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Il punto della situazione può essere fatto rileggendo l'articolo di fondo del più antico quotidiano pervenuto fino a noi, «La Gazzetta di Parma» del 2 gennaio 1871. È il giornale che dal 1735 - tranne una parentesi nel periodo napoleonico in cui si chiamò «La Gazzetta del Taro» - si stampa sotto lo stesso titolo:


«Il 1870 occuperà nella storia delle nazioni una delle pagine più memorabili che il filosofo e lo statista possano segnalarci ad ammaestramento de' popoli e de' potenti. Due grandi Istituzioni, il principato temporale del Papa e l'Impero subirono in quest'anno uno di quei rovesci clamorosi e irreparabili che bastano per sé soli a dimostrarci la caducità delle cose umane per quanto siano desse radicate da secoli, rinvigorite e consacrate da inveterate tradizioni e da sconfinata potenza».


Queste parole ci introducono nel clima storico del nuovo anno.


L'inizio vede l'Europa divisa sui campi di battaglia. Infuria la guerra franco-prussiana, prolungata per la stagione inclemente.
Il 3 gennaio davanti alle Cortes Costituenti spagnole Amedeo I° - secondogenito di Vittorio Emanuele II  - giura fedeltà alla Costituzione.

Sempre riguardo alla guerra franco-prussiana il 26 febbraio i preliminari di pace, stipulati a Versailles, vengono ratificati dall'Assemblea Nazionale di Bruxelles; il 13 marzo, all'inizio della Comune di Parigi, i delegati della Guardia Nazionale acclamano Garibaldi loro generale in capo; il 10 maggio il trattato di pace è sottoscritto a Francoforte tra i plenipotenziari di Francia e di Germania. A settembre l'Assemblea Nazionale francese nominerà Thiers Presidente della nata Repubblica.

Nel dicembre 1870 era caduto l'ultimo diaframma del traforo del Cenisio e a mille metri sotto il vertice del Frejus - tra Bardonecchia e Modane - si erano uniti in fraterno brindisi gli ingegneri e gli operai italiani e francesi: la galleria veniva ufficialmente inaugurata il 17 settembre 1871.
Nello stesso anno veniva stipulata la Convenzione tra l'Italia, la Svizzera e la Germania per assicurare la congiunzione delle ferrovie italiane e tedesche mediante la ferrovia attraversante il Gottardo.


Non manca l'interesse per le ricerche scientifiche:

  • proprio il traforo del Frejus suggerisce l'idea di una Commissione incaricata di eseguire in profondità le seguenti osservazioni: osservazioni sul pendolo; osservazioni magnetiche; osservazioni sulla temperatura delle rocce; (esperimento recentemente ripetuto sulle rocce di origine selenica);

  • una nave svedese viene particolarmente attrezzata per soffermarsi due anni al Polo Nord al fine di rilevare dati botanici e geologici e completare la misurazione di un arco di meridiano allo Spitzberg;

  • la marina inglese introduce l'uso della bussola gnomonica, che permette di notare le deviazioni che l'ago magnetico può provocare a bordo di navi corazzate;

  • a Genova - a Borgo Pila - viene presentata la macchina per la preparazione artificiale del ghiaccio;

  • a Milano vengono presentati i primi risultati del metodo di conservazione per lunghi periodi della carne bovina bollita;

  • la Gazzetta Medica di Strasburgo osserva, con sottile ironia, che la Germania - sempre pronta ad accogliere tutte le invenzioni utili - non conosceva o conosceva poco la clisopompa in uso presso la Sanità Militare francese.


La situazione sociale è particolarmente accesa.
Ai primi dell'anno viene edito il libro di Cesare Cantù «Portafoglio di un operaio» e la critica si affretta a dire che lo scopo è quello di trattare i problemi del lavoro, dei salari, della compartecipazione, della solidarietà, degli scioperi, del caro-vita in un romanzo a carattere storico. Sembra infatti che un operaio avesse tracciato delle note e le avesse lasciate al fabbricante Rossi di Schio perché il Cantù ne tirasse fuori un libro a sfondo sociale.

Particolarmente illuminante è, per l'Italia, l'attività legislativa. La «Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia», di differente formato dell'attuale, offriva, oltre al testo delle leggi e dei decreti, una panoramica dei maggiori avvenimenti del tempo.

Gli storici sono concordi nel ritenere un atto politicamente e psicologicamente indovinato quello di Vittorio Emanuele II che - ripetutamente invitato a recarsi a Roma - venne soltanto alla fine del 1870 e in concomitanza con lo straripamento del Tevere. In occasione di una visita fattagli da ufficiali della Guardia Nazionale, egli così si espresse: «Ringrazio i romani della cordiale accoglienza che mi hanno fatto e che mi ha vivamente colpito. Finalmente siamo a Roma: ora nessuno ce la toglierà. Il gran fatto è compiuto sebbene io lo credessi allontanato per molti anni, ma Iddio ci ha aiutato e la fortuna ci ha arriso» (1).


In tema di alluvione, è il caso di ricordare che la «Gazzetta Ufficiale» del 3 gennaio pubblica il Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici il quale «considerato che il Governo Italiano non deve limitare le sue sollecitudini a rendere meno gravi alla città di Roma le conseguenze dell'attuale straripamento del fiume Tevere, ma deve accertare quali modi suggeriscano l'arte e l'esperienza degli ingegneri per prevenire che dalle piene del Tevere ne vengano ulteriori danni alla popolazione, decreta la costituzione di una Commissione di ingegneri idraulici col compito di studiare quali cause accidentali o permanenti determinino i disalveamenti del fiume e di proporre come si possano rimuovere, indicando i provvedimenti immediati e quelle opere d'arte che valgano a migliorare il sistema del fiume».
È noto che questo provvedimento fu il primo di una serie che portò alla costruzione dei muraglioni e dei lungoteveri.

