A meno di non voler cambiare il significato alle parole, noi pensiamo che, se vi è scienza che non sia suscettibile di riforme, questa sia la Geometria. Geometri e matematici - a cui oggi si sono aggiunti gli esperti di cibernetica - sono eccelsi nei metodi per risolvere problemi di geometria, nel condensarne la soluzione in formule, nell'applicare tali formule ad altri problemi e ad altre scienze, nel descrivere la geometria in un modo piuttosto che in un altro ma mai pretendendo di averla riformata e mai ammettendo la necessità o la possibilità di una riforma.

Le stesse cose potremmo affermare per quanto attiene la Massoneria. E non perché esista una equivalenza immediata fra i due termini - il che potrebbe anche nascondere l'intenzione di voler costruire dei sillogismi - e nemmeno perché sia proponibile l'identità Geometria-Massoneria, ma perché la Geometria è la scienza della Terra e dell'Universo e la Massoneria la scienza dell'Uomo.

Ora, se questa corrispondenza potrà sembrare apodittica, diremo, per meglio intenderci, con altre parole,che consideriamo l'ipotesi di una corrispondenza analogica fra la Geometria e la Massoneria, cioè fra Macrocosmo e Microcosmo, sia pur senza impegnarci in una identificazione assoluta del Macrocosmo come pertinenza della Geometria e del Microcosmo come limite invalicabile della scienza dell'Uomo perché il Massone - vedi Ramsey - è un teopolita e lo spirito di Dio è parimenti nel Microcosmo e nel Macrocosmo, sia pur intendendo questo spirito come volizione, essenza, soffio o parola manifestata, o altro che sia.

Ovvio che, con questo breve inciso, non pretendiamo di aver convenientemente chiarito il concetto, ma pensiamo di esserci, per quel minimo che è necessario, espressi sui perché riteniamo parimenti Massoneria e Geometria scienze entrambe, anche se non unica scienza, non suscettibili di riforme o innovazioni.

Altra cosa, ovviamente, sono le applicazioni pratiche per la Geometria e l'intervento dei Massoni nelle vicende secolari.

Perciò abbiamo sempre rifiutato il discorso dei vari momenti della Massoneria, cioè di una Massoneria, di volta in volta, egiziana, cristiana, cattolica, luterana, illuminista, rosacruciana, saintsimonista, nazionalista, colonialista, socialista ... per il solo fatto che così si sono presentati i suoi esponenti pro-tempore. Pensiamo che, a costo di rasentare la noia, valga la pena di ripeterci l'ammonimento di Lessing: «Non è infatti proibito ai Massoni fare quelle cose che sono permesse agli altri di fare», quelle ottime cose, magari, che definisce «Taten ad extra». Anche per queste ragioni quindi, non é nostra intenzione considerare lo Sturm und Drang un momento della Massoneria. Come abbiamo già osservato per altri fatti, non è sufficiente che tutti gli Sturmern siano stati Massoni per ritenere il movimento una emanazione della Massoneria; e ciò anche - sia detto per inciso - perché non tutti i Massoni erano degli Sturmern.

Ma non possiamo nemmeno esimerci dal considerare il lavoro di questi uomini che, con gli scritti e le opere, hanno tentato di trasferire nella società profana: il messaggio di tolleranza; la ripulsa della violenza anche a supporto di cause ritenute buone perché, ripeteva costantemente Lessing «non vi é sangue che possa ripagare il sangue versato»; la carità intesa, non come dovere, ma come moto spontaneo dell'animo; l'amore per la natura come desiderio di inserimento cosciente nell'armonia dell'intero Universo.

Lo Sturm und Drang, secondo Roy Pascal, «prese forma verso il 1770 e finì nel 1778», ma, per molti versi, copre un arco di tempo ben più vasto.

Nel 1770, infatti, Klinger aveva 18 anni, Klopstock 46, Herder 26; Lessing e Moses Mendelssohn, i filosofi popolari, ne avevano 41, Wieland e Nicolai 37, Maler, Mueller e Goethe 21. Ma nel 1770 Federico II° di Prussia si avviava alla sessantina ed aveva quasi chiusa la sua attività letteraria, mentre Schiller era ancora un ragazzino; eppure non si può escludere che fossero degli Sturmern. Spesso, quando si parla di Sturm und Drang, lo si confonde - con più o meno intenzionale malizia - col Romanticismo, a cui, per certi versi, ha dato effettivamente inizio, cioè come ogni azione provoca una reazione. Il Romanticismo, infatti, é opposizione all'Illuminismo, esaltazione dell'irrazionale e, quindi, se non proprio l'opposto, certo qualcosa di estraneo allo Sturm und Drang.

