"Crucifigat omnes"

Carmina Burana secolo XII

Crediti: "M. Volpe"  

Dopo il suo ritorno a Roma, nel maggio del 1814, Pio VII (1) ristabilisce immediatamente il Tribunale dell'Inquisizione con il conseguente incrudimento della persecuzione massonica e carbonara. Nell'Editto di Segreteria di Stato in data 15 agosto 1814 del cardinale Pacca contro «queste infernali conventicole, de' cui arcani disegni si è visto da tutti i tempi nostri lo sviluppo devastatore» si richiama l'Editto di Clemente XII, pubblicato dal Segretario di stato Card. Giuseppe Ferras il 14 gennaio1739, ribadendo che «resta proibito in primo luogo a chiunque, sì in Roma, che in tutto il Dominio Pontificio, di continuare, riassumere, ripristinare e istituire Adunanze di cosiddetti Liberi Muratori, o altre consimili sotto qualunque denominazione antica, moderna, o nuovamente immaginata sotto il nome dei così detti Carbonari... » con il divieto di «ritenere presso di sé o altrove, istromenti, stemmi, emblemi, statuti, patenti, o altra qualunque cosa analoga... » ricordando che «le pene contro i trasgressori saranno le afflittive di corpo anche gravissime, proporzionate alle qualità, al dolo e circostanze della trasgressione, e con esse si uniscono anche quelle di totale o parziale confisca di Beni e di multe pecuniarie... ».


Per Massoni e Carbonari, era dunque prevista anche la pena di morte. Non solo, ma la punizione si applicava anche ai loro congiunti e a chi li aveva “favoriti” non denunciandoli.
Nell’allocuzione "Optatissimus tandem aliquando" del settembre 1814, Pio VII afferma: «Noi, non appena spezzato il laccio dell'empia cattività dal quale eravamo trattenuti, siamo ritornati al nostro incarico, come vi è noto, per prestare assidua opera al fine di conoscere e curare i mali della Chiesa. Abbiamo disperso, nello Stato Pontificio, le occulte sette di uomini scellerati, nemici accaniti della religione e del trono dei principi». Sarà peraltro di pochi anni dopo (13 settembre 1821) l'ennesima scomunica della Massoneria e della Carboneria «sua derivazione» ad opera di Pio VII con la Costituzione apostolica "Ecclesiam a Jesu Crhisto" in cui la Carboneria è definita «una propaggine o meglio una imitazione della Massoneria».
Così, le concezioni reazionarie e intolleranti della gerarchia ecclesiastica, contro le quali si erano scagliati gli strali dei “Fratelli” Voltaire e Alfieri (2), si rinnovano e rinvigoriscono contro le idealità di indipendenza e di coscienza nazionale che si venivano in quegli anni maturando.

Il 23 settembre 1820 il cardinale Castiglioni, il futuro Papa Pio VIII, riferendosi alla Romagna, scriveva che «Siam circondati dalla mala genìa Massonica che ci ha rubati quasi tutti gli impiegati e ci toglie la gioventù di talento». Il 12 marzo 1825 Leone XII, che era succeduto a Pio VII nel 1823, con la  “Quo graviora mala” rinnova la scomunica. Vi si adeguarono, nella repressione antimassonica e anticarbonara, tutti i sovrani d’Italia.
Particolarmente severe le repressioni nello Stato Pontificio. Il cardinale Rivarola inviato in Romagna da Leone XII, inflisse severe condanne a oltre 500 imputati, ottenendo l’effetto contrario perché la ferocia della repressione ebbe per effetto una maggior diffusione della Carboneria. Per restare nello Stato Pontificio il 23 dicembre 1825 furono decapitati A. Targhino e L. Montanari, “sospetti carbonari”. A febbraio del 1831 un moto rivoluzionario in Emilia, Marche e Umbria portò alla caduta del potere pontificio, ma durò appena un mese, soppresso dalle armate austriache e conclusosi con numerose impiccagioni, fra cui quella di Ciro Menotti.


La serie delle condanne pontificie sarebbe poi continuata nel 1846, con l’enciclica  “Qui pluribus” di Pio IX, da poco asceso al trono.
Dappertutto si cercò di reprimere col terrore l’espandersi dei movimenti i rivoluzionari. La ferocia della repressione anticarbonara e antiliberale specialmente nel Regno delle due Sicilie è fatto noto, non si conta il numero dei Fratelli e dei Buoni Cugini «suppliziati, incarcerati, impiccati». In proposito Pietro Colletta (3) nella sua famosa “Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825”, scriveva che «non vi era giorno che non si udisse la campana della giustizia» e ancora «In sei lustri centomila Napoletani perirono di varia morte, tutti per causa di pubblica libertà o di amore d’Italia…».
 