Per contro, appaiono le dolenti note. Il Ministro delle Finanze con decreto del 15 gennaio «... visto il Decreto col quale fu estesa alla provincia di Roma l'imposta sui redditi della ricchezza mobile a cominciare dal 1° gennaio 1871, decreta che le operazioni prescritte per l'applicazione dell'imposta siano esperite nelle epoche e nei termini...» (2).
Il Fanfulla scriveva: «Togliamo dalla Libertà del 29, unico giornale che sia giunto da Roma, i seguenti dettagli: Lo straripamento del Tevere ha preso durante le ultime ore della notte e le prime della mattina proporzioni veramente colossali e spaventevoli. I quartieri più popolari e migliori, le piazze più vaste sono inondate; in Piazza del Popolo l'acqua arriva ad un'altezza alla quale fino ad ora non era mai giunta. Che dire poi dei quartieri più bassi? Quivi l'inondazione ha prodotto danni gravissimi. Nelle misere catapecchie del Ghetto molti infelici hanno perduto le poche e povere masserizie che avevano; a Ripetta, alla Lungara e alla Rotonda sono avvenuti danni gravissimi ed il solo conforto ad essi è che, fino ad ora, per quanto sappiamo, non si ha da lamentare la perdita di nessuna vita umana» (3).


È nel quadro di questa situazione che vediamo sorgere i primi «Asili-nido», o «Asili-scuole» a Roma.
Il problema è tornato alla ribalta per effetto di un decreto-legge della cui applicazione ogni tanto si parla (5).

Negli ultimi anni del Governo pontificio, fra la Trinità dei Monti e Piazza del Popolo, erasi installata una numerosa colonia anglo-americana che, nel clima di intolleranza vigente, riusciva a vivere in una certa autonomia religiosa, artistica, culturale e perfino scientifica. Questa piccola colonia sembrava così originale che l'Autore di un antico manuale ad uso dei forestieri la definiva: anomaly in Rome. Essa aveva un suo medico di fiducia, il Dott. Jarnes Brewster Gould di New York. La moglie, Emily, seguiva gli interessanti avvenimenti del tempo e li segnalava all'Evening Post ed all'Observer, i due giornali di New York dei quali era corrispondente.


L'alluvione del Tevere, che si verificò alla fine del 1870, flagellò particolarmente i quartieri popolari provocando seri mali sociali: scarsezza degli alloggi (il problema della casa di ogni tempo), rincaro della vita e, soprattutto, situazioni dolorose per l'infanzia. Il Municipio era in una situazione sì instabile che in due anni cambiò ben sei sindaci. Il primo sindaco che poté resistere fu il nostro fr:. Luigi Pianciani: pro-sindaco nel 1872, fu poi effettivo negli anni 1873 e 1874.


Perciò nel 1871 le Autorità comunali - con tutta la buona volontà - poco potevano fare: si trovavano alle prese con problemi ai quali non erano preparate. L'iniziativa privata - da qualsiasi parte venisse - in quel momento godeva delle simpatie generali. Del resto, uno che di certe cose se ne intendeva, Francesco De Sanctis - scrivendo anni prima dell'educazione dell'infanzia - diceva: «Questa é la più santa opera che possan fare i privati».
In tali frangenti, la signora Emily Gould aprì il primo asilo-scuola a Roma, asilo che poi dette luogo nel marzo dello stesso anno alle Scuole Italo-americane, con personale didattico italiano. Lo scrupoloso cronista annota: «... preferendo bambini e bambine di famiglie bisognose o orfani in tenera età» (4).
D'altra parte, giova rammentare che, per i più grandicelli, il nostro fr:. Biagio Placidi, operosa figura di patriota e già segretario di Mazzini nel 1849, lavorò con grande impegno e alla fine del 1871 Roma ebbe le prime scuole elementari ad opera del Comune.


Sempre in tema di alluvione si inserisce un caratteristico episodio. «Veniamo a sapere - dice la Gazzetta del Popolo - che il generale Lamarmora fece chiedere al cardinale Antonelli il permesso di poter comunicare con Castel S. Angelo mediante un passaggio segreto che esiste fra il Vaticano e il Castello. La richiesta era giustificata dall'urgenza di far arrivare pronti soccorsi alle persone che si trovavano sequestrate nel Castello. Ma il caritatevole Antonelli, sacrificando la massima che insegna l'amore del prossimo, rispose di non poter accordare il permesso sebbene fosse dolente della condizione in cui si trovavano gli individui confinati per causa della inondazione».
Dietro questo rifiuto, l'Autorità ordinò che si sfasciasse la porta del corridoio che mette in comunicazione il Palazzo Vaticano con Cartel S. Angelo e fece giungere per quella via i necessari soccorsi agli individui che ne avevano bisogno» (6).


Questo episodio ci introduce nei lavori parlamentari per la famosa Legge delle Guarentigie. Il titolo esatto é: «Guarentigie della persona del Sommo Pontefice e della S. Sede».
Alla Camera, nella tornata del 21 gennaio, i deputati Oliva e Chinosi avevano presentato domanda per interpellare il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri «circa la esistenza e la natura degli impegni che il Governo avrebbe assunto relativamente alla questione romana» (7).
La discussione generale ha inizio il 23 gennaio (relatore Bonghi), prosegue nel mese successivo e termina il 10 marzo.
Al Senato, l'esame degli articoli ha inizio il 21 aprile e il 25 dello stesso mese il senatore Ricci a correttivo di certi pericoli da esso rilevati propone questo ordine del giorno: «Il Senato, confidando che non potranno essere mai oggetto di impegni internazionali le disposizioni di questa legge che hanno un carattere di diritto pubblico interno, passa alla votazione della legge».
Chi ha fatto un lavoro di raffronto col Concordato del 1929 avrà notato che quel senatore ebbe allora buon intuito.
La discussione generale viene chiusa il 27 aprile e la votazione conclusiva sugli articoli ha luogo il 3 maggio (105 favorevoli e 20 contrari).
La legge torna alla Camera che il 10 maggio approva - senza discussione - gli articoli come modificati dal Senato e la «Gazzetta Ufficiale» del 15 maggio ne pubblica il testo.

