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La Porta Pia fu edificata dal 1561 al 1564 su disegno di Michelangelo presso l'antica Porta Nomentana.
È l'ultima opera architettonica di Michelangelo e segna il momento di transizione tra il tardo Rinascimento e il Barocco. Nel mezzo del corpo di fabbrica, a mattoni a vista e coronato da una merlatura superiore, si apre il grandioso portale di travertino con lesene scanalate e ricco timpano composito; ai lati finestroni a timpano sormontati da minori finestre riccamente incorniciate; più in alto, curioso motivo di catene fasciate da una stola (per alcuni allusiva all'arte dei chirurgi e barbieri, donde, secondo la tradizione discendevano i Medici).
Al sommo, l'arme di Pio IV (opera di Jacopo del Duca) fiancheggiata da due angeli (Nardo de' Rossi 1564) che, parzialmente rovinata alla fine del secolo XVI, fu ricostruita col frontone neobarocco e con lo stemma di Pio IX, da Virgilio Vespignani (1853-61).


Dello stesso è il prospetto esterno della Porta su Via Nomentana (1864) a forma di arco trionfale, a un fornice, fiancheggiato da nicchie con le statue di S. Alessandro e di Santa Agnese di F. Amadori.
Le due porte sono fra loro unite da un cortiletto; in questo è l'ingresso al Museo Storico del Bersagliere.
La scritta in latino sulla Porta è la seguente: «Hieromartiribus Magnis Alexandro Pont. Max. Agneti Virg. Quorum Tropaeis Via Nomentana nobilitatur Pius IX Pontifex Maximus Anno Sacri Princ. XXIII Portam Piam Novis Operibus Communitam Exornatam Dedicavit Decessori Invicto Sospitatrici Suae Iosepho Ferrario Antistite Urbano Praefecto Aerari» Cioè: «Ai Grandi Sacri Martiri Alessandro pontefice Massimo e Agnese Vergine - dei trofei dei quali la via Nomentana - è nobilitata - Pio IX Pontefice Massimo nel XXIII anno del suo sacro regno - Porta Pia da nuove costruzioni fortificata e abbellita - dedicò al predecessore invitto alla Salvatrice sua essendo Giuseppe Ferrari preposto al culto e Prefetto Urbano dell'Erario».


Fuori della Porta Pia, in mezzo al piazzale omonimo, sorge il Monumento al Bersagliere dell'Architetto Italo Mancini e dello scultore Publio Mobiducci (1932). Sopra alto piedestallo è la bronzea figura del Bersagliere scattante all'assalto, sulle due facce piane dello stesso sei artistici bronzi rievocanti i più splendidi episodi guerreschi del Corpo: Ponte di Goito (1848), Luciano Manara (1849), Porta Pia 1870), Sciara Sciat (1911), Enrico Toti (1916) e Riva di Villa Santa (1918).

Fu inaugurato il 22 settembre del 1932 con una grande adunata di bersaglieri in armi e in congedo e la cosa sorprese non poco gli Italiani. Il monumento era stato voluto proprio da colui che aveva realizzato a ogni costo la Conciliazione; come al 2 giugno dello stesso anno aveva inaugurato con gran pompa sul Gianicolo il monumento di Anita Garibaldi. Non erano e non sarebbero state le uniche contraddizioni del dittatore.

Fin dai primi mesi del nuovo Stato la gratitudine popolare provvide alla erezione di una lapide commemorativa sul muro di cinta là dove la storica Breccia aveva visto l'impetuoso irrompere delle truppe liberatrici. Là i garibaldini, i reduci delle patrie battaglie, le associazioni democratiche e il Grande Oriente deponevano spesso corone e fiori. Ma fu solo per la Festa dello Statuto del 1871 che il Comune di Roma sistemò decorosamente i luoghi.
Fu allora inaugurata la lapide di marmo centrale con la orgogliosa epigrafe «L'esercito Italiano - entrava vittorioso in queste mura - il XX settembre 1870 - sciogliendo i voti dell'intera popolazione - e assicurando all'Italia il possesso della capitale - A perenne ricordo il Comune di Roma - IV Giugno 1871».
A sinistra della Lapide per chi guarda dalla gradinata marmorea furono incisi a cura della Guardia Nazionale i nomi dei trentatré soldati periti nello scontro.