Che gli apologeti dei romantici abbiano cercato di scovar loro illustri lombi fra i classici e gli Sturmern é anche comprensibile, come é comprensibile che gli imperiali ed i nazisti abbiano tentato di caricare nella loro arca più progenitori di quali in effetti avessero. Ciò che non è facile comprendere è il perché gli altri abbiano accettato supinamente il falso, poiché di vero e proprio falso si tratta - per quanto abilmente e subdolamente costruito - più che di una leggenda storica, come la chiama Georgy Lukàcs, forse perché non son poche le leggende che sono nate in Europa in quel periodo o che da quel periodo hanno tratto radici. Sturm und Drang, come tutti sanno, é un dramma di F. M. Klinger e, forse, fra le opere di Klinger e degli altri che si sono associati al movimento a cui ha dato il nome, è quella che, tranne ovviamente nel titolo, meno ne rivela il carattere che non é univoco e che, lungi dall'investire la sola poetica, come alcuni cercherebbero di far credere, si cimenta o cerca di cimentarsi - in ogni branca dello scibile, riportando alla ribalta componenti tipiche della rinascenza in un tentativo, anche ingenuo ma comunque onesto, di farle collimare con la nuovissima scienza figlia della ragione e dell'empirismo.

Lo Sturm und Drang é in effetti un illuminismo di tipo rousseauiano in cui ha buon gioco la componente sentimentale; non per questo, ovviamente, é romantico come non é nihilista né marxiano ante-litteram.

Vi è anche, un po' in tutti gli Sturmern, una certa carica di patriottismo che sarà prerogativa dei romantici, ma non bisogna dimenticare che il patriottismo, in quella epoca ed in quei luoghi, era anche sinonimo di novità, liberazione dagli schemi concettuali della conservazione che voleva i popoli soggetti a sovrani ed a prelati che si imponevano o venivano imposti - non certo col suffragio dei sudditi - e che prestavano o affittavano le proprie milizie a governi o sovrani di altri paesi se non, addirittura, come per la guerra americana, di altri continenti.

Non é comunque con queste poche argomentazioni che intendiamo confutare l'impostazione critica che considera - e una tale superficialità in molti storici é davvero sconcertante - il Romanticismo come un fenomeno globale in cui lo Sturm und Drang trova una sua collocazione.

Lo stesso Bertrand Russell, il filosofo che ha impegnata tutta la sua esistenza - specie dopo l'avvento di Hitler al potere - in una guerra personale ai Romantici ed ai loro parenti ed affini, imputandoli di tutte le disgrazie di questo mondo, non indugia nel far distinzioni, accetta la leggenda e cita di sfuggita Goethe e Schiller - dimenticando tutti gli altri pur senza, in vero, insistere sulle loro responsabilità personali di fronte ai ,crimini della storia.

Ora, seppur é vero che la Germania é il paese ove il Romanticismo ha più preso piede, investendo ogni ideologia - politica, religiosa, economica - e se é anche vero che molti reputano quel periodo il più importante di tutta la storia della nazione tedesca, ciò non significa che dobbiamo considerare Romanticismo tutto ciò che é tedesco per il solo fatto che ha preceduto o seguito il Romanticismo o, come altri vorrebbe, perché é più congeniale allo spirito tedesco, accettando, in questo caso, l'assurda ed aberrante ipotesi romantica della peculiarità della razza.

È merito - sia pur offuscato dall'intendimento di deviare tutta l'acqua possibile alla macina marxiana - di Georgy Lukàcs l'avere sfatato la leggenda e dimostrato che «nella preparazione ideologica della rivoluzione democratica tedesca, Lessing e Goethe furono le figure culminanti della concezione borghese-progressista del mondo...».

Altro é infatti la reazione romantica alla industrializzazione ed al capitalismo ed altro é la critica di una società che non riesce ad esprimersi che come - sono parole di Engels - una «caricatura portata all'estremo, un caso di degenerazione... In Germania il piccolo-borghese é il frutto di una rivoluzione fallita, di uno sviluppo interrotto, represso...».