Abbiamo accennato al diritto pubblico interno. Già durante i lavori dell'Assemblea Costituente del 1849 al testo originario - proposto da Quirico Filopanti: «Saranno date al Sommo Pontefice, anche di concerto con le altre Potenze cattoliche, tutte le più convenevoli, sicure e stabili guarentigie pel pieno, libero e indipendente esercizio delle sue potestà spirituali» - venne proposta una differente dizione da parte del deputato Luigi Coccanari: «Il Pontefice Romano avrà tutte le guarentigie necessarie per la indipendenza nell'esercizio della sua potestà spirituale».
Tale proposta - come dichiarò lo stesso proponente - era dovuta alla considerazione che la questione col Papa-Re era questione di politica interna e tutte le altre Potenze cattoliche «aver soltanto il diritto di conoscere le guarentigie da noi date al Sommo Pontefice per l'esercizio della sua potestà spirituale e per le loro relazioni religiose con esso».
La redazione definitiva dell'articolo nella Costituzione della Repubblica Romana fu: «Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente del potere spirituale (Art. VIII dei «Principi fondamentali») (8).


Tornando alla Legge delle Guarentigie, quali le reazioni della stampa?
Fin da quando si profilava l'idea di presentare un apposito disegno legislativo, un periodico che si stampava a Firenze scriveva quasi con stupore: «Si vuol forse risuscitare sotto nuova forma il fallito disegno di conservare al Papa una specie di sovranità sopra la città Leonina? Questo sarebbe un disconoscere il magnifico plebiscito del 2 ottobre, un lasciare addentellati a futuri conflitti e a future complicazioni» (9).
Lo stesso periodico pochi mesi dopo tornava sull'argomento: «L'agitazione creata e mantenuta dalla proposta delle Guarentigie ha lasciato traccia di sé in tutte e singole le sedute. Ha un bel dire il ministero che la legge è transitoria, cioè adattata alle esigenze del momento; ed i fautori della legge hanno un bel ripetere che essa non ha carattere giuridico, ma politico: tutti sentono istintivamente, non escluso il ministero, ch'essa può produrre seri pericoli ed inconvenienti seri» (10).


Non manca un elemento umoristico. Il Fanfulla del 21 marzo presenta una traccia della legge fatta dal cardinale Antonelli sotto il titolo: «Guarentigie offerte dalla Corte di Roma al Governo Italiano per levarlo d'imbarazzo, e per incoraggiarlo (ormai che l'ha promesso!) a trasferirsi a Roma, e restarvi almeno dal mese di giugno fino al mese di ottobre - giusto il tempo che ci vuole per prendere le febbri».
Un altro periodico che si stampava a Padova vede le cose da un punto di vista più realistico: «... sappiamo che la legge deve passare, affacciandosi sempre alla Camera ritrosa la minacciata questione di Gabinetto; per cui le discussioni per quanto possano essere dotte, luminose o accanite, non riesciranno che a modificazioni di circostanza o di fraseologia lasciando intatti i principi essenziali della questione» (11).
Il «Fanfulla» del 12 maggio 1871 annunziava: «Abbiamo da Roma che il Cardinale Antonelli intende inviar presto ai diversi Nunzi pontifici all'estero una nota circolare, nella quale é denunciato che il Papa non accetta la Legge sulle Guarentigie deliberata dal Parlamento italiano».
«Come è facile indovinare, nell'annunciare questo prevedibile e preveduto rifiuto, il cardinale Antonelli coglierà l'occasione per ripetere le solite invettive contro l'Italia ed il suo Governo, e la solita storiella della cattività del Pontefice».
E fu profeta, come si rileva da alcune considerazioni de la «Civiltà Cattolica».
«Un'autorità che vive e si esercita in forza di una concessione e che conseguentemente dipende dal buon volere o dal capriccio del concedente, quest'autorità vive di una vita non propria e non può sviluppare la sua influenza di là dei limiti impostili e consentiti dalle sue intrinseche ed estrinseche condizioni. Ora ognuno sa che il Capo della Chiesa abbisogna di un'autorità propria ed immancabile, affinché l'esercizio del suo Potere spirituale non venga da qualunque causa vincolato ed in qualunque tempo interrotto: dal che discende che ogni guarentigia voglia a lui darsi sarà sempre una vera illusione, quando debba esso rimanere soggetto ad un sovrano o ad un potere laicale.

Così il cardinale Antonelli, segretario di Stato del Papa Pio IX, si è espresso nel suo dispaccio circolare dell'8 novembre 1870 ai Nunzii, ripudiando appunto questo spediente della sovranità popolare, che il Governo distruggitore della sua sovranità reale in Roma, va sognando di appropriare al Sommo Pontefice».

E ancora: «Fatto notorio è che tra loro sta il fiore della massoneria... Ed un'assemblea composta di umori sì diversi per passioni irreligiose e sì avversi all'esistenza medesima del Papato, si ha da giudicare competente a statuire per legge quello che si ricerca, affinché il Papa liberamente faccia da Papa?»
E infine: «E il Pontefice, che dovrebbe ricevere queste guarentigie, può sospettarsi voglioso di accettarle? Niuno ignora quanto altamente siasi egli protestato di anteporre ogni danno, e la morte ancora, a qualunque siasi proposizione di permutare l'indipendenza inerente alla sua regia Sovranità, coll'indipendenza che gli offrirebbe il Governo suo carceriere. Né Pio IX, né veruno dei suoi Successori si inchineranno mai ad accettare questa permutazione, attesoché lo vieta l'onore, la coscienza e lo stesso buon senso naturale» (12).


Alla Camera venne avanzata la proposta che si cogliesse l'occasione per garantire anche una maggiore libertà nell'esercizio dei culti acattolici (la formula dello Statuto Albertino era: «... gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi»). La maggioranza non accolse questa proposta e il 18 marzo 1871 si limitò ad approvare un ordine del giorno proposto da Pasquale Stanislao Mancini che suonava così: «La Camera, udite le dichiarazioni della Commissione e ritenendo che l'abolizione delle istituzioni preventive e di ogni ingerenza governativa nell'esercizio del culto e della libertà religiosa sarà mantenuta ed applicata a profitto di tutti i culti professati nello Stato, passa all'o.d.g.».
Come osserva lo storico Giorgio Spini: «Si preferì un puro e semplice voto di carattere politico, ad un preciso e permanente impegno di carattere giuridico. Non ci si legava le mani per l'avvenire, sul piano del diritto e tanto meno dei principi» (13).
Il Vaticano non approverà mai questo gesto di coloro che definiva gli «usurpatori».

