CAPITOLO SETTIMO

Non potrei concludere meglio questo piccolo trattato se non narrando ai miei Lettori, una visione che ebbi qualche tempo addietro. È enigmatica, & di conseguenza degna di tutta la nostra attenzione. 

Ero qualche tempo fa in campagna, per godere dei piaceri campestri che si apprezzano nella bella stagione. Le persone presso le quali ero ospite, erano delle oneste persone; ma di un spirito così trivio che oltre alla tavola, non c'era nessuna conversazione da poter intrattenere con loro. Giacché non è da oggi che le conosco, non rimasi affatto stupito del loro carattere. Del resto, andando da essi, non avevo altro scopo che procurarmi il piacere della solitudine, che gustai pienamente durante gli otto giorni che rimasi con queste persone assolutamente grossolane.  

 

Non distante dalla loro abitazione, che è posta su un declivio di una collina, c'è un piccolo e folto bosco, attraversato da un piccolo ruscello il cui il mormorio delle acque sembra agire di concerto con l'ombra che regna nel bosco, per conciliare il sonno. È in questo luogo affascinante che andavo sera & mattina a godere del fresco. L'ultima volta che andai, mi addormentai; & fu durante il sonno, che ebbi la seguente visione. 

Vidi ai miei piedi una massa informe che non mi sembrò terra, né sasso, né pietra, né legno; non potevo definire ciò che era, né ciò che potesse essere. Questa massa formava un volume di circa la grandezza di un uovo. La spinsi col mio piede, & la feci rotolare alcuni passi davanti a me. Intenzionato a capire che cosa fosse questa massa, mi misi ad esaminarla da tutti i lati; a furia di guardare i miei occhi si stancarono & si appannarono; li strofinai, & mi misi di nuovo a guardarla. Questa massa che, alla prima osservazione, mi era sembrata di un colore indefinibile, mi sembrò, invece dopo, nera tanto quanto l'ebano. Sorpreso da un così improvviso cambiamento, esaminai più attentamente. Mi azzardai a prenderla in mano, per poterla esaminare più agevolmente. O Dio! quale fu il mio spavento, quando, all’improvviso, vidi questa piccola palla nera cadere in terra & trasformarsi in un orribile drago. Avrei voluto fuggire; ma lo spavento mi immobilizzava. Il drago, intanto, cresceva a vista d'occhio, & sembrava volersi lanciare su di me; & probabilmente l'avrebbe fatto, se non fosse giunta una giovane donna & che glie lo impedì sferrando sulla sua testa, un colpo con una verga di ferro lucido o di acciaio, che fosse di ferro o di acciaio lo dedussi dal fatto che la verga era molto lucente. Questo colpo rese il drago immobile come se fosse stato di marmo o di bronzo. Questo soccorso insperato mi rassicurò. Mi gettai, allora, ai piedi della mia liberatrice. Dio! come mi sembrò bella. Aveva dei grandi occhi blu & un sguardo sconvolgente, una piccola bocca e labbra vermiglie & i denti bianchissimi & piccoli; i suoi capelli di un biondo oro, cadevano in riccio sul suo seno mezzo scoperto; il suo vestito era disinvolto & di un bianco da abbagliare. Ebbro, al tempo stesso di rispetto & di amore, di ammirazione & di riconoscenza, per una persona così coraggiosa & così provvidenziale, così bella & così giovane, giacché non sembrava avere più di quindici anni; volevo manifestargli la mia gratitudine & dirgli tutto ciò che il mio cuore mi dettava in suo favore; ma la mia lingua non poteva pronunciare nessuna parola. Infine mi rialzò con una gentilezza che è più semplice percepire che descrivere, & mi disse con dolcezza, di smettere di tremare, perché andava a rendermi invulnerabile ai colpi di simili nemici; & terminando queste parole, trasse una dalle sue mammelle, & mi fece succhiare un latte cento volte più dolce del nettare, & che mi rese così coraggioso che da quel momento ebbi coscienza di non temere neanche il più temibile dei draghi. Poi mi diede la sua spada tagliente, che avevo scambiato prima per una verga di ferro, & mi ordinò di andare a tagliare la testa del drago, & di non stupirmi affatto delle sue differenti metamorfosi; poi sparì. Incoraggiato da queste ultime parole, corsi verso il drago a cui tagliai la testa con un colpo del mio acciaio tagliente. Come il suo sangue colava, immediatamente se ne formavano dei serpenti; gli uni rettili, altri alati, i quali, dopo avermi guardato, si allontanavano da me, sembrando spaventati nel vedermi. Se avanzavo di un passo verso essi, loro  ne arretravano due; ciò che feci a più riprese. Improvvisamente la mia attenzione fu richiamata da un suono armonioso di una musetta [uno strumento ad aria molto in voga nel secolo XVII] che proveniva dalle mie spalle. Mi voltai, per vedere chi suonasse così melodiosamente. Era il corpo del drago che si era appena trasformato in un piccolo negro di circa tre piedi di altezza. Dopo questa meraviglia ne accadde un altra, & poi altre ancora, così