Quindi, secondo Lukàcs, la battaglia condotta nel periodo classico contro lo spirito piccolo-borghese non ha nulla a che vedere col Romanticismo, ma é anzi una battaglia per il progresso storico intesa, non a combattere le concezioni illuministiche, ma la viltà, la meschinità, l'impotenza e la incapacità con cui si tentava di realizzarle. Scrive infatti di Goethe: «Per quanto non fosse un seguace dei metodi plebei della Rivoluzione francese, combatté il filisteismo come elemento del passato, come elemento di resistenza contro il sorgere della nuova società borghese. E anche quando egli descrive il nuovo tipo di piccolo-borghese capitalistico, il contrasto risulta dall'antagonismo fra l'ideale umanistico di uno sviluppo universale dell'uomo e la speculazione angusta, la servile sottomissione alla divisione sociale del lavoro nel capitalismo».

E cita i Wilhelm Meister.

Anche Roy Pascal, nel sostenere analoghe tesi, ricorre frequentemente ai Wilhelm Meister, ma anche al Nathan der Weise di Lessing ed ai Dialoghi per i Massoni di Herder.

Ed è significativo che, fra le tante opere di tanti autori, due critici, che non hanno né possono avere alcun debole per la Massoneria, abbiano focalizzato la loro attenzione proprio su dei lavori che sono universalmente ritenuti più conformi allo spirito dell'Arte muratoria.

Eppure, tanto Lukàcs che Pascal, sembrano ignorare che tutti gli Sturmern - solo per qualche nome di secondaria importanza non esistono testimonianze certe - erano fra-massoni, che lo spirito che informava le loro opere non era stato acquisito nei circoli letterari e che i legami che li univano non erano solo quelli delle dispute intorno alla poetica.

Se dimentichiamo ciò, anche molti loro atteggiamenti ci appariranno contraddittori - e ciò Pascal non manca di rilevarlo - specie sul piano dei rapporti personali: risulta infatti strano, allo storico, il comportamento di uomini che sembrano militare in campi avversi fino al punto di mettersi l'un l'altro alla berlina per i loro componimenti letterari e che poi fanno lunghi viaggi per potersi abbracciare e che si espongono imprudentemente per ottenere l'appoggio dei potenti in favore dei loro compagni.

Per molti invero l'amicizia - non era troppo in uso, prima della Rivoluzione francese, il termine fratellanza ed amico e compagno avevano spesso nelle Logge la funzione di fratello - si consoliderà, a voler seguire l'ordine cronologico della pubblicazione delle loro opere, dopo l'uscita dal movimento.

Anche per questo aspetto - molti lavori dovevano attendere anni prima che si rendessero disponibili i mezzi per la loro pubblicazione - non ci sembra giusto limitare il movimento entro uno spazio di tempo preciso, inteso che val la pena di ripeterlo - non è la sola parte letteraria che ci interessa in questa sede.

Sarebbe invece per noi di grande interesse conoscere la data esatta dell'ingresso singolo di questi uomini nella Massoneria, cosa che, con nostro sommo rammarico, non siamo riusciti a stabilire che per alcuni e, anche per questi, con la riserva del sospetto che non fossero alla loro prima esperienza, data la molteplicità degli Ordini che esistevano in Germania.

Goethe, ad esempio, risulta iniziato a Weimar alla età di 31 anni, mentre possiamo arguire, dal genere di rapporti che aveva con uomini di differente estrazione sociale, di differente età, patria e lingua, che il suo inserimento nella catena doveva essere probabilmente avvenuto in epoca precedente.

Di ciò abbiamo testimonianze, se non probanti, almeno eloquentemente indiziarie. Nel 1773, Goethe inviò a Lavater una copia del Goetz von Berlichingen che, a parte la notorietà del personaggio negli ambienti intellettuali di Europa, era certo l'ultima persona - anzi l'ultimo parroco, come qualcuno disse - a cui, se non legato da vincoli di cui non si fa menzione, avrebbe potuto inviare una tale opera senza intenzioni provocatorie.

La reazione infatti non é quella che lo storico si aspetterebbe e Roy Pascal deve ammettere che «si riconoscevano reciprocamente la generosità e il candore dell'anima, si presentavano scambievolmente gli amici, praticavano insieme un fervente esercizio di carità, soccorrevano gli amici bisognosi».

Nella sua ingenuità Lavater premeva su Goethe perchè si convertisse alla sua fede: «Voi dovete farvi cristiano; non si può essere che atei o cristiani».

E Goethe gli rispondeva impertinente, ma sicuro che non avrebbe offeso l'amico: «Io non sono cristiano... Se voi non potete fare a meno di un Messia, tenetevi chi vi promise la linfa eterna».