Un biografo del Pontefice Pio IX definisce questa legge: «legge fatta apposta per inorpellare in qualche modo la spogliazione». Ed aggiunge: «La prima volta che si presentò a Pio IX il mandato della riscossione delle lire 3.225.000 votate dalla Legge delle Guarentigie, lo respinse dicendo a chi lo portava: Certamente ho gran bisogno di denaro. I miei figli per tutto il mondo si dissanguano, per così dire, onde riparare ai miei bisogni e a tanti altri che voi create ogni giorno; ma per quanto io sappia che questa é una parte della mia roba rubata, non la accetterò da voi che a titolo di restituzione; mai vi darò una firma, che parrebbe implicare il mio assenso al furto».
«Negli anni seguenti non si ebbe più il coraggio di presentare al Papa il mandato di riscossione; si staccava per formalità e tosto dalla rubrica delle spese passava a quella delle riscossioni» (14).
Evidentemente questo fu reso possibile dal fatto che l'art. 4 della legge diceva che la dotazione andava iscritta nel Gran Libro del Debito Pubblico in forma di rendita perpetua ed inalienabile nel nome della Santa Sede.

Non manca un nuovo elemento umoristico.
L'Osservatore Romano pubblica una lettera del cardinale Antonelli al Nunzio pontificio presso il governo francese con la quale annunzia l'invio di 10.000 lire pei poveri francesi da parte del Pontefice e si scusa di non poter mandare di più per la povertà a cui venne ridotto.
L'influenza esercitata dal cardinale Antonelli sul Pontefice é stata anche recentemente oggetto di studio per valutare la portata di alcuni avvenimenti. In un interessante volume, di fonte insospettabile, viene infatti osservato: «Pio IX, sempre più prigioniero della politico intransigente del cardinale Antonelli, aveva finito per dichiararsi assolutamente e integralmente contrario ad ogni rinunzia territoriale, trincerandosi dietro il suo non possumus e anche al consentire un qualsiasi riconoscimento ufficiale del nuovo Regno d'Italia» (15).


Torniamo al lavoro legislativo svolto in quel periodo infuocato.
La Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1870 aveva pubblicato il testo con cui veniva data forza di legge al decreto 9 ottobre 1870 in virtù del quale Roma e le province romane divenivano parte integrante del Regno d'Italia.

Con decreto emanato a Torino il 18 gennaio 1871 viene ora disposto:

a) la città di Roma é la Capitale del Regno;
b) la sede del Governo vi sarà stabilita non più tardi del mese di giugno;
c) se per tale trasferimento il Governo riconoscerà la necessità di occupare edifizi o altri immobili appartenenti a Corporazioni religiose, potrà pronunziare la espropriazione di detti Corpi morali e sarà data in corrispettivo la rendita del 5% pari al reddito netto dell'immobile espropriato tenendo conto dei frutti a loro favore dal giorno del possesso (16).

Proprio nel caldo mese di giugno si verifica un altro singolare episodio: si profila cioè la questione del matrimonio dei preti dal punto di vista del diritto interno. La Corte di Cassazione di Napoli, fondandosi sull'art. 1°dello Statuto, annulla una decisione della Corte d'Appello che - basandosi sul testo del Codice vigente - aveva riconosciuto ai preti il diritto di prendere moglie. E perché? Poiché l'art. 1° dello Statuto dichiara che la religione cattolica é quella ufficiale, quando manca una norma nel Codice Civile, si deve trovare la legge nell'art. 1 ° e perciò devesi ritenere illegale il matrimonio di chiunque abbia ricevuto gli Ordini sacri.
L'avvocato teologo Bertetti nell'Opinione (N. 94) così commentala sentenza: «Ai termini del Codice può contrarre matrimonio chiunque non ne sia impedito per una delle cause stabilite dalla legge civile. La Cassazione napoletana - mettendo in non cale l'uguaglianza di libertà cui ha diritto indistintamente ciascun cittadino - ha preteso esercitare un controllo da inquisitore sulla coscienza individuale».

Quell'anno cadeva il I° anniversario della Breccia di Porta Pia.
Era Gran Maestro del tempo Giuseppe Mazzoni, pratese. Cospiratore, giornalista, era stato collaboratore dell'Alba diretta da Atto Vannucci, poi aveva partecipato nel 1848 alla Campagna di Lombardia con una colonna di volontari. A Firenze era stato Ministro di Grazia e Giustizia nel Ministero Guerrazzi ed aveva fatto parte del Governo provvisorio toscano. Esule in Francia e in Spagna, venne eletto Deputato al Parlamento in tre legislature. Nel 1879 venne nominato Senatore. Nella nostra Famiglia era stato Gran Maestro Aggiunto e quando il Gran Maestro titolare, Ludovico Frapolli - eletto Deputato di Altamura (Bari) - partecipò alla spedizione garibaldina nei Vosgi, venne eletto il 27 gennaio 1871 Gran Maestro, carica che tenne fino alla morte, avvenuta l'11 maggio 1880.
Si comprende come un patriota di questo stampo avesse a cuore l'Istituzione.

Perciò il 10 febbraio 1871 emanava questo Decreto:

«Vista la necessità di un nostro Delegato per la Provincia di Roma e le Province Romane,
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1 ° - Il nostro C:. F:. Luigi Pianciani é nominato Delegato del G:. O:. per la Città di Roma e le Province Romane.
Art. 2° - Egli ha lo speciale incarico di fondare Logge. Per questo sarebbe desiderio nostro che si intendesse col C :. F :. Mattia Montecchi e si valesse della sua collaborazione
».

