La Donazione di Costantino (“Constitutum Constantini“) del 30 marzo 315, è un documento apocrifo conservato in copia nelle Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo). Il filologo italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile come il documento fosse un falso.

Il documento datato 30 marzo 315, riprodurrebbe un editto emesso dall’Imperatore Costantino. Con esso, l’imperatore attribuirebbe al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato sulle cinque chiese patriarcali (Roma, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme); la sovranità del pontefice su tutti i sacerdoti del mondo e la superiorità del potere papale su quello imperiale. A queste dichiarazioni seguivano svariate concessioni, come gli onori, le insegne e il diadema imperiale ai pontefici e soprattutto la sovranità temporale su Roma, l’Italia e l’intero Impero Romano d’Occidente. L’editto confermerebbe inoltre la donazione di proprietà immobiliari estese fino in Oriente e costituirebbe atto di donazione a Silvestro in persona del palazzo Lateranense.

La parte del documento su cui si basarono le rivendicazioni papali recita: “In considerazione del fatto che il nostro potere imperiale è terreno, noi decretiamo che si debba venerare e onorare la nostra santissima Chiesa Romana e che il Sacro Vescovado del santo Pietro debba essere gloriosamente esaltato sopra il nostro Impero e trono terreno. Il vescovo di Roma deve regnare sopra le quattro principali sedi, Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme, e sopra tutte le chiese di Dio nel mondo… Finalmente noi diamo a Silvestro, Papa universale, il nostro palazzo e tutte le province, palazzi e distretti della città di Roma e dell’Italia e delle regioni occidentali.”

La donazione venne utilizzata dalla Chiesa nel medioevo per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale e universalistico. Dopo l’età carolingia, la donazione fu riesumata da papa Leone IX nel 1053, e fu dunque introdotta, nel XII secolo, nel Decretum Gratiani e in altre raccolte di Decretali dalle mani di interpolatori. Essa fu d’altronde considerata un documento di tutto rispetto dagli stessi avversari del potere temporale dei pontefici.

Papa Alessandro VI fece riferimento alla Donazione per giustificare il suo intervento nella disputa tra Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo, concretizzatosi nell’emissione della bolla papale Inter Caetera nel 1493. La supposta donazione di Costantino includeva infatti le isole della ‘parte occidentale’ dell’Impero Romano e all’epoca dell’emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l’intero oceano Atlantico, con le nuove ‘isole’, vi era considerato parte dell’antica metà.

Nel 1440 l’umanista italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile come la donazione fosse un falso. Lo fece in un approfondito, sebbene tumultuoso studio storico e linguistico del documento, mettendo in evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e forma: in particolare, ad esempio, egli contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque necessariamente assai più tardo di quello utilizzato nel IV secolo. Altri errori, come la menzione di Costantinopoli, allora non ancora fondata, o di parole come feudo, erano addirittura più banali.

Tuttavia l’opuscolo del Valla, De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio (Discorso sulla donazione di Costantino, altrettanto malamente falsificata che creduta autentica), poté essere pubblicato solo nel 1517 e in ambiente protestante, mentre la Chiesa cattolica difese ancora per secoli la tesi dell’originalità del documento: nel 1559 lo scritto del Valla fu incluso nell’Indice dei libri proibiti in quanto pericoloso per la fede. Il dibattito successivo sulla datazione e sull’origine della falsificazione si è mosso su “piste” differenti: l’ubicazione della tradizione manoscritta, l’uso strumentale che i potenti fecero del documento, l’individuazione di motivi leggendari nel testo del constitutum, sono tutti argomenti che si è cercato di sfruttare al meglio per dare una risposta.

Attualmente, gli studiosi esitano nella datazione tra la seconda metà dell’VIII secolo e il pieno IX. Restano fortemente discordi anche le opinioni sul movente e sull’area di origine della falsificazione, occidentale (Roma; i monasteri di Saint-Denis o di Corbie, in Francia) oppure orientale (l’autore sarebbe un monaco bizantino rifugiato a Roma).

 

 

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