È dell'aprile del 74, cioè sei anni prima di quella che vien ritenuta la data di iniziazione - o del suo ingresso alla Loggia Amalia? - di Goethe, la lettera che egli indirizzò a Pfenninger, un amico di Lavater di cui si considera fratello ma con cui non risulta abbia avuto altri rapporti oltre allo scambio di due lettere: «Grazie, mio caro della preoccupazione sincera per la salute spirituale di questo vostro fratello. Ma credetemi, verrà giorno in cui noi ci comprenderemo. O mio amato, mi parlate come si parla ad un non-credente che ha bisogno di essere illuminato, di essere confortato alla fede dalle prove, perché non ha esperienza. Nel mio cuore le cose stanno diversamente da come pensate... le sole prove che stimo, amo, adoro sono quelle che mi mostrano come migliaia di uomini prima di me hanno sperimentato tutto quanto oggi mi dà fede ed amore alla vita.

«Così la parola dell'uomo è per me la parola di Dio; anche se i parroci o i ruffiani l'hanno impoverita e irrigidita nei termini di canone, o me la hanno fatta a pezzi. E allora, commosso nel cuore, mi getto al collo del fratello, Mosè! Profeta! Evangelista! Apostolo! Spinoza o Macchiavelli!».

I rapporti fra Goethe e Lavater si sono sempre e costantemente mantenuti su un piano di sincera fratellanza. Non vi si nota alcun cambiamento dopo l'ingresso di Goethe alla Loggia di Weimar. Data la costante degli argomenti trattati ed il fatto che Lavater era notoriamente massone, avrebbero dovuto prodursi dei cambiamenti o verificarsi una più stretta collaborazione. Dal punto di vista della frequenza, i loro vincoli, semmai, sono andati allentandosi; e ciò è certamente una coincidenza fortuita.

Nel 1782, gli scrive col tono di sempre ed a proposito della stessa storia: «... io non sono anticristiano, e neppure cristiano indifferente, ma non-cristiano... Ora fatemi sentire la vostra voce, quella umana e terrestre, sicché si possa, nell'ordine delle cose di quaggiù, continuare a rimanere amici».

Goethe d'altronde non era l'unico bersaglio delle attenzioni di Lavater. Si era egli, infatti, reiteratamente lanciato verso l'altro illustre massone Moses Mendelssohn, ebreo praticante e convinto che, come prevedibile, gli aveva procurata un'altra delusione. È quasi con sorpresa che, a tal proposito, Roy Pascal annota: «Non vi era nessun senso di malizia, né c'era pedanteria dogmatica in queste sue ossessioni (di Lavater); anche coloro che egli aveva infastiditi, come Mendelssohn, nutrivano una stima profonda per la sua personalità. Se era quanto mai avventato nel far sua e sostenere una certa credenza, si rivelava poi candido e aperto ad ammettere i suoi errori e la sua mancanza di tatto». Ma in quel periodo che, a ragion di cronaca, sarebbe antecedente all'ingresso di Goethe in Massoneria, noi sappiamo in quale stretta amicizia egli fosse anche con Herder e Lenz. Inoltre, quando si stabilì a Weimar, alla corte di Carlo Augusto, le sue relazioni col principe non erano certo quelle che si stabilivano, in quei tempi, fra il signore ed un suo, per quanto illustre e fidato, suddito.

È d'altra parte, nel 1775 che a Zurigo, in quel famoso Hotel Schwert, che é, in certo qual modo, la versione svizzera - se non addirittura tedesca, per certi aspetti - della locanda londinese «Al Melo», che Goethe, presente Carlo Augusto, si fa promotore di una riunione massonica fra gli ospiti dell'albergo e con la partecipazione degli esponenti locali della Corporazione.

Era allora l'Hotel Schwert - che ancora esiste a Zurigo sotto altro nome - frequentato dai molti ufficiali appartenenti a varie Logge di varia provenienza e nazionalità, ma anche dai più importanti personaggi dell'epoca. Sappiamo infatti che, fra i massoni, vi hanno soggiornato, oltre a Goethe e Carlo Augusto di Weimar, anche Giuseppe II d'Austria, Mozart, Casanova, Cagliostro.

Il suo nome, che potremmo comodamente tradurre «Alla Spada», in quanto inizialmente non era scritto ma, secondo la moda, costituito da una insegna, era anche il titolo di molte Logge in Germania ed altrove. Non sappiamo se vi sia relazione, come non conosciamo le ragioni che hanno indotto a cambiargli nome.

Non sappiamo nemmeno - forse in qualche parte vi è documentazione di ciò - se la Loggia che Goethe aveva proposto di costituire, abbia avuto vita lunga od effimera. È quasi certo che avrebbe dovuto chiamarsi «Alla Spada».