Ma il Montecchi (romano e già Membro dell'Assemblea Costituente della Repubblica del 1849) dopo poco moriva durante un soggiorno a Londra.
La «Civiltà Cattolica» dice che: «morto di subito a Londra Mattia Montecchi, ardente repubblicano, il Municipio romano gli decretò gratis, come a benemerito della patria, una arcata del Cimitero a Campo Verano perché vi fosse eretto un monumento e funebri onori pubblici».
Il quotidiano «La Capitale» del 7 aprile in un articolo - riportato anche da la «Civiltà Cattolica» - descrive il corteo: «reparti d'onore della Guardia Nazionale, legionari delle patrie battaglie, rappresentanze dei circoli cittadini poscia una rappresentanza della Massoneria con le fasce simboliche. Questa rappresentanza attirava l'attenzione del pubblico, essendo questa la prima volta che in Roma, dove la Massoneria era così avversata dal Governo pontificio, si mettessero in mostra i distintivi dell'ordine massonico. Basti dire che il corteo dilungavasi per oltre un chilometro. Un 7.000 individui ne facevano parte» (17).
È questa la prima circostanza in cui la Massoneria si mostrò ufficialmente nella Capitale. La seconda avverrà l'anno seguente per il trasporto in Campidoglio della statua di Mazzini.


Come dicevamo, morto il Montecchi, la responsabilità organizzativa della manifestazione cadde tutta sul Pianciani che, opportunamente, convocò presso il Teatro Argentina i Presidenti dei Circoli romani e i rappresentanti della stampa per concordare i dettagli dei festeggiamenti.
Presso l'Archivio di Stato di Roma ho rintracciato i rapporti degli ufficiali di Polizia, incaricati dell'ordine pubblico.
Ecco il rapporto dell'Ufficio di P. S. al Questore di Roma in ordine all'adunanza al Teatro Argentina.
«L'adunanza era presieduta dal deputato Pianciani. Aperta la seduta alle ore 5 e mezzo, egli esordì parlando dignitosamente del glorioso avvenimento onde Roma, liberata dalla tirannide dei preti, fu congiunta all'Italia. Disse che la fausta ricorrenza d'un giorno tanto solenne deve celebrarsi da tutti i buoni cittadini a qualunque partito essi appartengano e segnatamente dai Romani. Osservò che le dimostrazioni di gioia patriottica devono essere calme ed improntate di quella dignità che si addice ad un popolo forte e generoso».
«Il discorso del Pianciani fu applauditissimo. Nella sala che poteva ospitare circa 500 persone c'erano i soliti mestatori, ma alle dignitose parole del Presidente ed al contegno lodevole della maggior parte dei convenuti, si astennero da inutili dimostrazioni».
«Il Comitato eletto risultò così composto: Pianciani, Presidente, i rappresentanti dei giornali La Libertà e il Tempo, Costanzo Cheauvet e Nino Costa, il Presidente della Società Operaia e il Presidente della Società degli Studenti».
«Seguirono gli interventi: fu approvato per acclamazione l'ordine del giorno Cheauvet: Il XX settembre per festeggiare il glorioso anniversario della liberazione di Roma, tutte le Società, i Circoli, ecc. si porteranno in processione a Porta Pia con quel dignitoso contegno che si tenne già nella circostanza delle esequie di Mattia Montecchi».
Però il direttore del giornale Vita Nuova fece osservare l'incongruenza dell'uso del vocabolo «processione».
Fu chiesto al Presidente se Garibaldi sarebbe venuto a Roma il 20 settembre. Il Pianciani rispose che il Generale aveva scritto di essere dolente di non poter per ora assecondare il desiderio dei Romani.
L'assemblea alle 6 e tre quarti si sciolse al grido di «Viva l'Italia, Viva Roma Capitale, Viva il XX settembre».


Erano state prese misure eccezionali di polizia: nel caso che fosse occorso ricorrere alla truppa, nei casi previsti dalla legge, erano stati anche disposti dei servizi speciali. Le rappresentanze diplomatiche, dal canto loro, davano segni di preoccupazione.
Un testimone oculare comincia a descrivere i primi movimenti mattutini della popolazione.
«Ieri mattina, appena alzati dal letto, prima cura dei buoni romani fu quella di ornare le loro finestre a drappelloni, a bandiere, ad addobbi, di svariati colori e d'effetto incantevole; adempiuto a questa dimostrazione d'esultanza essi si versarono in folla sulle vie, dirigendosi in Piazza Navona. É di là che la processione doveva prendere le mosse alla volta di Porta Pia».
«Alle otto circa la folla si mise in cammino nel massimo ordine, e con contegno serio e dignitoso. Tutto andava benissimo, quando, forse per volontà del Dito, giù una sfuriata di pioggia, un acquazzone proprio di quelli. Credete mò che per ciò i romani siano tornati indietro? Nemmen per sogno. Essi proseguirono sempre serii, sempre calmi, sempre bagnati fino a Porta Pia, ove giunsero a suon di tromba e bandiere spiegate, come in trionfo. Passarono i cittadini all'aperto fuori delle mura e si distesero in file, in quadrati, in semicircoli, colle loro bandiere, stendardi e gonfaloni a capo; v'erano tutte le associazioni, tutti i circoli, tutte le rappresentanze di Roma, meno il circolo Cavour. Dicono che non sia intervenuto per un puntiglio; ad ogni modo ha fatto malissimo e si dovrebbe cambiar nome. Il punto della muraglia, ove un anno fa erasi praticata la breccia si riconosceva benissimo per essere stato rifatto e rintonacato di fresco».
«Quel punto era coperto di ghirlande, drappi e bandiere; le due bandiere, la municipale e la nazionale, parevano abbracciarsi, poste come erano ai lati della lapide che ricorda il 20 settembre 1870».
«Un commovente episodio: poco discosto da me, stava una giovi netta graziosa, bionda, delicata come un angelo di Raffaello. Io la vidi ad un tratto muoversi lentamente verso la lapide e deporvi una corona d'alloro; poi essa ritornò al suo posto asciugandosi i begli occhi umidi di lagrime. Quanti la videro rimasero commossi da gentile pietà. Era dessa una stretta parente del povero Vanzani, ucciso l'anno scorso dal piombo degli Zuavi pontifici, dopo che la bandiera bianca sventolava già sulla breccia. Fu un assassinio».
«Terminata la dimostrazione, ricevuto un ultimo saluto dalla pioggia che cadeva a tratti, la folla, sempre in perfetto ordine rientrò in città e giù per le vie Venti Settembre, Santa Susanna e San Nicola, giunse in Piazza Barberini ove lentamente e pacificamente si sciolse. Tutti erano commossi e ridevano nello stesso tempo; cose che non si spiegano, ma che si sentono».
«Taccio delle distribuzioni dei premi e d'altre piccole solennità, perché già le potete supporre, e concludo col dire che l'anniversario del 20 settembre 1870 fu celebrato in Roma con la massima dignità e col più sincero patriottismo. Mi dicono che i Rappresentanti esteri accreditati presso il nostro Gabinetto ne siano rimasti soddisfattissimi e si preparino a darne parte ai rispettivi governi» (18).