come vado a raccontarlo. La testa del drago che era rimasta a terra; prese ai miei occhi la forma di un altro piccolo negro, di uguale statura al primo, & si mise a suonare un tamburello. Mi dilettavo nell'ascoltarli, quando mi rammentai nuovamente dei serpenti, che la sinfonia mi aveva fatto dimenticare. Girai la testa per vedere quello che erano diventati. Li vidi nello stesso stato in cui li avevo lasciati. Aspettavano probabilmente il mio sguardo per mutarsi in piccole marionette, non più alte di un piede. Questo nuovo spettacolo mi fece ridere, & risi di più quando le vidi saltare & saltare al suono degli strumenti di cui ho appena parlato, & che non avevano interrotto di suonare. Gratificato da questo piacevole passatempo, mi girai verso i due suonatori, con l'intenzione di incoraggiarli; ma non me ne diedero il tempo. Si avvicinarono a me, & esalarono dalla loro bocca, un vapore nero & spesso che mi circondò, & il cui l'odore insopportabile affettò talmente il mio cervello, tanto da non potermi trattenere dallo starnutire; & starnutendo, fuoriuscì dal mio naso una fiamma blu che, in un istante, consumò & ridusse in cenere, & i suonatori & i ballerini. Questo starnuto ricondusse il mio cervello al suo primo stato, vale a dire al momento in cui esaminavo tutti questi fenomeni che vedevo succedersi così velocemente. Allora mi chiesi, internamente, guardando un pezzo di cenere; in cosa si trasformerà? Mi misi a sparpagliarlo con la punta della spada, & gettandola qui & là, ne vidi uscire  una colomba di un bianco abbagliante. L'avevo, probabilmente, ferita con la punta della mia spada, perché perdeva del sangue; ma ciò che mi sembrò più sorprendente, è che come il suo sangue colava, lei si rimpiccioliva, così che si trasformò tutta in sangue. La cenere che se ne inzuppò, divenne di un colore arancione; & l'erba del prato su cui era questa cenere inzuppata, fu mutata in un'erba oro, ciò che riconobbi dal colore & dal peso. Sorpreso & lietissimo insieme di questo ultimo prodigio, raccolsi accuratamente tutta questa preziosa polvere fino a riempirne le tasche. Falciai anche l'erba del prato trasmutata in oro, & riponendola nel mio cappello fin quando ne fu pieno, & conseguentemente molto pesante da portare. Così carico, o piuttosto piegato delle tante ricchezze, presi la strada della mia abitazione, per depositare tutta la mia fortuna. Strada facendo, incontrai quattro Contadini i quali, vedendomi portare il cappello con fatica, considerato che pesava molto, si avvicinarono per vedere cosa poteva avere di così pesante. Non appena gettarono gli occhi  sul mio raccolto,  si misero a gridare con tutte le loro forze: al soccorso, al ladro ecco un stregone!. Vi sbagliate, dissi loro seccamente, non sono né ladro, né stregone. Come è possibile esclamò uno di essi, toccando così rudemente il mio cappello tanto da farlo cadere, che tu non sei uno stregone? Il vedere rovesciato a terra quanto avevo con tanta cura raccolto, mi mise in una furiosa collera che senza considerare che erano quattro contro me, fui io ad aggredirli. Diedi un colpo a quello che mi aveva fatto cadere il cappello. La mia mano, ancora impregnata di quella meravigliosa polvere che avevo raccolto, ebbe la virtù di trasformare, in un istante, il corpo del malcapitato, in vero oro. I suoi compagni spaventati da questo incidente, corsero via, a gambe levate, per darne notizia & spargere l'allarme in tutto il villaggio. Restai solo col mio uomo d'oro. Mi avvicinai di lui; l'esaminai; gli ruppi anche il mignolo, cosa che finì con il convincermi della sua metamorfosi & della proprietà della polvere. Feci mille riflessioni su questo avvenimento così straordinario & così incredibile. Ero ancora intento nella riflessione, quando tutti gli abitanti del villaggio vennero insieme per attaccarmi. Ebbi soltanto il tempo di prendere della polvere, & di gettargliela negli occhi. Quelli raggiunti dalla polvere, si trasformarono da contadini, che erano, in uomini di oro. Questa nuova metamorfosi fece arretrare gli altri; ma soltanto per riorganizzarsi e assalirmi con più accanimento. Presero delle pietre, & me ne lanciarono una tale quantità che pensai di non avere più di un'ora di vita; cosa che mi gettò in una così grande disperazione, che corsi verso di loro, gettando della polvere sul loro viso. Ero talmente furioso & fuori di me, che non pensavo a risparmiare questa polvere; tanto che presto la esaurii. Ero ormai rassegnato a morire sotto i loro colpi, quando per la mia fortuna, proprio quando non potevo più difendermi, un terrore si impadronì improvvisamente di loro, & si misero a fuggire come pecore che vedono un lupo. Fuggii anche io, ma nella direzione opposta, allontanandomi dal villaggio, risoluto a non metterci mai più piede. Il sole era appena scomparso ed iniziava a scurire, questo