Negli ambienti polizieschi del Regno di Napoli venne costituita, in opposizione alla Carboneria, la “Società dei Calderai”, di carattere reazionario e sanfedista, con simbolo la caldaia, sotto cui brucia e si consuma il carbone: ogni Calderaio doveva contare al suo attivo l’assassinio, per lo meno, di tre Carbonari. Nel 1816 il ministro di Polizia, il principe di Canosa, considerato un “mistico della reazione” se ne servì per rendere più completo “lo spurgo” dei Settari.
Il 1° luglio 1820, guidata dai due ufficiali Michele Morelli e Giuseppe Silvati, partì da Nola la rivolta che, con la sollevazione di Napoli guidata dal generale e “antico Massone” Guglielmo Pepe, avrebbe costretto Ferdinando I, il 13 luglio, a concedere una costituzione liberale al Regno delle due Sicilie sulla falsariga di quella concessa in Spagna da Ferdinando VII dopo la ribellione di Cadice. Come è noto, assi breve fu il periodo costituzionale (4). Lo “spergiuro” Borbone, chiamò gli Austriaci a “ripristinare l’ordine” con l’armata guidata dal generale Frimont cui invano si oppose nella battaglia di Antrodoco (la “prima battaglia del Risorgimento”) il generale Guglielmo Pepe. La repressione che seguì, con l’impiccagione di Morelli e Silvati avrebbe condannato in maniera indelebile, dinanzi alla storia, la dinastia Borbonica.

Come ha osservato A. Mola (5), proprio nello stesso giorno (23 marzo 1821) in cui Ferdinando I intimava ai sudditi di accogliere da liberatrice l’armata asburgica del generale Frimont, venivano datati a Napoli gli “Statuti Generali della Società dei Liberi Muratori del Rito Scozzese Antico e Accettato” che, come si è già detto sono alla base dei vigenti Statuti.
È storia nota il susseguirsi dei numerosi tentativi insurrezionali nel Regno delle due Sicilie e le relative feroci repressioni, come ad esempio l’insurrezione del Cilento, nel giugno del 1828, in cui fu raso al suolo il paese da cui era partita. Represse col sangue anche le insurrezioni in Abruzzo, a Penne nel 1837 a L’Aquila nel 1841. Come è noto, nonostante le persecuzioni, l’azione patriottica e rivoluzionaria sarebbe continuata nelle varie altre Società segrete che, a partire dagli anni 30, si affiancarono alla Carboneria: dalla “Giovane Italia” di Mazzini, alla setta dei “Veri Italiani” di Filippo Buonarroti, (6) alla “Legione Italica” di Nicola Fabrizi, ecc., per arrivare infine al fatidico 1848 che avrebbe finalmente trasformato le sollevazioni locali in azione nazionale.
In tutta Italia, dunque, la Massoneria e la Carboneria hanno costituito in quegli anni lo strumento primario di quel risveglio della coscienza nazionale che, nato dalla speculazione filosofica e ideale (Massoneria), si andava sempre più concretizzando nella lotta politica, nella cospirazione segreta, nell'esaltazione popolare (Carboneria).
 


 

1. Pio VII (Barnaba Giorgio dei conti Chiaromonte) dopo l'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi (2 febbraio1808) e l'annessione alla Francia dello Stato pontificio (17 maggio1809) era stato arrestato e trasferito a Fontainebleau.

2. Può citarsi ad esempio un suo epigramma:

"Sia pace ai frati, / Purché sfratati: / E pace ai preti, / Ma pochi e queti;

/ Cardinalume / Non tolga lume: / Il maggior prete / Torni alla rete:

 / Leggi e non re: / L'Italia c'è.

3. Pietro Colletta (1775-1831) storico e generale, schieratosi con la Repubblica partenopea del 99, fu condirettore del “Monitore Napoletano”, pagò con 5 mesi di duro carcere borbonico i suoi ideali libertari.

4. In quel breve lasso di tempo la Carboneria venne ad assumere un ruolo quasi “ufficiale”; vennero aperte Vendite in tutti i comuni e diventò quasi l’organizzazione “garante” della costituzione. Ad esempio, nel luglio 1820, la Carboneria aquilana inviava all’Alta Vendita di Napoli un “pezzo di fornello” con la richiesta di allontanamento dell’intendente F. Guarini in quanto «nocivo alla Società, al buon ordine, al Costituzionale Governo».

5. V. ad esempio la prefazione in “Statuti generali dei Liberi Muratori”, Bastoni, 1986.

6. Nel 1828 viene pubblicata a Bruxelles la sua opera “Conspiration pour l’égalité, dite de Babeuf”.
 


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