Dal rapporto di Polizia apprendiamo altri particolari.
«Finita la dimostrazione, tutte le bandiere delle diverse Società liberali si schierarono dinanzi la lapide. Salito quindi su di una scala appoggiata al muro, l'onorevole Pianciani pronunciò un breve discorso improntato però di molta energia che fu applauditissimo. Salì poi la scala, che teneva luogo di tribuna, un giovane studente che lesse un discorso che poco piacque perché troppo lungo».
«Quando la manifestazione era per sciogliersi, un giovane artista dalla parola franca e vivace prese la parola».
«Incominciò col dire che sta bene onorare le glorie che portarono al grande avvenimento che si commemorava, ma osservò che devesi pur pensare come l'umanità abbia ancora molto cammino a percorrere per raggiungere quel perfezionamento a cui legittimamente aspira. Disse che la meta dei popoli deve essere quella di una fratellanza universale per far crollare del tutto quel sistema di privilegio e quella prepotenza che tuttora sul popolo pesano e gli inceppano il cammino».
«A dir il vero non partì dal frasario generico; fu applaudito più del predecessore e quasi come il Pianciani».
«Le società e i circoli si incolonnarono per Via di Porta Salaria, Via San Nicolò da Tolentino; si fermarono in Piazza Barberini dove l'immensa folla inneggiò ancora e poi l'adunanza si sciolse di fatto».
«Nessun inconveniente si ebbe a lamentare» (19).


Il 21 settembre il funzionario di Polizia preposto al Rione Borgo fa al Questore il seguente rapporto:
«A seconda delle istruzioni verbali e scritte ricevute dalla S. V., ieri durante il giorno e alla sera feci costantemente e più specialmente tener d'occhio il Vaticano; ma non vi fu alcuno che si attentasse di fare né grida, né atti qualsiasi contro lo stesso, come era corsa voce che si volesse fare, e così pure in Borgo; il tutto passò tranquillamente».
«Alla sera il Borgo Nuovo venne illuminato per conto di alcuni patrioti borghigiani che avevano all'uopo fatto una sottoscrizione, in piazza Scossacavalli si spararono razzi e bombe mentre la banda militare suonava in Piazza Pia. Alcuni razzi vennero pure sparati dal forte S. Angelo che era illuminato» (20).
Nella stessa giornata ebbero luogo le seguenti manifestazioni:

  • Distribuzione dei brevetti ai vincitori del tiro a segno nazionale in Campidoglio;

  • rivista della Guardia Nazionale;

  • illuminazione della città (specialmente il Campidoglio e il Corso);

  • concerti in varie piazze. Ebbe luogo la presentazione di una apposita composizione musicale intitolata «Presa di Roma»;

  • apertura del Teatro Comunale (Apollo).

Dai verbali dei Delegati di Pubblica Sicurezza delle cittadine viciniori risulta altresì che Marino venne imbandierata e la banda musicale tenne dei concerti; a Frascati si ebbero spari di mortaretti ed un concerto della Guardia Nazionale; a Subiaco anche i liberali vollero festeggiare con pubbliche dimostrazioni l'avvenimento: ivi, già di buon mattino salve di mortaretti simboleggiarono il bombardamento dell'artiglieria italiana alle porte di Roma.


Abbiamo accennato al Decreto col quale si disponeva che la sede del Governo fosse rapidamente trasferita a Roma. Di conseguenza, occorreva intraprendere i lavori di ricerca e di adattamento dei locali, che man mano si venivano trasferendo.
Peraltro, la situazione non era tale da consentire soste nella attività legislativa e le sedute parlamentari a Firenze vennero dedicate, con grande impegno, ai molti delicati problemi che la Nazione - recentemente costituitasi ad unità - presentava.
A causa del trasferimento, la Camera sospese i suoi lavori il 24 giugno ed il Senato il 28 dello stesso mese. Fra gli ultimi progetti di legge che furono esaminati dal Senato vi fu l'approvazione delle spese inerenti al trasporto ed alla tumulazione delle spoglie di Ugo Foscolo nel tempio di Santa Croce.
Nelle sedute conclusive, i Presidenti delle due Assemblee ebbero espressioni di compiacimento per l'opera che si era condotta a termine in quel lasso di tempo, nonché di gratitudine per il Municipio di Firenze che aveva fatto tutto il possibile perché l'attività legislativa fosse agevolata.
A Roma, l'inaugurazione della XI° Legislatura - II° Sessione - ebbe luogo il 27 novembre.
Durante i lavori di riattamento del palazzo di Montecitorio - già sede della Curia Innocenziana - scelto per la Camera dei Deputati, vennero rinvenute due lapidi: erano le pietre tombali che avevano ricoperto, per un periodo, le salme dei patrioti Emilio Morosini e Giacomo Venezian, caduti nella gloriosa difesa del Vascello. Dopo la fine della Repubblica del 1849, tornato il Governo Pontificio, le due lapidi erano state collocate in un atrio dalla Polizia.
Effettuato il rinvenimento, le Autorità Comunali chiesero ed ottennero che le lapidi fossero degnamente sistemate al Cimitero del Verano (21).
Particolarmente oggi, questa ci sembra una simbolica consegna da parte di coloro che caddero per la libertà e la dignità nazionale, verso i rappresentanti del popolo perché responsabilmente assolvessero - allora come ora nel vasto campo di lavoro che li attende - il mandato affidato loro dalla Nazione.


