aumentando il peso e la tintura.

 

 

 

8. Stia attento il lettore che il corpo corrisponde al Sale, l'anima allo Zolfo, e lo spirito al Mercurio. 

9. Vedi Lettera sul «Fuoco Filosofico» di Giovanni Pontano. Prima traduzione italiana con note e commento di Mario Mazzoni. 1930.

10. «Occorre che noi, affinché si possa venire in possesso della forma solfurea, per mezzo di questa anima acquosa, che la mescoliamo col nostro aceto, imperocché quando si scioglie il composto, c'è la chiave della rinnovazione».

11. «Depurate dunque le cose, fate che il fuoco e l'acqua divengano amici, la qual cosa facilmente faranno nella propria terra che con loro era salita».

12. «Imperocché l'acqua è per natura fortissima, la quale passa oltre e eccita nel corpo una stabile natura, cioè letifica».

13. Di tutte le cose in primo luogo è l'acqua, la quale esce da questa pietra».

14. «Il mediocre unguento, che è il fuoco, sta in mezzo tra la poltiglia (fondaccio) e l'acqua».

15. «Separerai la terra dal fuoco, il sottile dal denso, soavemente, con grande accortezza».

16. «Il più alto fumo, dice egli, deve essere ridotto al più basso luogo e la divina acqua è un Re che discende dal cielo, è il riducitore dell'anima al proprio corpo che infine vivifica dalla morte».

17. «Bisogna dunque che voi mandate via dall'acqua il fumo sopra esistente, dall'unguento la nerezza e dalle fecci la morte» .

18. «Ciò fatto, da questa dissoluzione, avremo la più grande Filosofia e il segreto di tutti i segreti».

19. «Vedendo che l'acqua a poco a poco incominciava a farsi più grassa e più dura esultavo; imperocché sapevo che avrei trovato ciò che cercavo».

20. «Le ceneri di lui si spargono nell'acqua, cuoci quella finché è abbastanza cotta e tu hai la medicina per curare la lebbra».

21.«Ciò avverrà, dice egli, se darai ad inghiottire al nostro vecchio, oro e argento finché egli li consumi e finalmente, ancorché sul morire, sia bruciato».

22. «Se l'oro undici volte si congiunge con quello, emette il suo seme e si indebolisce quasi sino alla morte; concepisce l'acciaio e genera un figlio più illustre del padre.»

23. «Perché gli spiriti desiderano trovarsi nei corpi purificati e impossessatesi di questi, vivificano e abitano in essi».