È noto però che, in quello stesso albergo, il 13 agosto del 1771, era stata fondata la Loggia «La Discrétion» che, nel 1772, aveva latinizzato il suo nome in «Modestia», dopo l'elevazione a Maestro Venerabile di Diethelm Lavater, un insigne medico che, quasi sicuramente, non aveva nessuna relazione di parentela col filosofo, visto che Goethe non ne fa alcun cenno.

In questa Officina - é il caso di metterlo in conveniente risalto - nel 1779 ha avuta la Luce lo Sturmer F. M. Klinger.

Abbiamo premesso che lo Sturm und Drang, essendo un movimento, se non essenzialmente, almeno pretestualmente letterario, era fatale che dovesse espandersi in tutti i paesi di lingua tedesca e che, proprio per la stessa ragione, non potesse diffondersi oltre i determinati limiti, almeno nella sua impostazione originaria. Sua caratteristica peculiare, non era solo un modo di pensare, ma anche di esprimersi al punto che ancor oggi troviamo difficile tradurre in modo conveniente le parole Sturm e Drang, senza correre il rischio di ampliare o restringerne il significato.

La versione in Tempesta e Passione, che molti hanno adottata, é certo una delle ragioni che ha contribuito a consolidare la leggenda dello Sturm und Drang come movimento romantico.

D'altra parte, nemmeno Azione e Desiderio, che altri hanno proposto, ci sembra confacente in quanto, oltre a discostarsi troppo dalla versione letterale, si presta a sua volta ad ambigue interpretazioni.

E la stessa difficoltà che riscontriamo nel tradurre il titolo la troviamo, come inizialmente accennato, anche nel cercare un movimento equivalente in altre lingue ed in altri paesi.

Con ciò non intendiamo associarci a Pascal che, sia pur esaltando l'universalità dei protagonisti, scopre in tutto l'insieme le caratteristiche peculiari del provincialismo e quindi di un movimento che non sarebbe stato importato né sarebbe esportabile.

È vero che si é sviluppato nei piccoli circoli letterari che si erano formati intorno alle corti tedesche, ma é altrettanto certo che componente essenziale ne é stato un desiderio di evasione anche territoriale che se si é limitato alla Svizzera, alle città anseatiche ed a quelle poche corti europee, come la Russia, ove si poteva parlare tedesco, lo si deve solo alla poca diffusione della lingua che, fino a pochi anni addietro, non era utilizzata nemmeno in Germania per componimenti di una certa serietà. D'altronde é proprio la Svizzera ad assumere un ruolo particolare. Lavater diviene, un po' per tutti gli Sturmern, il padre spirituale o, meglio, il cappellano. La sua importanza, più che per le sue opere, é data dalla sua strana personalità intorno a cui tutti sembrano girare e si preoccupano di ottenere un giudizio anche quando é scontato che sarà negativo.

E qui la presunta collusione fra la Massoneria e lo Sturm und Drang - lungi da noi qualsiasi ipotesi di legame diretto - assume particolare consistenza sotto forma di un vincolo sentimentale contratto al di fuori di qualsiasi codice od usanza.

Si è voluto, da molti, individuare

il polo di attrazione svizzero nei paesaggi, nelle montagne, negli orridi, nelle acque profonde dei laghi; e ciò perché quella «natura» era stata descritta nei racconti di viaggio degli Sturmern. Non vorremmo sembrare dei semplici nell'obiettare che, dal momento che avevano viaggiato nella Svizzera, non potevano descrivere paesaggi di altri luoghi.

Per altri invece si arriva all'assurdo di considerare questa attrazione come un omaggio alla patria di Rousseau, cioè dell'ispiratore dell'illuminismo tedesco e parimenti si citano i pellegrinaggi a Parigi, città natale di Helvetius. Ma é evidente che queste son considerazioni che si possono fare solo ora e non trovano collocazione nel pieno dellabattaglia dello Sturm und Drang.

Dal nostro punto di vista, la Svizzera é la patria di Lavater; è lui il polo di attrazione: un uomo che, in pieno illuminismo, crede in Mesmer e Cagliostro e si convince, alla fine, che San Giovanni Evangelista viva ancora incarnato in Europa.

Ed anche se può sembrar strano, si dice che proprio per lui, per dimostrargli l'inganno in cui era caduto, Goethe sia sceso sino in Sicilia a trovare la famiglia del Balsamo. È comunque certo che su sua sollecitazione si é accinto a tradurre in tedesco il Vangelo di San Giovanni incominciando, come apparirà dopo in Faust, con: «In principio era l'Azione...».