La campagna ebbe, come è noto, duecento morti ma qui ci si limita giustamente a coloro che lasciarono la vita all'alba del XX Settembre.

Primo dell'elenco il maggiore Giacomo Pagliari Medaglia d'Oro, cui fu pure dedicata una via adiacente. Il Pagliari cadde alla testa dei bersaglieri come un cavaliere del Rinascimento.

Nel 1895 - già da anni la Sinistra era al potere - nel venticinquennio della Breccia, il deputato Vischi propose il disegno di legge per la proclamazione del XX Settembre a festa nazionale. Ma anche senza il crisma ufficiale il popolo lo aveva sempre celebrato, come ricordò Crispi alla Camera, sottolineando la triste impressione che avrebbe riportato nel Paese e all'estero il rigetto della proposta.
«Il suo rifiuto egli affermò - sarebbe un'offesa alla coscienza nazionale». Lo stesso Mussolini nel suo infelice discorso del 12 dicembre 1930 alla Camera, rispondendo a una dichiarazione di Ezio Garibaldi, ammise che il popolo aveva sempre celebrato la storica data.
Il progetto passò al Senato dove l'approvazione si dovette anzitutto all'irruente discorso di Giosuè Carducci.

Anche alla Camera Alta la legge passò con altissima maggioranza.
In quell'occasione fu eretta la colonna sormontata dalla Vittoria Alata che si erge dirimpetto al Monumento. Lì fu incisa la superba epigrafe di Giovanni Bovio «Quando all'universalità del diritto - due volte romanamente affermato - i fati aggiunsero - la coscienza libera della umanità nova - da questa Breccia l'Italia rientrò in Roma».

Contemporaneamente era sistemata un'altra lapide sul muro di cinta: «Dopo cinque lustri da che la libertà di pensiero e l'autorità della fede, sotto eque leggi, in Roma convivono, Italia faustamente consacra queste mura bagnate dal sangue dei figli che l'Urbe antica, meta e capo della Patria redenta, rivendicarono». Sulla colonna era pure inciso: «La Società per il bene economico di Roma - con offerte di tutta Italia eresse» (ing. arch. Carlo Aureli).

Lì era anche, fino ai primi anni che seguirono il Secondo Conflitto Mondiale, una corona di bronzo con la scritta «Gli studenti delle Scuole Medie d'Italia». La corona scomparve poi misteriosamente.

 

Come è noto, la Festa, già smobilitata dal primo fascismo che l'aveva ridotta al ruolo di solennità civile, fu comunque anche se in tono minore celebrata sino al 1930. Dal '31 - era entrato in vigore il Decreto della soppressione e della ingenua contrapposizione dell'11 febbraio - il XX Settembre non fu più celebrato. Ma il popolo romano, anche nei tempi della dittatura continuò il suo pellegrinaggio alla Breccia.

Lungi da scomposte manifestazioni di bieco anticlericalismo, che sempre deploreremo, essa ha voluto ricordare la data che segnò il suo congiungimento alla già redenta patria e coronò il sogno di pensatori artisti soldati. Il giorno infine - e tardi lo si è capito - in cui la Chiesa, libera da assurde brighe civili, potette dedicarsi pienamente ai compiti del suo alto magistero.


La reintroduzione nelle solennità civili del XX settembre, che con sollecitudine auspichiamo, lo sia quale auspicio di ripresa nella fecondità del lavoro e nel rispetto delle libere istituzioni per cui i caduti del XX Settembre dettero la giovane vita raggiungendo nelle Valli Celesti quanti dai moti del 21 alla battaglia di Mentana avevano sofferto per il riscatto dal servaggio straniero.

 


 

Indice

La Porta Pia Il XX Settembre e il GOI Il XX Settembre solennità civile Il "Paese Sera del 20 Settembre 1870

Come accadde L'anno che segui Porta Pia Genesi e Conseguenze del XX settembre Il Vero Trinomio

Come venne ricordato il 20 Settembre nei 30 anni successivi Il I° Manifesto Commemorativo