L'imminente convocazione delle sedute parlamentari a Roma destò naturalmente aspettative, speranze e qualche perplessità sui risultati dei lavori. Perciò un organo di stampa fiorentino commentava: «Il Parlamento che dopodomani si riunirà in Roma sarà chiamato non solo a risolvere le questioni più importanti e le più difficili che ci siano al mondo, non solo a tagliare talvolta i nodi gordiani più intricati, ma pure a gettare le basi di una ricostruzione sociale di cui la storia non presenta esempi: il problema finanziario, le difficoltà ecclesiastiche, la necessità dell'istruzione pubblica, il rialzamento del commercio, dell'agricoltura e dell'industria, l'estirpazione definitiva del brigantaggio, il compimento dell'opera di unificazione, ecco altrettante questioni di importanza capitale di cui ognuno aspetta dalle deliberazioni del Parlamento la soluzione più equa ed efficace per il bene d'Italia» (22).

Ultimo elemento notevole nell'anno è il censimento indetto per il 31 dicembre. È il secondo che avviene in Italia in ordine cronologico, ma é decisivo perché - come era avvenuto in precedenza per gli altri Stati soggetti agli antichi dominatori - é la prima volta che vengono istituiti a Roma i Registri dello Stato Civile e quello della popolazione residente (23).
Infatti, fino al 1870 compreso, i dati anagrafici sono raccolti nello «stato delle anime» compilato dai Registri delle parrocchie.
Il censimento appare delicato per il fatto che anche allora c'erano diffidenze da parte dei cittadini di fronte alla «troppa curiosità» dello Stato. Perciò la Prefettura il 29 ottobre inoltra una circolare ai Sindaci nella quale è detto: «Le SS.LL. inviteranno tutti i funzionari dipendenti ad adoperarsi coll'apparecchiare il buon risultato al futuro censimento. A quest'intento faranno presente alle persone colle quali si trovino in relazione come siffatta operazione non tenda altrimenti a scopi fiscali, ma sì a quello di assicurare una più equa ed universale ripartizione di carichi fra i cittadini».
Il censimento permette di rilevare che la popolazione nazionale - nei confini del tempo - ascende a 28.000.000 di abitanti.
Roma é divisa in 14 rioni compresi nelle Mura Aureliane, oltre ad una zona denominata Suburbium.
Gli abitanti abituali di Roma sono 210.620 (oltre ad una popolazione temporanea di 33.864 unità) con un totale complessivo di 244.484 abitanti (24).

Il Gran Maestro diramava il 5 dicembre la seguente circolare:
«Il Grande Oriente, con gli uffici che ne dipendono, è già costituito e funziona nella valle del Tevere.
Poiché l'immenso lavoro che deve compiere possa riprendersi e condursi a termine con prontezza ed efficacia, gli é mestieri di tutta la cooperazione delle Officine. Noi invitiamo pertanto le Logge a riprendere, senza por tempo in mezzo, la loro ufficiale corrispondenza ponendosi in ordine perfetto con la centrale amministrazione.
Vi chiediamo il vostro concorso energico e continuato.
Abbiamo fiducia che quello non sarà per mancarci giammai e che, per conseguenza, la Istituzione massonica in Italia potrà prepararsi da Roma a nuovo e più fiorente avvenire
» (25).

I

l primo documento emanato a Roma dalla Grande Maestranza è del 10 dicembre 1871 e concerne la nomina del Gran Maestro Aggiunto Federico Pescetto, quale Delegato del Grande Oriente per la Toscana.

Maggiori elementi li deduciamo, anche in questo campo, dall'Archivio di Stato.
Ecco alcune lettere ivi conservate e che, per la loro importanza, citiamo.
Il 9 novembre 1870 il Consigliere di Luogotenenza del Re per Roma e le Province Romane scriveva al Questore di Roma:
«Per opera di Nino De Andreis e (li Alessandro Castellani dovrebbe costituirsi in questa Città, giusta notizia pervenutami, una nuova Loggia massonica col titolo di Federico Campanella, la quale farebbe adesione al progetto del Campanella stesso di riunire una costituente per la riforma radicale degli statuti della Massoneria italiana.
Del che La rendo consapevole con preghiera di tenermi ragguagliato di quanto a Lei venisse a constare a questo riguardo
».


Il Questore di Roma mandava un primo dettagliato rapporto al Prefetto in data 11 ottobre 1871 del seguente tenore:
«Da fonte attendibile appresi che nel giorno 3 del venturo mese di novembre vi sarà in Roma una riunione generale dei rappresentanti di tutte le Logge massoniche d'Italia.
A tale scopo giunse ieri sera in Roma il Sig. Mazzoni, uno dei capi dell'organizzazione predetta, ed é atteso il Sig. Bacci Ulisse, Segretario Generale della Frammassoneria.
Mi affretto a porgere queste notizie alla S. V. assicurandoLa d'aver prese le disposizioni di vigilanza che sono del caso, riservandomi di rapportarLe tutto quanto meriterà la superiore attenzione
».


Il giorno successivo, 12 ottobre, altra lettera del Questore:
«Da nuove informazioni avute sulla riunione dei rappresentanti della Massoneria indetta pel 3 venturo novembre qui in Roma, mi sarebbe risultato che Lino degli scopi di questo congresso generale sarebbe quello di fondare anche in questa Città una Loggia col titolo di 'Luce d'Italia'.
Porto a conoscenza della S. V. Ill.ma anche questa notizia riservandomi sempre di fornirne di ulteriori appena verranno a mia conoscenza
».


Il 16 dello stesso mese il Prefetto riceveva un altro rapporto del Questore:
«Per collocarsi la sede della Loggia massonica intitolata La Luce d'Italia che verrà aperta il 3 p. v, novembre e di cui parlai nei precedenti miei rapporti 11 e 12 u. s., si é preso in affitto un appartamento di n. 13 camere in Via del Governo Vecchio n. 111 piano primo.
Mi affretto a renderne edotta V. S. Ill.ma a complemento delle notizie già parte in argomento
».