facilitò la mia fuga & assicurò la mia ritirata. Camminai, o meglio corsi finché fui abbastanza lontano tanto da non temere più i miei nemici. Sostai, allora, vicino ad un campo di grano, per riposarmi un poco giacché ero molto stanco. Per colmo di sfortuna, avevo fame, & non avevo niente da mangiare; avevo sete, & non avevo niente da bere: tutto ciò che potevo fare, era di pazientare & di continuare la mia strada. Cosa che feci. Non era trascorso molto tempo da quando mi ero rimesso in cammino, che fui fermato da quattro banditi i quali si impadronirono di me in un batter d'occhio. Mi spogliarono dei vestiti, & mi tolsero tutto fino alla camicia. Due maliziose, che erano della loro compagnia, si curavano di piegare i miei abiti, mano a mano che gli altri li ritiravano dal il mio corpo. Ero tanto spaventato, che lasciavo fare, senza osare proferire una sola parola. Perbacco, disse una delle donne alla sua compagna, questo giovane uomo mi sembra abbastanza mite, occorre che mi aiuti per mettere alla prova la sua pazienza. Concordo, rispose l'altra; sarà un divertimento che daremo ai nostri quattro amici, se a loro gradirà. Volentieri, risposero, ci divertirà; tanto non abbiamo nulla da fare per il resto della notte. Subito mi strofinarono tutto il corpo, con un non so quale olio nero & di cattivo odore la cui la virtù era quella di ammorbidire le ossa & renderle malleabili tanto quanto la carne. Poi mi piegarono in due, & mi legarono talmente stretto, che non facevo un volume più grosso di un pallone. In questo stato si presero gioco di me, come se fossi stato veramente un pallone. Una mi gettava nell'aria, & l'altra, dopo avermi lasciato balzare a terra mi rinviava alla sua compagna. Gli uomini che fino a quel momento, erano stati spettatori oziosi, parteciparono al gioco; & poiché erano forti & robusti, mi scagliavano con tanto ardore, che balzavo parecchie volte sulla terra, & rotolavo molto lontano. Infine, stanchi di sballottarmi, tennero consiglio per decidere della mia sorte. Bene, disse uno di essi, lo lasceranno là. No, gli fece di rimando un altro, occorre gettarlo nella prima cisterna che incontreremo. Cosa che fecero cento passi più distante di là. Una vecchia donna mi prese fra le sue braccia, mi distese in lunghezza, mi pose dolcemente su della verbena, & mi strofinò con un olio chiaro & di un odore piacevole che ridiede alle mie ossa la loro prima consistenza, & al mio corpo, il suo primo vigore. La mia prima intenzione fu di voler ringraziare la mia benefattrice; ma la ripugnanza che mi causò la sua figura, me lo impedì. Da quando vivo non ho mai visto niente di simile. Era una donna di circa cinque piedi & mezzo di altezza la cui la pelle inaridita & incollata sulle ossa, raffigurava esattamente uno scheletro. Una capigliatura bianca, un tempo rossa, ornava la sua testa, ormai mezzo calva; i suoi occhi cupi & incavati, avevano un sguardo feroce; il naso adunco & il suo mento ricurvo, sembravano non unirsi soltanto per dare possibilità alla bocca di esistere; una bocca larga & profonda, & sguarnita completamente di denti. Era talmente occupata a vendicarmi, che non si accorse della ripugnanza che mi causava la sua figura. Con alcune parole magiche che pronunciò balbettando, fece in un baleno ritornare a noi i miei quattro ladri & le loro due compagne. Con una bacchetta di nocciolo che teneva della mano sinistra, li toccò uno dopo l'altro, & li fece entrare in un grande cerchio che aveva fatto prima; poi comandò loro di spogliarsi interamente, ciò che fecero immediatamente. Si mise di nuovo a balbettare alcune parole magiche, tra le quali ne percepii una composta di sette lettere, & che pronunciò più distintamente delle altre. Apparvero subito dodici mori dalle braccia nerborute con in mano un bastone di agrifoglio con cui andarono a solleticare le spalle & i sederi dei nostri sei corpi nudi. I colpi erano forti & così reiterati, che la pelle non tardò a lacerarsi, & il sangue a colare in abbondanza. Basta, gridai alla vecchia, perdonateli, vi prego, mi fanno pietà. Che cosa! disse la strega stupita, ti fanno pietà? Ma non conosci il piacere della vendetta? No, gli risposi, né voglio mai conoscerla. Chiunque prende piacere nel far soffrire gli altri, è un mostro ai miei occhi. Continuate, disse essa rivolta ai suoi ministri di vendetta, anzi raddoppiate i colpi, voglio che spirino sotto le vostre percosse. Poi girandosi verso me, & accorgendosi che la guardavo con ripugnanza, esclamò con voce rauca: avrei forse aiutato un ingrato? Queste parole mi colpirono così profondamente, che mi svegliai; ma ero così spaventato, che rabbrividisco ancor oggi quando ricordo questo sogno.

 

 

Indice

Avvertenza Capitolo Primo Capitolo Secondo Capitolo Terzo

Capitolo Quarto Capitolo Quinto Capitolo Sesto Capitolo Settimo