Finalmente, il 31 dello stesso mese, il Prefetto inviava al Questore la seguente lettera:
«Da una circolare diramata alle Logge Massoniche risulterebbe che, nell'intento di venire ad una fusione e riorganizzazione di tutta la Massoneria italiana, si radunerebbe in Roma una costituente massonica, composta dei rappresentanti di tutte le Logge e Corpi Massonici. Questa costituente formerà un regolamento ed eleggerà un unico Grande Oriente Italiano. L'adunanza sarebbe indetta con una circolare firmata da Giuseppe Mazzoni e Giuseppe Menci per la commissione dell'Assemblea fiorentina, per le logge dissidenti da Federico Campanella, pel Comitato di Napoli da Mariano Maresca, per quello di Bari da Francesco Festa e per quello di Palermo da Andrea Crispo».


Come si vede, il lavoro architettonico dei nostri predecessori venne svolto in mezzo a difficoltà e sospetti.
E così, ricordi tratti da antiche pubblicazioni e da documenti ingialliti, ci hanno consentito per un momento un rapido tufo nell'epoca dell'omnibus a cavalli, dei lumi a petrolio, dei cappelli a cilindro, del soldino e del centesimo nello scorcio di quell'Ottocento che pure é stato definito «il secolo più degno, più serio, il secolo serio della storia italiana che valga moralmente qualcosa».


Ma la storia non consente soste.
Nel mondo imperversano ancora lotte dolorose, mentre procede il progresso tecnologico e le vie di comunicazione fra gli uomini si fanno sempre più rapide.
Se parlasse quell'oratore che salì sul podio a Porta Pia nel 1871 ripeterebbe che l'umanità ha tuttora molto cammino da percorrere per riconoscersi in una fratellanza universale.
Nonostante il tempo trascorso dall'interessante anno che abbiamo rapidamente esaminato, le analogie sono tali da convalidare la frase di uno studioso: «Com'é attuale la storia degli anni trascorsi!».

L'auspicio che si può formulare è che nelle pagine di quella storia che si va tessendo, la nostra Istituzione - come fu presente ieri con i suoi uomini migliori - sia presente nel contesto sociale odierno lavorando al vero bene dell'Umanità.


A distanza di un secolo conserva tutta la sua freschezza quanto scriveva un giornale massonico «La Chaine d'union» dopo la bufera che si era abbattuta su quella Nazione: «Il 1871 si apriva per ciascuno di noi nel dolore, nel lutto, in profonda tempesta. Eravamo in alta notte. Le folte tenebre che ci avviluppavano, ci impedivano di scorgere il più piccolo barlume della speranza, di questo faro luminoso che Dio ha posto lungo il cammino dell'uomo e della società per addolcirne i triboli e le acerbe fatiche». E concludeva guardando l'ulteriore opera da compiere: «Formare dei cittadini, ecco la grande opera: non si è veri cittadini che pel carattere e la coscienza. Oh! Massoneria, ecco la tua parte, ecco il tuo importante lavoro: tu devi co' tuoi austeri insegnamenti, i soli concessi ne' tuoi templi, apprendere e fare amare e praticare gli eterni principi del diritto, della giustizia e della morale a tutti i tuoi figli. Essi avranno allora il carattere e la coscienza, essi saranno veri cittadini» (26).


 

Il documento che precede è opera d'ingegno del carissimo F:. Giovanni Conti, ogni diritto è riconosciuto. La libera circolazione del documento è subordinata alla citazione della fonte (completa di Link) e dell'autore.

 


 

1. «Gazzetta di Parma», 3 gennaio 1871.

2. «Gazzetta Ufficiale», 22 gennaio 1871, n. 22

3. Fanfulla. Firenze, 1 gennaio 1871.

4. V. Luigi Santini. «Cento anni di vita dell'Istituto Gould», 1871-1971. Tip. Subalpina, Torre Pellice.

5. V. Luigi Volpicelli. «Storia della scuola elementare a Roma». E. Armando, Roma, 1963, pag. 26.

6. Trafiletto citato da «La Gazzetta di Parma», 5 gennaio 1871.

7. «Gazzetta Ufficiale», n. 22 del 22 gennaio 1871.

8. «Le Assemblee del Risorgimento». Atti raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera dei Deputati, 1911, Vol. IV, Pagg. 1067-1076.

9. «L'Eco della Verità», 15 ottobre 1870.

10. «L'Eco della Verità», 18 febbraio 1871, Firenze.

11. «Il Corriere Evangelico», Marzo 1871.

12. La «Civiltà Cattolica», 1871, 1, passim.

13. «Rapporti delle Chiese Evangeliche Italiane con lo Stato durante il Risorgimento». Claudiana, Torino, 1970, pag. 101.

14. D. Francesco Croce. «Vita popolare di Pio IX». Prato, 1878, pp. 134-135.

15. Domenico Massè. «Il caso di coscienza del Risorgimento Italiano». Ed. Paoline, 1961, pag. 601.

16. «Gazzetta Ufficiale» del 4 febbraio 1871 n. 35.

17. La «Civiltà Cattolica». 1871, Vol. II, pagg. 365-366.

18. «La Gazzetta di Parma», 21 settembre 1871 (Articolo del corrispondente romano).

19. Archivio di Stato - Roma. (È significativa l'impressione riportata dall'intelligente funzionario.)

20. L'Ispettore Manfroni, autore del rapporto, era una caratteristica figura, nota a Roma.

21. Giovanni Conti. «Una simbolica consegna», in «L'incontro delle genti», febbraio 1972, pp. 20-21.

22. «L'eco della Verità». Firenze, 25 novembre 1871.

23. «Roma - popolazione e territorio dal 1860 al 1960». Comune di Roma, Ufficio di Statistica e Censimento.

24. V. Comune di Roma, Op. cit.

25. «Rivista della Massoneria Italiana», 15 gennaio 1872.

26. «Rivista della Massoneria Italiana», 15 gennaio 1872, pag. 11, passim.

 

 

Indice

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